L'IA DIVENTA TERAPEUTA

Se l’Intelligenza Artificiale fa anche la psicologa: un giovane su sei la usa ogni giorno per chiedere consigli sul benessere mentale

I chatbot basati sull’IA generativa ormai sono diventati dei veri e propri confidenti virtuali per ragazze e ragazzi: circa un quarto di loro li interpella di frequente per chiedere pareri e suggerimenti circa le proprie vicende di vita privata. Dipendenza e fiducia incondizionata nell'algoritmo sono rischi concreti

08 Mag 2025 - 13:00
 © Italy Photo Press

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Economica (almeno finora), sempre disponibile, non giudicante e (si spera) discreta. L’Intelligenza Artificiale per le nuove generazioni non è solo una “spara-compiti” universale, ma sta assumendo sempre di più anche i contorni di una entità con cui confrontarsi quotidianamente sui problemi della vita.

Per molti il rapporto è quotidiano

A rivelarlo è un'indagine di Skuola.net su un campione di 2.000 giovani tra gli 11 e i 25 anni. Che segnala come il 15% di loro abbia ammesso di utilizzare ogni giorno una delle varie “intelligenze” disponibili - da ChatGPT a Replika, passando per Youper - per confidarsi, sfogarsi e chiedere consigli personali.

Se, poi, estendiamo la platea includendo coloro che hanno un rapporto almeno settimanale con “Chat”- questo ormai il soprannome amichevole con cui le IA vengono chiamate - in funzione di amico-psicologo si sale al 25% del totale.

I motivi che portano sul "lettino" dell'IA

Con un denominatore comune: l’esigenza di ottenere un punto di vista imparziale e, soprattutto, discreto sulla propria situazione. Facilmente accessibile e di fatto sempre operativa, l’IA si propone così come un confidente virtuale che offre suggerimenti e spunti di riflessione, senza pregiudizi. Per questo, complessivamente, 6 giovani su 10 l’hanno provata almeno una volta nella vita in questa veste.

Basta scorrere le principali motivazioni che spingono al suo utilizzo come psicologo per capire perché: il 38% la utilizza proprio perché disponibile in ogni momento, il 31% la interpreta come forma di auto-aiuto che si può gestire autonomamente, il 28% vi ricorre per avere un giudizio obiettivo riguardo la propria condizione.

Ma la lista non finisce qui. A seguire, nella classifica dei motivi per cui si preferisce l’IA all’umano, è la sensazione di sentirsi meno giudicati, come anche di avere meno difficoltà ad aprirsi rispetto a quelle che si avrebbero di fronte ad una persona in carne ed ossa. Quando quest’ultima è alla portata, perché spesso l’IA interviene proprio quando non ci si può permettere un terapista umano.

Benefici e rischi della nuova frontiera

Che rischi o benefici porta questa pratica? La metà di chi ha una consultazione quotidiana (15%) o settimanale con il ChatPsicologo (8%) ritiene che la sua vita sia decisamente (17%) o leggermente (34%) migliorata. Alla peggio le cose sono rimaste invariate (47%). Pochissimi quelli che pensano che il proprio stato mentale sia, purtroppo, peggiorato (2%).

Il pericolo, però, è in agguato. A partire dal possibile sviluppo di una dipendenza: 1 su 3 ha percepito la sensazione di non poter più fare a meno di queste conversazioni. Fino anche alla creazione di veri e propri legami empatici: 1 su 6, sempre tra gli utilizzatori frequenti, dichiara di sentire spesso una connessione emotiva durante le “sedute”, mentre il 38% ammette che può avvenire ma con frequenza più sporadica.

Rischi che, però, potrebbero essere mitigati per quel 16% di utilizzatori frequenti che attualmente associa questa pratica alla frequentazione di un terapista umano. Esperienza che ha fatto in passato il 28% di loro, mentre la metà non ha mai avuto contatto con un professionista in carne ed ossa. Ma il 31%, dopo questa esperienza artificiale, sarebbe disposto a farlo.

E sarebbe forse un bene affiancare l’IA alla I'UI (l'intelligenza umana), perché altrimenti qualcosa potrebbe andare storto. Infatti, il 60% degli utilizzatori frequenti spesso e volentieri ha preferito consultarsi con l’AI che non con amici e familiari, il 6% seguirebbe i consigli "artificiali" ciecamente anche sulle scelte di vita a cui si affianca un 49% che lo farebbe solo se “fosse logico”, a proprio giudizio. Anche perché queste percentuali sono esattamente doppie rispetto a chi non è un habitué della terapia reale.

L'IA può sostituire lo psicologo?

Ma cosa ne pensa il campione, nella sua interezza, della possibilità che un giorno l’IA sostituisca anche gli psicologi? Solo il 7% considera questo uno scenario credibile, mentre il 32% lo ritiene plausibile solo in funzione di pronto-soccorso o primo accesso. Ma basta aver provato un po’ le (presunte) potenzialità del mezzo per cambiare opinione: il 14% degli utilizzatori assidui scommette che presto non ci sarà più bisogno di un terapista umano.

 “Il fenomeno dell’uso dell’intelligenza artificiale in qualità di life coach sta crescendo velocemente ed ha già assunto dimensioni importanti, con una particolare preferenza da parte della componente maschile. Se infatti solo il 9% dei giovani uomini intervistati si rivolge settimanalmente a un terapeuta umano quando si passa al digitale la percentuale sale al 18%: si tratta di un -40% rispetto alle donne riguardo alla terapia tradizionale e un +30% se ci spostiamo in ambito digitale”, commenta così i dati Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net.

“Non va poi sottovalutato - prosegue Grassucci - il rischio di affidarsi a un prodotto digitale che non è stato pensato o testato in ambito clinico per quello specifico scopo, con tutti i possibili effetti collaterali attualmente ignoti che gli utilizzatori eventualmente sperimenteranno sulla propria pelle. Non manca infatti chi sta cominciando a stabilire un legame emotivo e fiduciario coinvolgente e quasi totalizzante con la propria IA di riferimento. Come sempre, inutile vietare o allarmarsi, ma è fondamentale cercare di capire come sfruttare la potenzialità di un mezzo che invece potrebbe essere un valido supporto all’azione coordinata con un terapeuta umano”.

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