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8 marzo: una Giornata nel nome della donna

Come è nata la festa e come celebrarla nonostante il Covid-19

Mimose al vento, slogan nelle piazze, celebrazioni istituzionali: l’8 marzo è tutto questo e molto di più. Anche se quest’anno mancherà la dimensione comunitaria e di condivisione con le amiche, a causa delle restrizioni legate al contrasto della pandemia da coronavirus, la Giornata della Donna ci impone di riflettere e ricordare il perché di una festa, magari inventando per celebrarla qualche momento più intimo e personale, al di fuori dai soliti schemi.  

8 MARZO – La data è stata scelta a Mosca nel 1921, durante la Seconda conferenza delle donne comuniste, unificando in un’unica giornata le celebrazioni che i singoli Paesi pianificavano in date differenti. La scelta è caduta sull’8 marzo per numerose ragioni: la conferenza moscovita si rifece esplicitamente a una manifestazione del 1917 contro lo zarismo,  che ebbe per protagoniste le donne di San Pietroburgo e in cui si manifestò per ottenere “il pane e la pace”; pochi giorni dopo lo zar abdicò e la data è rimasta nei libri di storia ad indicare l’inizio della Rivoluzione di Febbraio. In seguito nel mondo occidentale furono individuati altri episodi, meno connotati politicamente, ad esempio il drammatico incendio avvenuto nel 1857 negli Stati Uniti, che costò la vita a un gruppo di operaie rinchiuse dal padrone in un capannone di uno stabilimento industriale per impedire loro di partecipare a uno sciopero. In alcuni Paesi tra cui l'Italia si fa invece riferimento a un fatto analogo, avvenuto a New York l'8 marzo del 1911, quando il rogo in una fabbrica di camicie uccise 134 donne. Alla luce degli studi più recenti, la storicità di alcuni di questi episodi è stata messa in dubbio, ma la data ormai è un simbolo che va al di là degli eventi che possono averlo generato. 

Istockphoto

IN ITALIA - Nel nostro Paese la celebrazione di una Giornata della donna è stata inaugurata nel 1910, in occasione della Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste. L'intento era quello di ottenere parità di trattamento rispetto agli uomini, in particolare il diritto di voto. Le prime celebrazioni dedicate alle donne risalgono al 1922, con una interruzione negli anni del regime fascista e una ripresa durante la lotta di liberazione nella seconda guerra mondiale. Si formarono quindi i gruppi di difesa della donna collegati al Comitato di Liberazione Nazionale, da cui successivamente nacque l'Udi (Unione Donne Italiane). Nel 1946 l'Udi organizzò il primo 8 marzo nell'Italia ormai libera, proponendo di farne una giornata per il riconoscimento dei diritti sociali e politici delle donne.

 

LA MIMOSA - La pianta simbolo della Giornata della Donna è stata scelta nel 1946 da Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei. Il fiore piacque a queste tre ex partigiane e donne politiche per il suo bel colore gaio e beneaugurante e perché è uno dei pochi fiori di stagione in pieno rigoglio all'inizio di marzo. È anche un fiore semplice e poco costoso, che con il suo giallo vivo esprime vitalità ed energia, e rappresenta il passaggio dalla morte alla vita: la mimosa è dunque una metafora per ricordare le donne che si sono battute a costo della vita per l’uguaglianza e i diritti femminili.

 

LE ZONE D’OMBRA – Sono tanto, purtroppo i punti critici che dividono uomini e donne da una piena parità. Il diritto all’istruzione, l’accesso al mondo del lavoro, il superamento del gender gap retributivo e le pari opportunità di carriera nelle aziende e in politica sono tutte zone d’ombra in cui le donne hanno ancora davanti a loro un cammino in dura salita. Ma la piaga più aperta e dolorosa è quello della violenza di genere e dei femminicidi che nel nostro Paese non accennano a diminuire, mietendo ogni anno un inaccettabile tributo di sangue.

 

COME FESTEGGIARE - dato che il Covid ci impedisce di incontrarci e di festeggiare l’8 marzo anche con una semplice serata in compagnia delle amiche, potrebbe essere bello che ciascuna donna adulta regalasse un ramo di mimosa a una ragazzina della propria famiglia e si prendesse un po’ di tempo per raccontarle quanta strada è stata fatta verso un cammino di parità e di uguali diritti.  Dato che il prossimo tratto di strada toccherà a queste bambine, adolescenti e ragazze, aiutiamole ad essere consapevoli della storia e del lavoro di chi le ha precedute e di quanto lavoro c’è ancora da fare. Perché di sicuro non sarà un cammino facile. 

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