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Le ragazze hanno voti più alti dei ragazzi? Potrebbe esserci l'aiutino (inconsapevole) dei prof e degli "stereotipi di genere"

È quanto mostra uno studio dell’Università di Trento recentemente apparso sul British Journal of Sociology of Education

Le ragazze hanno voti più alti dei ragazzi? Potrebbe esserci l’aiutino (inconsapevole) dei prof e degli "stereotipi di genere" - foto 1
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Dati alla mano, le ragazze battono i ragazzi sui principali indicatori di istruzione sia a livello nazionale che europeo: si laureano in percentuali maggiori rispetto ai colleghi dell’altro sesso, mentre la dispersione scolastica registrata tra le donne è inferiore rispetto agli uomini.Un “gender gap” rovesciato, che si ritrova anche nelle valutazioni dei docenti italiani che, a parità di condizioni di partenza, tendono ad assegnare voti più alti alle ragazze rispetto ai loro colleghi maschi.

E’ quello che, contrariamente a quanto poi avviene nel mondo del lavoro, va quotidianamente in scena nelle scuole superiori italiane. Contribuendo ad appianare le differenze di rendimento che altri indicatori vorrebbero in alcune materie ma anche ad aumentare il divario tra i due universi nelle discipline in cui le femmine spiccano di loro, senza bisogno dell’aiutino esterno. Una sorta di tentativo di “risarcimento” per il cattivo trattamento che la società riserva anche alle giovani donne. Ma anche l’ennesima dimostrazione di come gli stereotipi di genere siano ancora ben radicati nelle nostre menti. E’ la conclusione a cui è arrivato uno studio effettuato da un team di ricercatori dell’Università di Trento, guidato dalla sociologa Ilaria Lievore, recentemente pubblicato sul British Journal of Sociology of Education. A riportarne i tratti salienti è il sito Skuola.net.

 

Voti a scuola “falsati” dagli stereotipi?

 

Due i parametri di riferimento utilizzati per l’analisi, che ha preso a campione circa 39.000 alunni iscritti al secondo anno delle scuole superiori negli anni scolastici 2015-2016 e 2016-2017. Da un lato le prove INVALSI che, in quanto test standardizzati (uguali per tutti), possono dare un quadro di riferimento affidabile dei livelli degli apprendimenti medi della globalità degli studenti. Dall’altro, i voti medi effettivamente attribuiti in classe dai professori, con un focus sulle materie chiave Matematica e Lingua. Facendo emergere una dinamica non trascurabile.

 

Secondo i risultati degli INVALSI, infatti, i ragazzi sono più bravi nella disciplina tecnica, le ragazze in quella umanistica. Ma, in classe, la situazione cambia: il voto medio in lingua è di 6.2 per i ragazzi è 6.6 per le studentesse, confermando il loro vantaggio; mentre in matematica i rapporti di forza si invertono, con i maschi che ottengono una media di 5.9 mentre le ragazze arrivano a 6.3. E in generale, a parità di livello di competenze, le femmine ricevono, in media, voti più alti rispetto ai ragazzi. Non è una legge ma è  quasi sicuro che accada.

 

Involontarie differenze di genere a scuola 

 

Ovviamente, questo comportamento non dipende da una volontà preordinata di favorire le ragazze. Ma, secondo i ricercatori, potrebbe essere il frutto di una serie di variabili sociali che investono il mondo della scuola e che influenzano gli esiti delle valutazioni degli insegnanti. Che, in alcuni casi, fanno rientrare dalla finestra proprio gli stereotipi di genere. Come quella che in sociologia viene chiamata “teoria delle aspettative”: i docenti potrebbero avere percezioni distorte dei talenti relativi di genere, specie per le materie scientifiche, che potrebbero portarli a pensare la matematica sia più difficile per le ragazze che, comportando una distorsione della valutazione, con un "premio" o una "penalità" collegata a stereotipi di genere dominanti. Più o meno quello che innescano, secondo altri studi, il background etnico degli studenti e al background socio-economico, che portano a favorire rispettivamente gli studenti stranieri e i meno abbienti. Da qui la principale delle conclusioni del gruppo di lavoro: è più probabile che gli insegnanti valutino le studentesse in modo più generoso rispetto agli studenti maschi che hanno gli stessi punteggi dei test standardizzati; nella loro mente per incoraggiarle.

 

Una valutazione totalmente neutra da parte dei docenti? Quasi impossibile

 

Dopodiché c’è da considerare anche un fattore individuale, sempre derivante da stereotipi di genere e afferente alla “teoria delle aspettative”, stavolta però connotando le ragazze con caratteristiche positive. Il pensare comune, infatti, vorrebbe molto più motivate, più desiderose di imparare, più ben educate rispetto ai ragazzi. A questo, restando sugli approcci personali al giudizio, si allaccia l’identikit del docente.

 

E’ la cosiddetta teoria della "minaccia stereotipata" a spiegarlo, laddove segnala che la somiglianza tra le caratteristiche demografiche degli studenti (come il genere) e quelle dei loro insegnanti migliora la comunicazione e la comprensione reciproca tra insegnante e studente. Il che potrebbe portare gli insegnanti a premiare inconsciamente modi di comportarsi simili ai loro. E visto che la classe insegnanti italiani è sbilanciata verso la componente femminile, seguendo la filosofia della ricerca, è facile immaginare perché le studentesse ricevano spesso un trattamento migliore in termini di giudizio.

 

Gli elementi che potrebbero influenzare il giudizio dei docenti

 

Gli autori dello studio, infine, introducono altre caratteristiche secondarie che però potrebbero avere un ruolo nell’assegnazione dei giudizi. Molto di più del tipo di indirizzo scolastico e del territorio di riferimento. Una di queste prende in considerazione le caratteristiche della classe, avanzando diverse teorie. L’ipotesi “strutturale”, ad esempio, sostiene che la valutazione a favore delle ragazze potrebbe essere direttamente proporzionale alla numerosità degli alunni per classe: aule più affollate impedirebbero di far emergere le individualità, aprendo le porte agli stereotipi di cui si è parlato; aule più piccole, al contrario, permetterebbero di giudicare più approfonditamente i singoli, riducendo il gap. L’ipotesi “compositiva”, invece, ci dice che una variabile importante possa essere la condizione socio-economica degli studenti: più questa è omogenea più il divario si riduce, e viceversa. Così come un ruolo può giocarlo la rappresentanza di genere: dove la percentuale di studentesse è maggiore, le differenze nella valutazione sono minori.

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