Il decalogo

Controllare, dialogare, prevenire: cosa devono fare i genitori per proteggere i figli online

Il caso di Sulmona riporta l’attenzione sui rischi del web per bambini e adolescenti. Per la Polizia Postale i dati sono in crescita: servono regole, dialogo e vigilanza da parte degli adulti

19 Set 2025 - 11:28
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La recente vicenda di Sulmona, dove una 12enne sarebbe stata vittima di violenza sessuale filmata e diffusa via chat, ha scosso l’opinione pubblica. Non è solo un fatto di cronaca nera, ma l’ennesima conferma di quanto i ragazzi possano essere esposti a rischi enormi attraverso gli strumenti digitali. Lo smartphone, percepito come un oggetto ormai indispensabile, può trasformarsi in un’arma nelle mani sbagliate. Il caso porta alla luce anche il ruolo dei genitori: che cosa possono fare per proteggere i figli online?

I dati raccontano un fenomeno in crescita

 Gli episodi non sono isolati. Nel 2024 la Polizia Postale ha gestito 2.809 casi di pedopornografia e adescamento online, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente. Sempre più spesso le vittime sono bambini e preadolescenti tra i 10 e i 13 anni, fascia di età che coincide con i primi accessi non controllati a smartphone e social. Anche i casi di revenge porn minorile sono in aumento: 42 nel 2024, contro i 29 del 2023, con la maggioranza delle vittime tra i 14 e i 17 anni.

Perché i minori sono così vulnerabili

 Il digitale offre opportunità, ma amplifica fragilità. Molti adolescenti vivono i social come spazi “privati”, in cui sperimentare senza considerare le conseguenze. La pressione del gruppo dei pari, il desiderio di approvazione e la mancanza di un’educazione al consenso rendono i ragazzi particolarmente vulnerabili. Spesso non hanno la percezione che un contenuto condiviso possa diventare immediatamente pubblico e non tornare mai più sotto il loro controllo.

Il decalogo della prevenzione

 Per supportare le famiglie, la Polizia Postale e diverse associazioni hanno messo a punto linee guida pratiche. Ecco un decalogo sintetico che può aiutare i genitori a orientarsi:

1.     Parlare sempre: il dialogo è la prima protezione, meglio se continuo e non legato solo alle emergenze.

2.     Spiegare il consenso digitale: ciò che viene inviato non è più revocabile; anche online “no” significa “no”.

3.     Stabilire regole chiare: tempi e modalità di utilizzo del telefono vanno definiti con coerenza.

4.     Impostare privacy e controlli: filtri parentali, blocchi, impostazioni di sicurezza e segnalazioni vanno conosciuti e usati.

5.     Conoscere le app utilizzate: è importante sapere quali social, chat e videogiochi frequenta un figlio.

6.     Cogliere i segnali: isolamento, ansia o improvvise cancellazioni di profili sono segnali che meritano attenzione.

7.     Conservare le prove: screenshot e chat possono servire per denunciare.

8.     Agire subito: rivolgersi alle forze dell’ordine e segnalare i contenuti alle piattaforme.

9.     Aggiornarsi costantemente: conoscere le nuove app e i rischi emergenti.

10.  Sostenere il benessere emotivo: lavorare sull’autostima, ridurre la dipendenza dai “like”, coinvolgere psicologi se necessario.

Segnali da non ignorare

  Un figlio che si chiude in camera per ore, che cancella in fretta le notifiche quando si avvicina un adulto, che improvvisamente smette di usare il telefono o elimina i propri profili social, sta comunicando un disagio. Anche l’insonnia, l’ansia prima di andare a scuola o il ritiro da attività sociali consolidate sono campanelli d’allarme. Non vanno minimizzati con un “è l’età”: possono essere spie di situazioni complesse, come bullismo online, richieste inappropriate o minacce legate alla diffusione di immagini. La regola fondamentale è non giudicare né colpevolizzare, ma ascoltare e offrire un porto sicuro.

Strumenti di aiuto a disposizione

 Non esistono solo i genitori. In Italia ci sono servizi attivi h24:

- Il 114 – Emergenza Infanzia, numero gratuito per segnalare situazioni di pericolo o chiedere supporto immediato.

- Telefono Azzurro (1.96.96), attivo 24 ore su 24, con operatori formati per ascoltare bambini, adolescenti e famiglie.

- I canali ufficiali di segnalazione delle piattaforme social, che permettono la rimozione rapida di contenuti lesivi.

Accanto a questi strumenti ci sono le scuole, che possono organizzare incontri di educazione digitale, e le associazioni che da anni si occupano di sensibilizzazione. La rete di protezione deve essere corale, perché il rischio non è confinato a un singolo caso, ma riguarda tutti.
 

Una responsabilità condivisa

 La cronaca di Sulmona mostra quanto la tecnologia possa diventare veicolo di violenza se usata senza consapevolezza. La prevenzione passa dalla famiglia, ma deve coinvolgere anche istituzioni, scuole e aziende digitali. Solo con un’alleanza educativa si può sperare di ridurre il rischio che altri bambini e adolescenti diventino vittime di fenomeni devastanti come il revenge porn o il cyberbullismo.

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