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Federica Tremolada: "Bisogna prendersi cura di sé e dedicarsi agli affetti per essere più sereni, anche sul lavoro" 

Una grande passione per la musica e una formazione internazionale: Federica, Managing Director Sud Est Europa di Spotify, racconta la sua storia

Studi di violino al conservatorio ed esperienze maturate a Londra e Stati Uniti, senza mai il timore di mettersi in gioco e di rischiare il fallimento: così, dopo aver lavorato per uno dei colossi del digitale, Federica Tremolada è apporodata in Spotify, la società svedese che opera nel settore dei servizi musicali.

Federica Tremolada, Managing Director Sud Est Europa di Spotify

Buongiorno, Federica. Tra un impegno e l’altro, alla fine ce l’abbiamo fatta…
Si, ce l’abbiamo fatta! È un periodo molto intenso per noi, con mille progetti e attività in vista e, come è facile immaginare, il mondo dell’audio non dorme mai.

 

Per chi non la conosce: mi racconta un po’ di sé?
Sono una grande appassionata di musica e viaggi, è un aspetto che mi ha caratterizzato sin da piccola e che poi ha anche influenzato il mio percorso professionale. Ho sempre cercato infatti di seguire prima di tutto le mie passioni e da quelle sono nate le opportunità di lavoro. Ho vissuto diversi anni all’estero, in particolare negli Stati Uniti, di cui mi sono innamorata durante gli anni dell’Università e dove poi sono tornata grazie ad un’opportunità di lavoro in Google. 

 

La passione per i viaggi ha determinato anche il suo percorso professionale.
E’ così, infatti. Oltre ai viaggi, ho sempre avuto tanta curiosità e questo mi ha portato ad avere nel lavoro ruoli prettamente internazionali e a far parte di team basati in paesi diversi. In realtà sin da piccola chiedevo ai miei genitori di trascorrere all’estero i periodi di vacanza estiva, perché sono sempre stata attratta dalle realtà diverse dalle nostre, oltre al fatto che fin da allora avevo un interesse particolare per la lingua inglese. 

 

La musica, un’arte che conosce bene....
Sì, mi sono dedicata per più di dieci anni allo studio della musica classica, frequentando anche il conservatorio dove ho imparato a suonare il violino, che in rare occasioni strimpello ancora. La conoscenza della musica non è necessaria per il mio ruolo ma mi è stata utile  per capire meglio i processi creativi e gli artisti con cui ci interfacciamo ogni giorno.

 

Il fascino della tecnologia non l’ha lasciata indifferente: da dove nasce questa inclinazione?
Più che tecnologia in senso stretto, è stato il mondo del digitale che mi ha catturato. Data la mia passione per la musica, ho iniziato a lavorare per una etichetta discografica, ma presto ho capito che il mondo del digitale sarebbe stato il mio futuro. Sono nata nel 1980, quindi ho vissuto appieno tutta la transizione al digitale e la mia curiosità insieme a un mercato in forte espansione mi hanno da subito spinto a capire di più la transizione in corso e le grandissime potenzialità dei nuovi media.

 

Il suo è stato un percorso di formazione internazionale.
in realtà, ho studiato in Italia Economia e Management per le arti, la cultura e la comunicazione, quindi un percorso economico arricchito da materie umanistiche; anche se mi trovavo in Italia, ho avuto l’opportunità di fare uno scambio negli USA, in Florida. Sin da piccola avevo il sogno di fare un’esperienza Oltreoceano, che mi ha sempre affascinato, così come l’opportunità di mettermi in gioco con l’inglese (ero l’unica italiana nel campus!) e con persone di culture diverse dalla nostra. E poi sono presto ritornata, lavorando prima a Londra, e poi a San Francisco e New York per YouTube.

 

Il rapporto con la musica.
È un rapporto naturale e Spotify, in cui sono dal 2019, ha rappresentato per me un ritorno sia in Italia che alla musica. Come dicevo prima, sono un’appassionata di musica, amo ascoltare nuova musica nel tempo libero e, in passato, ho dedicato molto tempo anche allo studio. Fino a 21 anni ho studiato musica classica suonando il violino, poi il mondo del lavoro mi ha portato ad approfondire altre passioni come quella per il digitale e il video, lavorando per tanti anni a YouTube, dove sono cresciuta. Il mio approdo a Spotify ha rappresentato dunque non solo un ritorno alle origini, ma mi ha dato la possibilità di coniugare lavoro e passioni dall’Italia. 

 

Famiglia e carriera: difficile conciliare le due cose.
Nel tempo ho imparato l’importanza di dedicare ogni giorno il giusto spazio alla vita personale. È quello che ti permette di ricaricare le batterie e di poterti mettere in gioco nel lavoro a mente lucida e con una motivazione maggiore, soprattutto quando ricopri ruoli che ti spingono a prendere delle decisioni importanti. È fondamentale prendersi cura di sé, fare sport e dedicarsi agli affetti per poter essere una persona più serena anche sul lavoro. Soprattutto in questo periodo di smartworking, che impone di passare diverse ore seduti davanti allo schermo, è importante prendersi delle pause per evitare di alienarsi completamente.

 

Un consiglio alle donne che non vogliono rinunciare al proprio obiettivo professionale.
Innanzitutto, suggerirei di capire bene quali sono le proprie passioni e sulla base di quelle scegliere il proprio percorso. La crescita professionale comporta alti livelli di stress e pressioni da gestire, se non c’è l’energia positiva generata dal fare qualcosa che ti piace davvero diventa tutto più complicato. Inoltre, è importante saper ascoltare e imparare dall’ascolto. Non lasciar mai cadere una conversazione, a prescindere dal ruolo e dal livello dell’interlocutore. Dall’ascolto, personalmente, ho imparato a cogliere nuovi trend, necessità, a conoscere meglio le persone: insomma, l’ascolto apre la mente. Infine, bisogna sempre sapersi mettere in discussione; saper accettare i cambiamenti anche quando ci impongono di uscire dalla “comfort zone”.

 

La cosa più curiosa che le è capitata?
Quando abbiamo girato il primo Spotify Single ci siamo ritrovati all’interno degli Abbey Roads studio, ovvero lo studio storico in cui registravano i Beatles e…è stata un’esperienza unica! Vivere l’atmosfera che vivevano loro nel produrre la loro musica, sentire la loro presenza in quello studio, è stata un’emozione fantastica e ad oggi un bellissimo ricordo.

 

Una domanda alla quale avrebbe sempre voluto rispondere e che nessuno le ha mai posto…
Di recente riflettevo sul fatto che difficilmente mi vengono poste domande relative al concetto di fallimento. Di rado mi viene chiesto se nel mio passato ho fallito in qualcosa, o se tuttora possa avere paura di fallire: trovo che sia un tabù da superare e che, al contrario, questa parola debba avere lo stesso spazio nelle nostre vite al pari della parola “successo”. Credo che il fallimento sia un’esperienza necessaria, che tutti abbiamo dovuto sperimentare per crescere e vincere le nostre sfide. Non dobbiamo avere paura di fallire: per ogni successo ricordiamoci che ci sono dietro diversi insuccessi, che dobbiamo saper accettare con umiltà per guardare oltre e crescere.

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