Il progetto composto da Valentina Ottoboni e Gianmarco Soldi pubblica otto tracce che ci traghettano in un luogo di confine, lontano da tutto tra dream pop e venature dark
© Lorenzo Spigaroli
"Satantango" è l'album d’esordio del duo omonimo, formato da Valentina Ottoboni e Gianmarco Soldi, e pubblicato per l'etichetta Dischi Sotterranei. Un'opera densa che si presenta come una dolce elegia alla perdita dell’illusione, un viaggio sonoro attraverso il romanticismo di una malinconia che evoca le province dimenticate, luoghi sospesi nel tempo. Anticipato da "9.11" e "Permafrost", i Satantango ci invitano a galleggiare su muri di suono travolgenti, in un viaggio che mescola sogni e realtà. Il loro sound si muove tra shoegaze e dream pop, con venature dark e alternative, richiamando alla mente i lavori di artisti come My Bloody Valentine, Slowdive e Cocteau Twins.
La periferia immobile e sospesa immersa nella nebbia e nei prefabbricati ai confini di Cremona. Qui, in un paesaggio che sembra fermo, il duo trova la propria identità artistica, ispirandosi all’omonimo film del 1994 di Béla Tarr (tratto dal libro di László Krasznahorkai, appena insignito del Premio Nobel), che narra il declino di un villaggio sperduto. Quest’opera, radicata nella desolazione, si riflette nel sound avvolgente e ipnotico dell'album.
Le parole di Valentina e Gianmarco danzano delicate nell'aria tra le melodie che nell’intensità del loro suono sporco e denso riescono a rimanere eteree e rarefatte, trasportando l’ascoltatore verso un mondo sognante e disilluso. L’essenza dei Satantango è un invito a perdersi, a lasciare che la musica ci conduca lontano, in quella bolla sonora dove la malinconia diventa quasi consolante con temi affrontati, che oscillano tra l’intimo e il collettivo. "Parliamo della provincia e di come si vive ai margini, in una terra isolata e a suo modo desolata, dell’amore/odio per questi posti in cui non c’è nulla ma a cui siamo affezionati perché sono casa". Aggiunge la band: "È un disco scritto da outsider, lontani da tutto, quasi guardassimo le cose su uno schermo".