Speciale Maturità 2025
Un testo di Cicerone

Maturità 2025, la soluzione della seconda prova al Classico: ecco la versione di latino

Il De Amicitia di Cicerone ha impegnato per tutta la mattina i maturandi del classico: ecco come andava svolto

19 Giu 2025 - 12:30
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© skuola.net  | La traccia della seconda prova di Maturità al Liceo Classico
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La seconda prova scritta della Maturità 2025 per il liceo classico ha messo alla prova migliaia di studenti con una traduzione dal latino tratta dal De Amicitia di Cicerone. Un testo raffinato e impegnativo, ma denso di significato, che ha richiesto concentrazione e solide competenze linguistiche. Ora, con la pubblicazione della soluzione completa, gli studenti possono confrontare il proprio lavoro e chiarire ogni dubbio sulla resa corretta del passo.

Amor enim, ex quo amicitia nominata est, princeps est ad benevolentiam coniungendam.

 

Nam utilitates quidem etiam ab eis percipiuntur saepe, qui simulatione amicitiae coluntur et observantur temporis causa.

 

In amicitia autem nihil fictum est, nihil simulatum et, quidquid est, id est verum et voluntarium.

 

Quapropter a natura mihi videtur potius quam ab indigentia orta amicitia, applicatione magis animi cum quodam sensu amandi, quam cogitatione quantum illa res utilitatis esset habitura.

 

Quod quidem quale sit, etiam in bestiis quibusdam animadverti potest, quae ex se natos ita amant ad quoddam tempus et ab iis ita amantur, ut facile earum sensus appareat.

 

Quod in homine multo est evidentius, primum ex ea caritate, quae est inter natos et parentes, quae dirimi nisi detestabili scelere non potest, deinde, cum similis sensus extitit amoris, si aliquem nacti sumus, cuius cum moribus et natura congruamus, quod in eo quasi lumen aliquod probitatis et virtutis perspicere videamur.

 

Nihil est enim virtute amabilius, nihil quod magis adliciat ad diligendum, quippe cum propter virtutem et probitatem etiam eos, quos numquam vidimus, quodam modo diligamus.

 

L’amore, infatti, da cui l’amicizia ha tratto il nome, dà il primo impulso ai rapporti di benevolenza.

 

Senza dubbio si ottengono spesso vantaggi anche da coloro che, con una simulazione dell'amicizia, vengono onorati e rispettati per compiacenza.

 

Ma nell'amicizia non c'è nulla di finto, nulla di simulato, tutto ciò che c'è è vero e spontaneo.

 

Perciò mi sembra che l'amicizia sia sorta dalla natura piuttosto che dal bisogno, per un'inclinazione dell'animo unita a un certo sentimento d'amore più che per il calcolo di quanta utilità avrebbe avuto.

 

Di quale natura sia questa tendenza si può senz’altro osservare anche in alcuni animali, i quali, fino a un certo momento, amano così tanto la loro prole e ne sono amati così tanto, che il loro sentimento è facilmente visibile.

 

Ma questo è molto più evidente nell'uomo, in primo luogo, da quell’affetto che c’è tra figli e genitori, che non può essere distrutto se non da un crimine esecrabile, in secondo luogo, quando sorge un simile sentimento d'amore, se incontriamo qualcuno con le cui abitudini e con il cui carattere concordiamo, poiché in lui ci sembra di scorgere, per così dire, una sorta di luce di rettitudine e virtù.

 

Non c'è infatti nulla di più amabile della virtù, nulla che induca di più ad amare, poiché a causa della loro virtù e rettitudine in certo modo amiamo persino coloro che non abbiamo mai visto.

Comprensione/intepretazione

Nel testo proposto, Cicerone, per bocca di Lelio, offre argomenti per contrastare un’interpretazione utilitaristica dell’amicizia: si ripercorra il ragionamento, evidenziando, con motivato giudizio, le tappe che si ritengono più significative per il suo sviluppo. Cicerone non nega il fatto che un vincolo di amicizia comporti dei vantaggi per chi lo possiede, ma confuta il principio che esso sia la causa per cui tale sentimento è nato. Dice infatti che è l’amore, da cui deriva il nome stesso di amicizia, ciò che porta a stabilire la benevolenza tra gli esseri umani. Si possono senza dubbio trarre vantaggi anche da un’amicizia simulata, che però, in quanto tale, non è vera amicizia, poiché essa non solo è aliena da ogni finzione ma è anche interamente vera e spontanea.

Pertanto, secondo l’Arpinate, sebbene arrechi innegabili vantaggi, l’amicizia non nasce dal bisogno e dal calcolo, ma scaturisce naturalmente dall’animo umano. A riprova di tale affermazione si presenta l’esempio degli animali che amano la loro prole e da essa sono amati in modo del tutto manifesto. Si tratta di un’osservazione fondamentale poiché gli animali non conoscono di certo il calcolo e non possono agire per interesse. Tuttavia, nell’essere umano ciò è ancora più evidente perché, se anche tra gli uomini esiste il sacro vincolo tra genitori e figli, che può essere reciso solo in casi gravissimi, essi costruiscono legami anche con coloro nei quali scorgono una chiara affinità, quando vi vedono un esempio di rettitudine e di virtù.

È appunto la virtù il vero principio dell’amicizia, poiché nulla più di essa è amabile e spinge ad amare, a tal punto che possiamo provare affetto anche per coloro che mai abbiamo visto, purché in essi sia possibile riconoscere la rettitudine e la virtù. Poiché da coloro che non conosciamo non possiamo trarre alcun vantaggio, è questo l’argomento ultimo che dimostra come l’amicizia sorga da una comunione di intenti virtuosi e non dal mero interesse. 

Analisi linguistica e/o stilistica

Si individuino alcune delle soluzioni stilistiche e/o lessicali del testo che sembrano maggiormente contribuire a rendere lo spessore morale attribuito da Lelio all’amicizia,
motivando le proprie scelte.

L’ampio e chiaro periodare tipico della prosa ciceroniana accompagna e guida il lettore nel ragionamento di Lelio fino alla dimostrazione della natura disinteressata dell’amicizia, anche attraverso un abbondante uso di connettivi e del nesso relativo. È senz’altro degno di nota il largo impiego dell’antitesi e delle strutture antitetiche: simulatum si oppone a verum e voluntarium, natura a indigentia, adplicatione cum quodam sensu amandi a cogitatione e quantum utilitatis.

Risultano poi centrali termini, in alcuni casi presenti in poliptoto, che fanno riferimento alla sfera semantica dell’amore e dell’affetto quali amo, amor, diligo e caritas. Il ragionamento culmina nell’affermazione che è la virtù il vero motore dell’amicizia: il termine è ripetuto tre volte in poliptoto e la sua importanza è rimarcata dall’anafora di nihil e dalla disposizione chiastica “probitatis et virtutis / virtutem et probitatem” che la accosta all’altro elemento costitutivo del vero vincolo di amicizia. Si noti infine la variatio in “ex ea caritate” e “cum similis sensus exstitit, si aliquem nacti sumus” volta a corroborare l’origine naturale dell’amore, proprio anche degli animali, e allo stesso tempo a mettere in luce che tale sentimento ha nell’uomo una diversa dignità poiché è inscindibile da quel “lumen aliquod probitatis et virtutis” che si scorge nell’amico.

Approfondimento e riflessioni personali

Si individuino alcune delle soluzioni stilistiche e/o lessicali del testo che sembrano maggiormente contribuire a rendere lo spessore morale attribuito da Lelio all’amicizia,
motivando le proprie scelte. Tra i numerosi esempi di vincoli di amicizia offertici dalla cultura greca e romana emergono in primo luogo Achille e Patroclo, i primi veri amici della letteratura occidentale, il cui vincolo ha lo sfondo drammatico e cruento della guerra di Troia, così come altrettanto penoso è il contesto del legame di Eurialo e Niso. È tale il debito di gratitudine nei confronti di Piritoo, che Teseo lo accompagna nell’impresa, di certo non molto ben ponderata e dall’esito prevedibilmente catastrofico, della conquista dell’amore di Persefone, regina degli Inferi. Anche Oreste e Pilade sono un esempio, riportato peraltro dallo stesso Cicerone in un altro passo del De amicitia, di un sentimento disinteressato e disposto al sacrificio per il bene dell’altro.

La presenza di miti in una cultura è chiaramente l’indizio della diffusione di un modus vivendi e di un modello di comportamento insiti nel contesto stesso che li produce, come possiamo constatare, tra gli altri, nelle riflessioni di Platone, di Aristotele e di Plutarco. Ancora Cicerone, oltre che nel dialogo oggetto di analisi, ci testimonia attraverso il suo epistolario l’importanza che attribuisce concretamente all’amicizia, in primo luogo nei confronti di Attico, a cui non manca mai di scrivere e di rivolgersi per ogni genere di questioni. L’Arpinate dunque, pur non essendo estraneo alla ricerca di relazioni fondate sull’interesse, ebbe con gli amici legami sinceri, di un tipo simile a quello auspicabile nel mondo odierno. L’amicitia tra esseri umani e quindi tra popoli e senz’altro il termine ultimo a cui si dovrebbe aspirare, purché tale cammino sia scevro di ottusità e di inganni e abbia come fine sincero l’armonia tra tutti gli esseri viventi. Se siffatti pensieri erano già diffusi tra gli antichi, basti pensare allo stoicismo, all’epicureismo e di nuovo a Plutarco, nulla impedisce a noi moderni di ergerli ad esempio per mirare a un’ aurea aetas di pace e rispetto reciproco.

Soluzione a cura di
Natalia Manzano
Insegnante di Latino su Ripetizioni.it

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