Secondo un’indagine, gli stereotipi contro le donne sono duri a morire, anche a causa dei social
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Il corpo femminile, oggi come negli anni Cinquanta, è visto ancora soprattutto come un oggetto sessuale. Anzi, secondo il 78% delle persone, con l'avvento dei social questa rappresentazione sarebbe addirittura cresciuta rispetto al passato. Sono i risultati di un’indagine condotta da Yoodata/Polytech Italia. Le donne, in base all’indagine "sono viste ancora come oggetto di sesso quanto e più degli anni '50".
Lo studio, condotto su un campione di oltre 1.000 italiani di entrambi i sessi tra i 15 ai 70 anni di età, è stato completato anche da una ricerca di tipo qualitativo, con colloqui in profondità su un panel rappresentativo di persone, uomini e donne di età compresa tra i 20 e i 60 anni. Lo studio ha evidenziato che, nonostante il "neofemminismo" e i movimenti come il “Metoo”, la prospettiva non è cambiata: ne è convinto il 63% delle donne intervistate e il 57% degli uomini. Il 73% degli adulti, con una concentrazione ancora maggiore tra i ragazzi della Gen Z, tra i 15 e i 26 anni tra i quali il dato arriva all’80 %, ritiene che le donne siano soprattutto "vittime dell'esposizione sui social": l'86% degli italiani è convinto infatti che il corpo femminile sia sempre più esposto sui media e sui social.
Secondo l'indagine, l'aspetto delle donne continua a essere al centro dell'attenzione con critiche o apprezzamenti anche "fuori dai social". Il "luogo" in cui si ricevono la maggior parte dei commenti inappropriati risulterebbe essere la famiglia: lo sostiene il 43% delle italiane che hanno subito giudizi. E se il 70% delle "boomer”, cioè delle donne di età tra i 59 e i 70 anni, dice di sentirsi "serena e libera dai rigidi canoni estetici per se stesse", la generazione più insicura, tanto da non voler uscire di casa, risulterebbe essere la Z, come dichiara il 48% delle intervistate. Quando poi si tratta di cercare di migliorare il proprio aspetto, in base ai dati emersi dall'indagine, i giovani "giudicano" la volontà di una donna di rifarsi il seno come una scelta di libertà: lo pensa il 64% di loro contro il 35% dei boomer, i meno favorevoli alla chirurgia estetica (75%).
Lo studio ha evidenziato dunque "che la fonte principale delle critiche sul corpo delle ragazze, centimetro per centimetro, è la famiglia e di questo purtroppo si parla pochissimo", commenta la filosofa Maura Gancitano. Sottolinea invece il direttore scientifico di Yoodata, Alessandro Amadori, che "la sensibilità alle critiche e ai giudizi altrui da parte delle donne cala con l'invecchiamento. Sono soprattutto i ragazzi e le ragazze della Gen Z a ritenere che le donne che espongono il proprio corpo sui media tradizionali e sui social corrano oggi un rischio elevato di essere vittime e oggetto sessuale". Dice il primario di chirurgia plastica dell'Istituto Tumori di Roma Regina Elena, Roy de Vita: "Faccio questo mestiere da 42 anni e devo constatare che quasi nulla è cambiato nella percezione generale della chirurgia plastica, sia da parte degli uomini che delle donne: quello che si pensava una volta si pensa anche oggi".
I risultati dello studio sono sostanzialmente in linea con quanto è emerso dal report “2023 Breaking Down Gender Biases” (Abbattere i pregiudizi di genere) a cura del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), secondo il quale i pregiudizi nei confronti delle donne sono ancora profondamente radicati e negli ultimi dieci anni non accennano a diminuire. Lo studio, pubblicato il 13 giugno 2023, ha coinvolto l’85% della popolazione mondiale e si è basato sul "gender social norms index"(GSNI), un indice che quantifica i pregiudizi nei confronti del genere femminile basandosi su quattro parametri: integrità politica, educativa, economica e fisica, sulle quali le donne e le ragazze subiscono maggiori discriminazioni. Nel report si legge che il 69% della popolazione mondiale pensa che gli uomini siano leader politici migliori; solo il 27% ritiene essenziale per la democrazia che le donne abbiano gli stessi diritti degli uomini. Il 46% è convinto che gli uomini abbiano più diritto a lavorare e il 43% che siano manager migliori delle donne. Il 28% pensa che l’università sia più importante per gli uomini e addirittura un quarto della popolazione ritiene "giustificabile" che un uomo picchi la moglie. Ad oggi, il 26% delle donne di età superiore ai 15 anni ha subito violenza di tipo fisico, sessuale o emotiva da parte del partner.
Per quanto riguarda l'Italia, il report rivela che il 61,58% dei nostri connazionali di ambo i sessi ha pregiudizi di genere verso le donne (nel dettaglio il 65,39 degli uomini e il 57,95% delle donne). Il 19,24% ha pregiudizi sui diritti delle donne in politica, l’8,02% sull’istruzione, il 29,72% sul diritto al lavoro e sulle donne manager. Infine, il 45,50% ha convinzioni errate sull’integrità fisica delle donne (violenza da parte del partner di tipo fisico, sessuale ed emotivo).
Per spiegare il radicamento dei pregiudizi di genere, le Nazioni Unite spiegano che “i contesti sociali modellano gli atteggiamenti delle persone. Credenze e atteggiamenti sono determinati da processi cognitivi in congiunzione con il lato sociale e la realtà. Le norme di genere sono inculcate nei contesti sociali, di solito fin dalla tenera età e soprattutto attraverso i genitori". Man mano che i bambini crescono, comportamenti e pregiudizi vengono assimilati nelle aspettative e nei comportamenti associati, attingendo da scuole, luoghi di lavoro, istituzioni religiose, rappresentazioni mediatiche di genere e così via.