Solo il 17,7% delle imposte non versate viene recuperato. Almeno quattro i problemi secondo il commercialista Giuliano Mandolesi
di Giuliana Grimaldi© Ansa
Secondo i recenti dati della Corte dei Conti, la situazione della riscossione delle imposte in Italia è critica. Dei 72,3 miliardi di euro di evasione fiscale accertata nel 2024, ne sono stati riscossi solo il 17,7%, pari a 12,8 miliardi. Si tratta di una cifra piccola rispetto al totale che si traduce in circa 59,5 miliardi di euro di crediti fiscali non recuperati. Un buco che pesa in modo significativo sulle finanze pubbliche e che mette in discussione l'efficacia del sistema di accertamento e riscossione.
Spesso, quando si parla di come finanziare nuove misure o incentivi economici, si fa riferimento alla lotta all'evasione fiscale come fonte potenziale di risorse. La politica cita in modo bipartisan e regolare l'obiettivo di recuperare miliardi di euro dalle tasse non pagate per sostenere la spesa pubblica. Tuttavia, in un Paese come l'Italia, che nel 2024 ha registrato una pressione fiscale del 42,6%, un debito pubblico che supera i tremila miliardi di euro e un cassetto fiscale (cioè la somma complessiva dei debiti fiscali non riscossi) di oltre 1.200 miliardi di euro, i dati della Corte dei Conti mostrano che questa prospettiva è in gran parte irrealistica.
La maggior parte del denaro che il Fisco "dovrebbe" incassare è in realtà "inesigibile", cioè non recuperabile. E le cause sono molteplici e spesso difficili da rimuovere o aggirare. Il commercialista Giuliano Mandolesi, ai microfoni di Tgcom24, ha identificato quattro cause principali che rendono la riscossione fiscale un'impresa così ardua in Italia.
Il primo fattore riguarda l'atteggiamento dei contribuenti nei confronti degli accertamenti fiscali. Molti contestano le richieste del Fisco ritenendole inesatte e, di conseguenza, scelgono di non pagare e di impugnare l'atto davanti alla giustizia tributaria. "È altamente probabile," spiega Mandolesi, "che un numero non trascurabile di accertamenti emessi dall'Agenzia delle Entrate non sia ritenuto corretto da parte dei contribuenti e che siano stati di conseguenza impugnati dinnanzi ai competenti organi di Giustizia Tributaria". In sostanza, una parte significativa delle somme accertate non viene pagata immediatamente perché i contribuenti ritengono l'accertamento ingiusto o errato e decidono di contestarlo legalmente, bloccando di fatto il processo di riscossione.
La Corte dei Conti conferma questa dinamica, sottolineando come sia "altamente probabile" la "correlazione a radicate aspettative di successive rottamazioni o al convincimento di poter eludere la successiva azione esecutiva". Questo comportamento è particolarmente evidente nelle cartelle esattoriali, dove il tasso di recupero crolla al 3,1%: su 40,7 miliardi di euro accertati, ne vengono versati soltanto 1,3 miliardi.
Un altro fattore cruciale è proprio la quasi "aspettativa" dei contribuenti di poter usufruire di condoni o rottamazioni delle cartelle. La storia recente del Paese, costellata di sanatorie fiscali, ha incentivato un comportamento opportunistico. "Visto che siamo arrivati alla quarta rottamazione e si parla della quinta," sottolinea Mandolesi, "non si può non dire che questa aspettativa e la 'tattica' poco etica di non pagare subito in attesa dello sconto non generi risultati". Questo significa che l'abitudine alle sanatorie ha creato la mentalità che non valga la pena pagare subito, dato che in futuro potrebbe arrivare un provvedimento legislativo che riduce l'importo da pagare o ne cancella una parte.
Esistono contribuenti che operano in modo fraudolento fin dall'inizio, con l'intento di non pagare. Un esempio emblematico sono le cosiddette "Partite Iva apri e chiudi," soggetti che aprono un'attività, non versano mai le imposte e poi la chiudono per riaprirla subito dopo con un'altra identità o ragione sociale collegata. "La terza causa è che in alcuni casi ci si trova di fronte a contribuenti che in maniera sempre non etica e soprattutto 'illegale' sono nati per operare in frode per cui hanno come naturale comportamento all’arrivo dell’accertamento [...] quello di non pagare, afferma Mandolesi. Questo fenomeno rende di fatto impossibile la riscossione, poiché il soggetto debitore non esiste più o è quasi impossibile da rintracciare.
L'ultimo ma non meno importante problema è l'enorme carico di lavoro che l'Agenzia delle Entrate e il riscossore si trovano a gestire. Con un "magazzino esorbitante di ruoli," come lo definisce Mandolesi, il sistema non è in grado di essere efficace nel recupero. Questo significa che l'enorme quantità di debiti da recuperare, il "magazzino di ruoli", è tale che l'ente di riscossione non ha le risorse o la capacità di agire efficacemente su ogni singola posizione, concentrandosi solo sulle più promettenti e lasciando inevitabilmente indietro gran parte dei crediti.