Il film uscito originariamente nel 1971 sarà nelle sale dal 14 luglio
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Dopo l’operazione con "Suspiria" del 2024, "4 Mosche Di Velluto Grigio" torna per la prima volta nei cinema restaurato in 4K dal 14 luglio, distribuito da CG Entertainment in collaborazione con Cat People, grazie a Surf Film. Onirico, spietato, ossessionato, istintivo, il thriller cult di Dario Argento vanta un cast con Bud Spencer oltre a Michael Brandon, Mimsy Farmer, Marisa Fabbri, Oreste Lionello e Stefano Satta Flores. Tgcom24 vi offre una clip esclusiva.
Il restauro 4K è stato effettuato dalla Fondazione Cineteca di Bologna, in collaborazione con Surf Film, a partire dal negativo camera originale techniscope e dal negativo suono italiano messi a disposizione da Reel One per conto di Surf Film. L’intervento di color correction è stato realizzato con la supervisione di DoP Luciano Tovoli. Le lavorazioni sono state effettuate presso L’Immagine Ritrovata nel 2020. Restauro realizzato con il contributo del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo. L’opera restaurata è stata presentata alla XXXIV edizione del Festival Il Cinema Ritrovato.
Roberto Tobias (Michael Brandon) è un batterista rock che da qualche tempo è vittima di pedinamento. Una sera, trovandosi faccia a faccia con l’ignoto persecutore, lo affronta e nella colluttazione che ne segue lo pugnala a morte. Ma qualcuno ha assistito alla scena e ha fotografato Tobias. Il musicista, entrato in una spirale di terrore e paranoia, si confida con la moglie Nina (Mimsy Farmer) e con un amico filosofo, “Dio” (Bud Spencer), che lo indirizza a un investigatore privato (Jean-Pierre Marielle).
Uscito in sala nel 1971, "4 mosche di velluto grigio" è il terzo capitolo della cosiddetta trilogia degli animali insieme a “L’uccello dalle piume di cristallo” (1970) e “Il gatto a nove code” (1971). Il film è stato realizzato con la Seda Produzioni del padre di Dario Argento, Salvatore, e una coproduzione francese che ha proiettato il regista nell'empireo del successo oltre confine, arrivando a tempo di record sull'onda della temuta opera seconda ("Il gatto a nove code") e grazie a un'uscita natalizia controcorrente che aveva riscosso un eccellente successo di pubblico. Si tratta anche dell'addio di Argento ai modelli del thriller tradizionale per virare verso un onirismo spinto che qui non si concretizza ancora ma che prenderà forma nel successivo "Profondo rosso" per poi diventare modello di stile da "Suspiria" in avanti.
Il soggetto nasce da un incubo privato (una testa mozzata che rotola nel deserto), da un'inquietudine emotiva che porterà il regista alla separazione con la moglie Marisa Casale. La cinepresa tedesca Pentazet consente a Dario Argento di girare il finale della storia con oltre tremila fotogrammi al secondo per poi creare un effetto "ralenti" nitidezza e inedita emozione per lo spettatore.
Con questo film si stabilizza la struttura tipica del suo cinema, quell'andamento sinuoso, tra effetti brutali, attese dilatate, siparietti umoristici e travolgenti "crescendo" paurosi che rappresentano anche oggi la migliore e più moderna rilettura della costruzione hitchcockiana. Nella migliore tradizione del cinema di Argento il film è una vera partitura musicale: assicurata da Ennio Morricone, ma in origine pensata per i Deep Purple che avevano anche accettato di scrivere la colonna sonora e furono poi abbandonati per ragioni produttive.