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"La carriera comporta rinunce e compromessi: bisogna volerla davvero"

Sabina Belli, Amministratore Delegato di Pomellato, autrice di "D come Donna, C come CEO", racconta a Tgcom24 la sua esperienza professionale

"La carriera comporta rinunce e compromessi: bisogna volerla davvero" - foto 1
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Una adolescenza trascorsa tra l'Italia e la Francia, un'esperienza personale e professionale ricca e intensa: Sabina Belli è alla guida di una delle aziende di alta gioielleria più famose al mondo, Pomellato.

Sabina Belli, Amministratore Delegato di Pomellato

Buongiorno Sabina, aspettavo la sua telefonata.
Infatti eccomi qui: è un buon momento? So che vorrebbe sapere qualcosa di me…
 
E’ proprio così.
Grazie, mi sento lusingata e onorata per questa attenzione. A me non sembra di essere così speciale, ma d’altro canto mi rendo conto che quello che ho fatto suscita interesse, anche da parte delle donne più giovani. Interesse che a mio modo di vedere è sproporzionato.
 
Mi racconti un po’ di sé, potremmo partire dalla sua infanzia.
Ci terrei a raccontare la mia storia personale perché ha fortemente influenzato il mio modo di essere e di pensare. Sono nata da genitori culturalmente molto impegnati, socialmente attivi, pronti a raccogliere le sfide del loro tempo e a diventarne protagonisti. Mia mamma, che oggi ha novant’anni, è sempre stata un esempio ed un modello per me: una donna in gamba e super attiva nel mondo professionale, che ha lavorato in un settore sfidante e tipicamente maschile nella società di mio padre. Ho sempre sentito da lei il racconto di ciò che accadeva in quel periodo: erano gli anni della contestazione giovanile, quelli in cui si mettevano al rogo i reggiseni, l’epoca dei concerti all’aperto e dei figli dei fiori. In buona sostanza, quando ero ragazza era il periodo in cui molti dei nodi relativi alla disuguaglianza di genere erano stati risolti.
 
Quanto sono stati importanti i suoi genitori nella sua crescita personale?
Tantissimo. I miei sono stati genitori molto particolari, intelligenti e forti; una coppia molto legata, non borghese, che ha abbracciato uno stile di vita moderno sia nella vita quotidiana, così come nel lavoro e nella vita familiare. Hanno avuto due figli: oltre me, che sono la maggiore, anche mio fratello, più giovane di due anni e che è affetto da Sindrome di Down. Avere un fratello con disabilità ha influenzato tutta la mia vita, perché il desiderio è sempre stato quello di fare di lui una persona profondamente felice, privo di barriere dovute all’handicap e integrandolo totalmente nella società. Ho sempre avuto il ruolo della sorella maggiore, che ho accettato con grande responsabilità e senso del dovere, ma che mi ha sempre lasciato aperta una finestra sui temi di tolleranza, sensibilità, accettazione della diversità.
 
So che è cresciuta oltralpe.
Sono milanese di nascita, ma francese di adozione: mio padre accettò l’offerta di un’azienda di consulenza aziendale americana e così ci trasferimmo a Parigi. All’epoca avevo quindici anni e sono rimasta in Francia fino a non molti anni fa… penso ancora in francese, lo ammetto. Ho avuto un’educazione molto all’avanguardia: a Milano i miei genitori scelsero per me le scuole elementari della Montessori, che mi hanno lasciato la libertà assoluta di poter esprimere la mia creatività e influenzato la parte della mia intelligenza emotiva, favorendo un pensiero concettuale creativo. A Parigi proseguii gli studi sapendo che avrei voluto far parte del team in cui si prendono le decisioni, non per ambizione, ma perché per me è molto più interessante rispetto al lavoro svolto in team che poi non possono vedere il risultato del proprio lavoro.
 
Quanto è importante la determinazione per arrivare a ruoli apicali in azienda?
La domanda vera è: lo vuoi veramente? Perché, vede, bisogna essere chiari: fare carriera comporta la decisione di intraprendere un percorso costellato di rinunce, compromessi, forza fisica, resistenza ed anche energia per avere ogni giorno il sorriso e la carica da trasmettere al resto del team.
 
Vale per tutti, indistintamente?
Ma certo, per me la differenza uomo/donna non esiste e nella mia vita questo nodo era stato ampiamente risolto. La mia educazione mi aveva già affrancata da certi stereotipi e mi sentivo lontana dai dibattiti sulle donne, che trovavo noiosi e inutili. Mi sono resa conto però che mi sbagliavo: quello che per me era scontato, nella società non lo è affatto, soprattutto qui in Italia.

"La carriera comporta rinunce e compromessi: bisogna volerla davvero" - foto 2
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E’ per questo che ha deciso di scrivere un libro?
Si è trattato di un caso. Ho incontrato Michele Riva, l’AD di ROI Edizioni, in un salotto e mentre chiacchieravo sono stata invitata a mettere per iscritto le storie di tante donne che ho conosciuto, compresa la mia. Ho accettato e così è nato “D come Donna, C come CEO”, un libro nient’affatto politically correct! Aneddoti, esperienze e suggerimenti per le donne che vogliono mantenere il ruolo di professioniste e di madri, tenuto conto che nel mondo, secondo un’indagine, meno del 5% degli Amministratori Delegato è donna.
 
Lei è Amministratore Delegato e anche madre…
Ho tre splendide figlie ormai grandi. La maggiore è Pauline, che oggi ha 35 anni, studi di business e passione per l’estetica tanto da aprire uno studio di Interior Decoration; poi c’è Eva, 28 anni, che dopo aver studiato Scienze Politiche in Canada e essersi occupata delle rifugiate siriane in Libano oggi lavora in Consulenza; infine Lili, 24 anni, che vive a New York dove si è diplomata in Liberal Arts attualmente si occupa di creazione di contenuti video. 
 
E’ difficile rimanere in contatto quando si è così distanti?
Confesso che ogni volta che ho accompagnato le mie ragazze nelle scuole dall’altra parte del mondo non è stato facile. Oggi però con Whatsapp e la tecnologia ci teniamo in costante contatto, comunichiamo tantissimo e siamo molto unite. Le mie figlie sono i miei soli che gravitano nel mio mondo e che mi stimolano raccontandomi quello che vedono, che vivono…
 
Quanto è bello lavorare nel mondo dell’alta gioielleria?
Da zero a dieci? Mille! Lavorare per Pomellato è incredibilmente gratificante, sono davvero privilegiata. I gioielli sono piacere, sogno, glamour, eccezionalità. Il mondo del lusso è aspirazionale, come quello dei profumi, della moda, dei vini ricercati; per me si tratta di un piacere autentico, senza contare che sono affascinata dalla straordinaria maestria degli orafi della maison.
 
E’ un mondo molto particolare.
Sì, nel settore del lusso si ha a che fare con molti VIP, ma non per questo lo siamo a nostra volta. Rimanere con i piedi per terra è fondamentale per non perdere il senso della realtà. Voglio però sottolineare che il gruppo Kering, di cui Pomellato fa parte, è molto attivo nella responsabilità sociale e contro la violenza sulle donne: non a caso, sostiene attivamente la Casa delle Donne Maltrattate CADMI.
 
Lei è una donna straordinaria, ma c’è qualcosa di assolutamente normale nella sua vita?
Ma certo! Per esempio, ho da sempre una lotta aperta con la bilancia. Ho un fisico mediterraneo, quindi ingrassare per me è facilissimo. Ecco perché, invece che con i cioccolatini, mi consolo con le scarpe: sono una autentica passione!
 
Qualcosa che non le ho chiesto e che vorrebbe dire ai nostri lettori?
In realtà io mi sento risolta, serena. Nella mia vita ho scelto tutto, ma ci tengo a sottolineare che un conto è decidere, un altro è scegliere: perché far seguire le azioni alle nostre decisioni spesso non è affatto facile…