Indimenticabile Jackie: i look di Jacqueline Kennedy
© IPA | Jacqueline Kennedy a Parigi negli anni Sessanta
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Ogni volta che una nuova tragedia tocca quella famiglia si riaccendono le luci su un racconto che somiglia più alla sceneggiatura di una tragedia shakespeariana che a una reale biografia. Ma perché, ancora oggi, esercita un’attrazione così potente nell’immaginario collettivo?
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Quando Tatiana Schlossberg (figlia di Caroline Kennedy e nipote diretta del presidente John Fitzgerald, ) ha annunciato la sua malattia, subito è tornata alla mente la "maledizione dei Kennedy". Ogni volta che una nuova tragedia tocca quella famiglia si riaccendono le luci su un racconto che somiglia più alla sceneggiatura di una tragedia shakespeariana che a una reale biografia. Perché i Kennedy sono più di un cognome, più di una dinastia politica: rappresentano un mito americano fatto di fascino, glamour, ambizione. E un dolore che sembra non avere mai fine. Ma cos’è davvero questa “maledizione”? E perché, ancora oggi, esercita un’attrazione così potente nell’immaginario collettivo?
La “maledizione” come racconto di sventure reali - La maledizione dei Kennedy non è solo una leggenda popolare, ma una narrazione costruita su una lunga catena di tragedie che hanno colpito i membri della dinastia. Assassinii politici, incidenti fatali, malattie gravi: tutto ciò ha contribuito a dipingere l’immagine di un destino doloroso e ricorrente. Famose sono alcune tappe di questo “sospetto maleficio”: l’assassinio di JFK nel 1963, quello di Robert F. Kennedy nel 1968, ma anche tragedie meno evidenti ma altrettanto dolorose, come l’incidente di Chappaquiddick che coinvolse Ted Kennedy. Altri casi riguardano morti premature, problemi di salute gravi, dipendenze, suicidi: insomma, una sequenza che sembra sfidare la statistica del semplice sfortunato caso.
Il mito e la perfezione incrinata - Per capire il fascino della “maledizione”, bisogna partire dall’aura che i Kennedy hanno costruito attorno a sé. Nel 1961, quando JFK entra alla Casa Bianca, l’America scopre la sua personalissima Camelot: giovani, belli, radiosi. I vestiti di Jackie, le feste alla Casa Bianca, il sorriso elegante del presidente. Per la prima volta, la politica assomiglia a Hollywood. Un momento idilliaco, E come ogni mito, anche questo crea aspettative irrealistiche: la perfezione non può durare. Non deve. È qui che la tragedia trova terreno fertile. In questo senso, la “maledizione” diventa una sorta di contro-mitologia: non è solo sfortuna, ma un simbolo della fragilità che si nasconde dietro la grandezza pubblica. È l’idea che non importa quanto brillante possa essere il destino di una famiglia, il prezzo per restare al vertice è alto, e il dolore sembra pagare dazio in modo ciclico.
© IPA | Jacqueline Kennedy a Parigi negli anni Sessanta
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La psicologia del mito: perché continuiamo a parlarne? - Nonostante decenni di tempo, la maledizione dei Kennedy resta un tema caldo. Questo perché la narrazione continua a tornare, soprattutto quando emergono nuove tragedie. Il fatto che una tragedia recente, come quella di Tatiana, venga subito interpretata nel segno della maledizione, dimostra che non si tratta solo di coincidenze, ma di una costruzione mitica potente. Un fascino alimentato da più elementi. C'è quello del dramma familiare: le storie dei Kennedy sono piene di alti e bassi, molto più di una normale dinastia politica. E c'è il simbolismo storico: JFK e RFK sono figure centrali nella Storia americana, simboli di un’era che molti appunto ricordano come “Camelot” (il sogno idealizzato della gioventù, del cambiamento, della speranza). Indine c'è l'elemento della narrazione tragica: come nelle tragedie classiche, le famiglie potenti spesso sono raccontate come vittime di un destino che le supera, e il concetto di “maledizione” offre una chiave narrativa efficace per dare senso al caos.
Un mito eterno tra empatia e paura - Parlare di maledizione dei Kennedy non è solo gossip. È un modo per interpretare una sequenza di tragedie reali attraverso il filtro della narrazione mitica. Il “maledetto” Kennedy non è soltanto un uomo o una donna: è un simbolo. Il caso di Tatiana Schlossberg ( malattia, sofferenza, consapevolezza) rilancia questo simbolismo con forza: ci ricorda che per quanto potente possa essere una famiglia, non esiste immunità dal dolore. E forse, in fondo, la vera “maledizione” non è una forza oscura ultraterrena ma l’essere costantemente esposti, dentro e fuori, a un’aspettativa che non perdona. E questo genera empatia e paura. Il pubblico si sente attratto da storie in cui la grandezza e la fragilità convivono; una “maledizione” è quasi una forma di giustizia simbolica, o almeno un ammonimento.