I risultati delle prove Invalsi 2025 confermano il peso del background migratorio sulle performance scolastiche. Buoni risultati in Inglese, ma pessimi nelle materie di base
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La scuola può essere uno straordinario acceleratore del processo di integrazione dei cittadini di origine non italiana o un altrettanto potente congelatore delle posizioni di svantaggio competitivo di chi proviene da contesti familiari meno abbienti.
Purtroppo, l’Italia rientra nella seconda casistica, almeno nei grandi numeri. Da noi, infatti, se uno studente proviene da una famiglia di origine straniera, ha più del doppio delle probabilità di non raggiungere le competenze minime attese in Italiano e Matematica. E anche quando ci riesce, impiega comunque quasi due anni in più, rispetto a un coetaneo italiano, per consolidarle pienamente.
Lo dicono i risultati delle Prove INVALSI 2025, secondo cui il background migratorio è uno di quei fattori che più incidono sul ritardo nell’acquisizione delle skill necessarie per definirsi pienamente alfabetizzati: che si nasca in Italia o all’estero, chi ha genitori immigrati ottiene in media risultati molto peggiori nelle materie di base.
Il paradosso è che, in Inglese, quello stesso studente ottiene performance di gran lunga superiori, mostrando una spiccata predisposizione all’apprendimento linguistico rispetto ai pari età italiani. Un punto di forza che, però, da solo non basta per compensare le difficoltà riscontrate negli altri ambiti.
Per gli studenti stranieri aumenta il pericolo di dispersione implicita
Come evidenzia l’analisi condotta da Skuola.net sugli esiti delle INVALSI di quest’anno, a parità di condizioni, gli studenti di origine straniera risultano più penalizzati e maggiormente esposti al rischio di dispersione scolastica implicita, vale a dire il mancato raggiungimento dei livelli minimi di competenza, il Livello 3 in Italiano e Matematica e l’A2 in Inglese.
E la forbice del divario si allarga nei primi anni di scolarizzazione, con le differenze che iniziano a farsi sentire già in seconda elementare. A questa età, gli alunni di prima generazione, ovvero i bambini nati all’estero da genitori immigrati, ottengono risultati inferiori di 19,5 punti percentuali rispetto ai coetanei italiani nella prova di Italiano.
Il divario si riduce, ma solo leggermente, tra gli studenti di seconda generazione, cioè i figli di genitori stranieri ma nati in Italia, che registrano 17,3 punti percentuali in meno.
In Matematica, la distanza per fortuna si accorcia un po’, pur restando significativa: le “prime generazioni” registrano 12,4 punti percentuali in meno, mentre le “seconde generazioni” mostrano un gap leggermente più ampio, pari a 13,1 punti percentuali.
Nel corso della scuola primaria la situazione tende a migliorare
Al termine della scuola primaria, gli alunni stranieri guadagnano un po’ di terreno, riducendo il divario sia in Italiano che in Matematica. Sul primo fronte, gli alunni di prima generazione ottengono risultati inferiori di 15,7 punti percentuali rispetto ai coetanei italiani. Le seconde generazioni, cioè i figli di genitori stranieri nati in Italia, riescono invece a colmare sensibilmente il gap, limitandolo a 9,7 punti percentuali.
Al cospetto della disciplina tecnica, il trend è simile: le prime generazioni registrano un risultato inferiore di 9,8 punti percentuali, mentre le seconde ridimensionano la distanza a 4,9 punti percentuali.
Dall’Inglese, invece, arrivano risultati in controtendenza. Nelle prove di Listening - la comprensione orale - gli studenti di prima e seconda generazione mostrano una netta superiorità. Superando i pari italiani, rispettivamente, di 3,3 punti percentuali e di 6,7 punti.
Ciò non sorprende: come fa notare il Rapporto INVALSI 2025, infatti, vivendo quotidianamente tra due lingue - quella parlata in famiglia e quella utilizzata a scuola - questi studenti sviluppano naturalmente una maggiore predisposizione all’apprendimento linguistico.
Alle medie le difficoltà tornano a farsi sentire
Nel passaggio alla scuola media c’è, però, un nuovo tracollo. I risultati del Grado 8 (terza media) mostrano, per gli studenti di “prima generazione”, un punteggio di 22,6 punti inferiore rispetto ai coetanei italiani, con il divario che può essere tradotto come un ritardo di circa due anni di studio.
Allo stesso modo, le “seconde generazioni”, pur evidenziando un miglioramento rispetto alle prime, presentano anch’esse uno scarto significativo: 13,3 punti in meno, pari a quasi un anno scolastico di differenza.
In Matematica, la forbice si riduce, ma resta significativa. Le “prime generazioni” totalizzano un punteggio inferiore di 13,2 punti, mentre le “seconde generazioni” si fermano a 7,7 punti di ritardo. Primi segnali di recupero, quindi, ma ancora insufficienti per allinearsi ai coetanei italiani.
Al contrario, la prova di Inglese, in particolare quella di Listening (comprensione orale), vede ancora una volta gli studenti con background migratorio in grande vantaggio. Le “prime generazioni” superano i compagni italiani di 7,1 punti percentuali, mentre le seconde generazioni guadagnano addirittura 13 punti, consolidando un vantaggio che cresce con il tempo.
Peccato che le statistiche sulla dispersione scolastica implicita - cioè la quota di studenti che non raggiunge il Livello 3 in Italiano e Matematica o l’A2 in Inglese - restino impietose. Gli alunni di “prima generazione” presentano, infatti, un rischio del 22,5%, quasi il doppio rispetto all’11,6% registrato tra gli studenti italiani.
Per fortuna, c’è un parziale recupero da parte delle “seconde generazioni”, che fanno meglio degli italiani, con la soglia che si attesta al 10,4%.
Alle scuole superiori proseguono le montagne russe
La distanza, infine, tende di nuovo a ridursi alle superiori, ma resta comunque importante. In seconda superiore, gli alunni di “prima generazione” ottengono in media risultati inferiori di 19,2 punti rispetto ai coetanei nativi nella lingua italiana. Per le “seconde generazioni” il gap si attesta a 9 punti.
In Matematica, come del resto nei livelli scolastici inferiori, la situazione è leggermente migliore: le “prime generazioni” si fermano a 8,5 punti in meno rispetto agli “italiani”, mentre per le seconde il divario scende ulteriormente, a 6,4 punti.
Anche in questo ciclo scolastico, l’Inglese rappresenta il punto di forza per gli studenti con background migratorio. Nelle prove di Listening le prime generazioni superano i pari italiani di ben 11,8 punti percentuali, mentre le seconde vantano un margine di 7,1 punti.
Buone notizie, per gli studenti di origine straniera, arrivano anche dal fronte delle competenze digitali - misurate per la prima volta in assoluto nelle prove Invalsi delle classi seconde della scuola secondaria di secondo grado - dove gli studenti stranieri mostrano addirittura una lieve superiorità.
Le “prime generazioni” ottengono risultati migliori di 3,9 punti nell’area della creazione di contenuti digitali, mentre le seconde eccellono in alfabetizzazione su informazioni e dati (+2,4 punti) e sicurezza digitale (+2,9 punti).
Infine, all’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado, la distanza nelle competenze di base si riduce ulteriormente. In Italiano, le prime generazioni si collocano 9,7 punti sotto la media nazionale, le seconde a 8,6. In Matematica, la differenza si assottiglia ancora: -1,6 punti per le prime generazioni e -3,6 per le seconde.
Sulle lingue straniere il background migratorio avvantaggia
Anche qui, alunne e alunni stranieri si dimostrano una spanna sopra in Inglese. In particolare, nella comprensione orale le “prime generazioni” spiccano con un vantaggio di 11,8 punti percentuali rispetto ai coetanei italiani, il risultato più alto registrato tra tutti i gruppi analizzati. Un dato positivo che si mantiene anche tra le seconde generazioni, che superano i pari età “indigeni” di 7,1 punti.
Bisogna quindi attendere l’ultimo anno di scuola per assistere all’inversione di rotta. Con la dispersione scolastica implicita che, addirittura, segna un dato favorevole agli stranieri (o almeno a quelli che resistono): alle soglie del diploma, infatti, le percentuali relative agli alunni di origine migratoria stranieri che non raggiungono i livelli minimi di competenza risultano più basse rispetto a quelle dei compagni italiani.
Tra le “prime generazioni” il tasso si ferma al 7,1%, tra le seconde al 7,3%, contro l’8% registrato tra gli studenti nativi. Un dato, questo, che secondo i risultati delle Prove INVALSI 2025 può essere spiegato con il fatto che gli studenti con background migratorio che riescono a proseguire nel percorso scolastico dimostrano una maggiore motivazione e resilienza, compensando la più alta probabilità di abbandono precoce riscontrata nell’indagine.