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Sindrome del nido vuoto: la malinconia quando i figli grandi spiccano il volo

Ogni genitore non vede l’ora di avere una prole indipendente, ma quando succede, si aprono dinamiche inattese

Sindrome del nido vuoto: la malinconia quando i figli grandi spiccano il volo - foto 1
Istockphoto


Per descrivere la sindrome del nido vuoto, occorre rifarsi al mondo della natura, in particolare a quello degli uccelli: dopo la schiusa delle uova, i pulcini vengono nutriti e accuditi dai genitori finché non sono grandi a forti a sufficienza da spiccare il volo e abbandonare il nido, lasciandolo vuoto e silenzioso.

Lo stesso accade alle famiglie umane quando, dopo anni (o decenni?) di formazione e sostegno, i figli ormai adulti escono di casa e cominciano la loro vita autonoma. I genitori si trovano soli nella casa di famiglia, a quel punto forse un po’ troppo grande e di certo molto più quieta. Quali sono le loro sensazioni? Sollievo, in molti casi, e soddisfazione per vedere compiuto con successo il compito di formare dei nuovi adulti, ma spesso anche malinconia e una sottile depressione, descritta appunto con il termine “sindrome del nido vuoto”.

CHE COS’È LA SINDROME DEL NIDO VUOTO E CHI NE È COLPITO – È il complesso di stati d’animo che colpisce i genitori, in particolare le madri, quando i figli ormai cresciuti spiccano il volo verso una nuova casa perché vanno a vivere con il loro partner o perché decidono stare per conto proprio. Questo momento coincide a volte con altri momenti delicati della vita degli ex-genitori, ad esempio con i disturbi della menopausa per le donne, o con la necessità di prendersi cura dei “nonni” ormai anziani: è il segnale inequivocabile del tempo che passa, con il quale si è costretti a fare i conti: per questo la partenza dei figli si accompagna a sensazioni di malinconia e di vuoto. Entro certi limiti si tratta di sensazioni giustificate e comprensibili, ma che si possono superare dopo un certo periodo di adattamento. A volte però si vivono momenti difficili, di grande tristezza e abbattimento, simili a quelli di un lutto vero e proprio, ai quali è necessario reagire. Di solito ne soffrono di più le mamme, alle quali è stata affidata per anni la maggior parte del lavoro di accudimento, specie se non lavorano o se la partenza dei figli coincide con il momento di andare in pensione. 

 

COME SI MANIFESTA – La sindrome del nido vuoto si manifesta come difficoltà nel superare il dispiacere di una separazione e nel gestire il tempo libero che deriva da questo distacco. Al senso di vuoto e di assenza possono accompagnarsi depressione, irritabilità, perdita del senso della vita, gelosia nei confronti della nuova compagna che ci ha sottratto il figlio e vari tentativi per mantenere il più possibile il legame con il giovane. Inutile dire che queste strategie per mantenere il contatto, se superano una certa soglia, sono vissute con fastidio dal giovane e possono anche sortire l’effetto opposto, ovvero spingerlo a cercare una distanza ancora maggiore. Complica ulteriormente le cose il fatto che il genitore, in effetti, è contento che il figlio abbia raggiunto la sua autonomia e si distacchi dalla propria casa di origine, come è nell’ordine naturale delle cose: nonostante questo, la difficoltà nel creare una nuova routine resta insormontabile e dolorosa.  In più, il fatto di ritrovarsi faccia a faccia con il solo partner dopo moltissimi anni può fare emergere delle problematiche di coppia che non erano mai state affrontate e, forse, neppure notate. 

 

UN NIDO VUOTO PUÒ ESSERE COMUNQUE FELICE – Il fatto che i figli finalmente abbiamo maturato la volontà di andare a vivere per conto proprio deve essere vissuto come un fatto positivo e deve essere motivo di soddisfazione per un genitore: vuol dire che il giovane ha trovato in casa una base così solida da permettergli di spiccare il proprio volo. Vuol dire che siamo stati bravi genitori e che abbiamo cresciuto figli forti e sicuri di se stessi. Quando ci si sentiamo tristi, questo pensiero dovrebbe confortarci.
-    È il momento di recuperare il rapporto con il nostro partner, tornare a fare insieme le cose che amavamo da ragazzi e che ci hanno aiutato a costruire una vita insieme. Può sembrare strano all’inizio e anche un po’ faticoso, dato che ciascuno ha consolidato negli anni abitudini e interessi individuali, ma con un po’ di buona volontà e perseveranza scopriremo che è bello condividerli. 
-    Lasciamo spazio ai figli adulti: nei primi tempi offriamo (non imponiamo!) consigli e supporto negli aspetti più complessi della loro nuova vita, ma senza interferire troppo con le loro scelte: la miglior maestra è sempre  l’esperienza diretta, anche se può essere utile evitare loro di “battere il naso” contro le loro nuove difficoltà. In ogni caso, evitiamo di farli sentire in colpa per “averci lasciati soli” o perché senza di loro ci sentiamo vuoti e tristi. 
-    Realizziamo finalmente qualcosa per noi stessi, dopo aver trascurato le nostre esigenze e aspettative per tanti anni. 

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