Un giardino di teste scolpite

Il Castello Incantato di Sciacca: l’opera visionaria di Filippo Bentivegna, artista dell’art brut

Tra le meraviglie più affascinanti della Sicilia c'è un museo a cielo aperto creato da uno scultore autodidatta e figura emblematica dell’arte outsider. Un luogo magico, abitato da migliaia di volti scolpiti nella pietra, che raccontano la storia di un uomo e della sua visione straordinaria

18 Lug 2025 - 09:05
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A pochi chilometri dal centro storico di Sciacca, lungo la costa sud-occidentale della Sicilia, si trova un luogo che sembra uscito da un sogno primitivo, da un racconto popolare o da un delirio poetico scolpito nella roccia: è il Castello Incantato, un giardino di teste di pietra, volto dopo volto, occhio su occhio, creato da Filippo Bentivegna, personaggio enigmatico, artista solitario, figura chiave – seppure laterale – della corrente dell'art brut.

Il Castello Incantato non è un vero castello, né una costruzione nobiliare. È un podere trasformato nel corso di decenni in un'opera d'arte totale, con migliaia di teste scolpite nella roccia tufacea, disseminate nel terreno, infilate tra gli alberi, incastonate nei muri. Le "teste" sono ritratti, o forse anime, che popolano questo regno parallelo che Bentivegna chiamava il suo "castello" e dove lui era il "re".

Filippo Bentivegna nasce a Sciacca nel 1888. Dopo un'infanzia povera e l'emigrazione negli Stati Uniti, torna in Sicilia negli anni '20, dopo aver subito un trauma cranico in un'aggressione a New York che ne segnerà profondamente la psiche. Da quel momento la sua vita si fa sempre più appartata, visionaria, ossessiva. Compra un terreno poco fuori Sciacca, vi si ritira e comincia a scolpire. Lo fa ogni giorno, con una tenacia che ha del mistico. Non per vendere, non per esporre, ma per dare forma a un mondo interiore.

Bentivegna viene considerato un esempio emblematico di artista outsider, la sua arte è pura, istintiva, priva di mediazioni accademiche: art brut, come la definì Jean Buffet, che di questo movimento fu il teorico. E proprio il Museo dell’Art Brut di Losanna raccoglie nella sua collezione permanente numerose opere di Bentivegna. Le sue sculture non sono tecnicamente perfette, ma sono potenti, inquietanti, cariche di un simbolismo primitivo e ossessivo. Ogni volto sembra guardare chi lo osserva, come se volesse sussurrare una storia. Alcuni hanno tratti grotteschi, altri sembrano ritratti di persone reali, forse nemici, forse personaggi immaginari. Alcuni raccontano che Bentivegna si rivolgesse a loro come a un vero popolo.

Per anni, Filippo vive isolato, circondato dalle sue "teste". Considerato dai più un folle innocuo, un eccentrico, uno "scemo del villaggio", viene oggi riconosciuto come uno dei maggiori esponenti italiani dell'arte irregolare. Il Castello Incantato, dopo la sua morte nel 1967, è stato lentamente riscoperto, restaurato e trasformato in museo a cielo aperto visitato ogni anno da migliaia di turisti e studiosi d’arte.

Passeggiare tra le sue sculture significa entrare nel labirinto della mente di un uomo che ha costruito un intero universo partendo dal silenzio, dalla marginalità, dal dolore. È un'esperienza straniante e toccante insieme: ogni volto scolpito nella roccia è un frammento di identità, un pezzo d'anima lasciato in eredità.

Il Castello Incantato non è solo un’attrazione turistica. È una testimonianza potente di quanto l’arte possa nascere ai margini, senza regole né legittimazioni, e al tempo stesso essere profondamente autentica. Un luogo dove la follia e il genio si abbracciano, e dove Filippo Bentivegna, nella sua solitudine, ha saputo scolpire l'eternità.

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