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Elisa Pagliarani: "Innovazione a volte significa fare la stessa cosa, ma in maniera diversa"

Elisa Pagliarani, Direttore Generale di Glovo Italia, racconta la sua storia a Tgcom24  

Ufficio stampa

Giovane e determinata, Elisa Pagliarani è entrata in Glovo Italia quando il team non contava neppure una decina di persone: oggi è a capo della società di delivery, che consegna prodotti e beni, più utilizzata nel nostro Paese.


Elisa, giovanissima e già in ruolo di grandissima responsabilità: determinata fin da bambina?
Non ho scelto un percorso fin dall’inizio, ma ho sempre cercato di fare scelte che non mi precludessero alcuna possibilità. Per esempio, per la scuola superiore scelsi gli studi classici, ma con un indirizzo che mi permettesse di avere una preparazione scientifica completa. All’università mi iscrissi ad ingegneria con l’indirizzo gestionale, proprio perché mi avrebbe garantito una formazione completa perfetta per molti ambiti professionali. Diciamo che ho fatto in modo da avere diverse opzioni, avendo cura comunque di studiare cose che mi piacessero e che mi permettessero poi di trovare la strada giusta.

 

Dall’università al mondo del lavoro: la strada è stata breve.
E’ stata una vera opportunità: il mio inserimento immediato in azienda è stato  dovuto al fatto che lavoravo già durante l’ultimo anno di corso, mentre preparavo la tesi che, appunto, ho scritto sulla base dello stage che stavo facendo. Ho quindi fatto un internship, cioè di tirocinio, in una grande azienda multinazionale e dopo essermi laureata sono rimasta lì seguendo un “graduate program” dedicato proprio ai giovani laureati: un’iniziativa molto interessante, che consente un inserimento progressivo e senza traumi dall’ambiente universitario al mondo del lavoro.

 

Un inizio molto interessante.
Assolutamente sì. Partecipare a questo programma ha anche comportato passare sei mesi a Londra e poi fare esperienza in tutti i settori dell'azienda, dal negozio al call center, diventando poi project manager, interagendo con diversi team di lavoro e attività di business.
 

Qualcosa, tuttavia, nel tempo è cambiato.
Si è trattato certamente di un’esperienza straordinaria, poi però è arrivato il momento in cui mi sono sentita un granello di sabbia sulla spiaggia. Lavorare in un’azienda grandissima ha indubbiamente molti vantaggi, ma il rischio di perdersi c’è, soprattutto per i giovani che non riescono a misurare il proprio impatto sull’attività aziendale e a vedere poi i risultati del proprio lavoro.
 

Da qui il desiderio di accettare nuove sfide.
Avevo il bisogno di mettermi alla prova e per questo iniziai a informarmi sulle start up e in particolare a quelle di food delivery, che conoscevo in quanto le utilizzavo. Trovo che fare innovazione a volte significhi fare la stessa cosa di un tempo, ma in maniera differente: il delivery esisteva già, prima erano i "Pizza Express", ora invece si fa grazie ad una app. Credevo fortemente nel successo di questa innovazione. 

 

Così sei arrivata a Glovo…
Era il 2017 e il servizio proposto dalla spagnola Glovo esisteva solo a Milano. L’azienda cercava un Project Manager, mi sono proposta e mi hanno preso. A quel tempo eravamo così pochi che non arrivavamo alla decina di impiegati in Italia (ora siamo 350) e il mondo Glovo contava forse un centinaio di addetti, veramente pochissimi. Ho accettato la sfida pensando che fosse un’iniziativa destinata al successo: in un settore nuovo non si sa ovviamente cosa potrà accadere quindi, oltre ad un rischio calcolato, ci vuole un po' di coraggio, essendo a conoscenza dei rischi, ma anche di incoscienza.
 

La pandemia vi ha dato una mano.
Il settore del delivery era ed è in grandissima crescita: la pandemia ha accelerato il trend, ma questi risultati si sarebbero raggiunti comunque.
 

Qual è la chiave del successo di Glovo?
Dal 2019 ad oggi Glovo è stata la app più scaricata in Italia: ha avuto successo rispetto ad altre piattaforme per via della cultura aziendale e per la squadra che abbiamo portato a bordo, a cui abbiamo offerto coinvolgimento, responsabilità, senso di appartenenza, motivazione e premi sulla base dei risultati raggiunti. Ognuno in Glovo può esprimersi con la medesima intensità anche in ambiti differenti, sapendo che qui c’è spazio per tutti; qui l’ambizione non crea competizione perché tutti sanno che il proprio lavoro verrà riconosciuto e che sarà possibile sentire l’impatto che ognuno ha nei confronti dei risultati aziendali. Ognuno può percepire l’impatto del proprio impegno e può misurare il risultato dei proprio lavoro: il nostro obiettivo è che ciascuno si senta partecipe dei risultati ottenuti come gruppo e di conseguenza senta che Glovo in qualche modo gli appartenga.

 

Essere donna e giovane è stato un problema?
Il fatto di essere giovane non è stato particolarmente ostativo, anche se all'inizio ovviamente c’è un po’ di diffidenza dato che si pensa che l’esperienza sia proporzionale all’età, il che è in parte vero. Quanto all’essere donna, bisogna tenere conto che la grandissima maggioranza dei miei interlocutori è costituita da uomini; credo tuttavia che ci siano dei vantaggi nell’essere diversi perché da un lato si è certamente più riconoscibili, dall’altro è perfino più facile, una volta superato l’ostacolo iniziale, lasciare il segno e stupire.

 

Vita privata e lavoro: difficile?
Sono sposata con Mario e mio marito è il mio primo e più importante supporter, tanto in casa quanto sul lavoro, così come io lo sono per lui. In relazione al lavoro, credo che sia importante avere un buon equilibrio e personalmente in questo momento mi sento molto serena perché ho la possibilità di gestire il mio tempo in maniera flessibile. Nella nostra cultura aziendale si può scegliere come e quando lavorare, perché non si viene valutati sul tempo, ma su altri e più importanti parametri: ciò che conta sono i risultati ottenuti e come sono stati ottenuti, la gestione del team, e così via.

 

Una curiosità su di te?
Mi piacciono molto gli animali e i gatti in particolare: quando gioco con loro è come se facessi una sorta di meditazione, svuoto la mente e faccio una cosa per il solo gusto di farla ed in quel momento non esiste né un prima, né un dopo, ma solo la piacevolezza di quel momento.

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