Fine di un'era

Robert Redford, non solo cinema: il suo attivismo per l'ambiente e la politica

Tra cinema e attivismo, la stella di Hollywood è stata per decenni una voce forte per ambiente, democrazia e diritti civili

16 Set 2025 - 16:32
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Robert Redford, scomparso all'età di 89 anni, è stato considerato una delle leggende viventi di Hollywood, ma il suo nome non è stato legato soltanto alla carriera artistica. Fin dagli anni 70, Redford ha trasformato la sua notorietà in uno strumento di attivismo sociale, culturale e ambientale. Il suo impegno si è manifestato attraverso prese di posizione politiche, la creazione di progetti di lungo respiro come il Sundance Institute e una filmografia che, in più di un'occasione, ha toccato temi civili e democratici.

Robert Redford, l'affascinante ribelle del cinema

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L’impegno ambientale

 La causa che più di tutte ha segnato la vita di Redford è quella ambientalista. Per oltre cinquant'anni ha collaborato con il Natural Resources Defense Council, si è battuto contro trivellazioni e inquinamento e ha promosso attivamente lo sviluppo delle energie rinnovabili. È stato uno dei primi attori hollywoodiani a parlare pubblicamente di cambiamenti climatici, ben prima che diventasse un tema centrale nel dibattito politico. Con il Sundance Institute, fondato nel 1981, non ha solo lanciato carriere cinematografiche, ma ha anche creato uno spazio di confronto culturale sulle emergenze globali, dando visibilità a film indipendenti che trattano di diritti umani e tutela della natura.

Cinema e impegno civile: i film più significativi

 L’attivismo di Redford si riflette anche nei suoi film. Ne "I tre giorni del Condor" (1975) interpreta un analista della CIA che scopre complotti interni all’agenzia: un thriller che, in piena epoca post-Watergate, rifletteva la sfiducia verso le istituzioni e le derive oscure del potere. Ancora più esplicito è "Tutti gli uomini del presidente" (1976), dove, accanto a Dustin Hoffman, veste i panni del giornalista Bob Woodward. Il film racconta l’inchiesta del Washington Post sullo scandalo Watergate, simbolo di un cinema impegnato e testimonianza della centralità della libertà di stampa. Da regista, Redford ha affrontato temi altrettanto politici. "Gente comune" (1980), il suo esordio dietro la macchina da presa, premiato con quattro Oscar, esplora il dramma di una famiglia segnata dalla perdita e dalla difficoltà di comunicare, introducendo temi di fragilità emotiva e critica al modello perfetto della middle class americana. Lo stesso anno, diretto da Stuart Rosenberg è protagonista di "Brubaker", film sul sistema carcerario americano ispirato a una storia realmente accaduta a Thomas Murton, un criminologo incaricato alla fine degli anni sessanta di riformare il sistema carcerario dell'Arkansas, esperienza dalla quale trasse poi un libro. Con "Leoni per agnelli" (2007), invece, Redford torna esplicitamente alla politica, dirigendo e interpretando un professore universitario in un’opera corale che riflette sull’America post-11 settembre, sulle responsabilità dei governi e sull’apatia delle nuove generazioni.

Prese di posizione e politica

 Parallelamente al cinema, Redford non ha mai nascosto il suo orientamento politico. Da sempre vicino al Partito Democratico, ha sostenuto le campagne di Barack Obama e Hillary Clinton, mentre non ha risparmiato critiche dure alle amministrazioni repubblicane, in particolare a quelle di George W. Bush e Donald Trump, accusate di negare o minimizzare la crisi climatica. Le sue dichiarazioni pubbliche hanno spesso sottolineato l’urgenza di politiche green e la difesa dei diritti civili.

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