Speciale Mostra Cinema Venezia
Fuori concorso

Venezia 2025, Francesco De Gregori, Nino D'Angelo e Piero Pelù sbarcano al Lido

Tre docufilm raccontano le versioni più intime delle loro vite e delle loro carriere

05 Set 2025 - 18:40
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A Venezia 2025 sbarcano Francesco De Gregori, Nino D'Angelo e Piero Pelù. Tre grandi della musica italiana arrivano al Lido con tre film che li raccontano fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia: sono quanto più di diverso ci sia nel panorama musicale italiano, eppure in questo caso sono accomunati dalla loro voglia di raccontarsi non più soltanto attraverso la loro musica, ma anche attraverso le immagini. Nascono così tre docufilm che raccontano le loro versioni più intime, in una fase particolare delle loro vite e delle loro carriere. "Francesco De Gregori. Nevergreen", "Nino. 18 giorni" e "Piero Pelù. Rumore dentro" sono presentati nella sezione Speciale cinema & musica alla kermesse veneziana e presto arriveranno anche nelle sale per una serie di eventi speciali.

A Venezia sbarcano De Gregori, D'Angelo e Pelù

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Il film su De Gregori

 'Francesco De Gregori. Nevergreen', per la regia di Stefano Pistolini, nelle sale dall'11 al 17 settembre, è il racconto di una serie di concerti in un piccolo teatro di Milano, l'Out Off, presentando le canzoni meno conosciute del proprio repertorio - o addirittura le 'perfette sconosciute', le 'nevergreen', mai insignite del titolo di 'evergreen' - ogni volta con una scaletta diversa, condividendone alcune con degli ospiti a sorpresa. "Mi sono accorto che ai concerti c'è chi viene per ascoltare le hit, ma c'è anche chi viene per ascoltare delle 'perfette sconosciute' o delle 'Nevergreen'. Sono dei degregoriani talebani, che conoscono canzoni che forse nemmeno io ricordo. Una esperienza che mi ha regalato un modo diverso di collegarmi al pubblico, di vedere le reazioni del pubblico in modo più diretto. E' bello cantare in posti piccoli, con la gente vicino, mi sento davvero a mio agio", ha spiegato De Gregori. "Con Francesco il segreto è che siamo amici", ha aggiunto a LaPresse il regista Pistolini.

"La chiave del film è fondamentalmente emotiva, cioè riuscire a intercettare tutta la parte di alti e bassi, anche i momenti più di noia o le prove che andavano male. Ma mettere tutto insieme in quella che diventava poi, nel tempo, una storia, non lunga un'ora e mezza come un concerto, ma lunga un mese tradotta in formato di film", ha spiegato. Nel film tante partecipazioni illustri, da Zucchero a Ligabue a Jovanotti. "Una cosa particolare posso raccontare è che Jovanotti, quando è venuto era la prima volta che saliva su un palco dopo il famoso incidente in bicicletta a Santo Domingo. Quella è stata particolarmente impressionante perché era di nuovo vergine dal punto di vista dello spettacolo. A un certo punto, per esempio, durante le prove si è messo a ballare e tutti abbiamo avuto un momento di preoccupazione, di panico", ha dichiarato.

Il film su Nino D'Angelo

  Per tutti è rimasto 'il caschetto d'oro' della musica italiana, ma Nino D'Angelo e molto di più. E chi meglio del figlio Toni, regista cinematografico, poteva raccontare la vera essenza del cantante napoletano in 'Nino. 18 giorni' presentato sempre fuori concorso alla Mostra. "Io mi racconto ormai da 50 anni con le canzoni, questa volta è stato mio figlio a trovare il modo", ha detto Nino D'Angelo. "Nella mia vita ho dovuto affrontare il pregiudizio, la più grande montagna da scalare. La gente vedeva solo il 'caschetto' e questo mi ha portato anche alla depressione. E' stato difficile raccontarmi", ha ammesso. "Il film è molto umano ed è la cosa bella di questo film, c'è tanta verità. E vederlo è stato ancora più emozionante, a 45 anni ho conosciuto meglio mio figlio. Perché anche lui ha vissuto un pregiudizio e non sapevo che essere il figlio di Nino gli facesse così tanto male", ha ammesso il cantautore. "Ho raccontato mio padre raccontando la mia storia, cosa significa essere suo figlio e vivere un certo tipo di pressione fin dalla nascita. La mia vita con quella di mio padre è cambiata anche in base alle sue scelte volontarie e non volontarie. La cosa che più mi ha cambiato la vita è di andare a vivere a Roma dopo le minacce ricevute dalla camorra, ci spararono a casa. Per lui fu una grande sofferenza, per me bambino è stata la mia rinascita", ha detto invece a LaPresse il figlio Toni che ha poi ricordato il momento emozionante quando ha detto al padre che il film sarebbe arrivato a Venezia. "Ci siamo abbracciati forte, è stata una cosa istintiva", ha detto.

Il film su Pelù

  Ha rischiato seriamente di dover smettere di cantare, la cosa che più ama, Piero Pelù a causa di una grave acufene che lo sta tormentando da ormai tre anni. E proprio questo periodo così difficile, in cui ha conosciuto anche la solitudine che ha spinto l'ex leader dei Litfiba a volersi raccontare non solo in musica, con un disco, ma anche in immagini con questo film 'Piero Pelù. Rumore dentro' diretto dall'amico regista Francesco Fei.

"L'acufene mi ha cambiato molto la vita, è abbastanza nella mia natura non lasciarmi andare perché nell'immediato ho avuto un periodo molto buio che ho superato grazie all'aiuto degli amici e di una brava dottoressa. Da lì è scaturita la scrittura di un album 'Deserti', che è diventata la colonna sonora di questo film", ha raccontato il rocker toscano. "Ci ho messo un bel po' a ripartire, ci son voluti molti mesi. Questo incidente ha accentuato in me una consapevolezza diversa della solitudine, in molte scene del film abbiamo sottolineato questi stati d'animo e questo isolamento forzato", ha aggiunto. Nel film "abbiamo voluto raccontare la nuova caduta e l'ennesima rinascita", ha spiegato a LaPresse il regista Fei a proposito del "momento molto particolare della vita e della carriera" del celebre rocker. "Fin dall'inizio abbiamo pensato il film come un viaggio perché Piero intende la sua vita come un viaggio per incontrare persone, per incontrare realtà sociali diverse, perciò lui vive la sua vita, lo dice proprio nel documentario, non parlarmi di carriera, ma parlarmi di viaggio. Perciò volevamo trasmettere attraverso la narrazione una similitudine con il percorso reale di vita di Piero".

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