Sono raddoppiati in un anno gli studenti che dichiarano di utilizzare ChatGPT ma il 57% ammette di non saper spiegare cosa significa lavorare negli ambiti della “doppia transizione”
© Elis
Che le nuove generazioni tengano all’ambiente più delle vecchie è risaputo. Che siano abituate a fare ricorso all’IA in misura sempre maggiore anche. Non sono solo sensazioni, lo confermano i dati dell’ultima indagine “Dopo il Diploma”, realizzata da Skuola.net, portale di riferimento per il mondo studentesco, ed ELIS, realtà no profit che forma persone al lavoro.
Sulla base delle risposte date dai 2.500 studenti di scuola superiore intervistati, la ricerca ha rilevato, ad esempio, un aumento di quasi il 60% nell’uso di strumenti basati sull’intelligenza artificiale rispetto ai dati raccolti solamente dodici mesi prima: la quota di giovani che dichiara di avvalersene, oggi, raggiunge il 51%. Più in generale, oltre la metà (52%) ritiene fondamentale maneggiare le competenze digitali per avere un avvenire lavorativo soddisfacente. E circa un terzo (32%) pensa lo stesso riguardo ai saperi collegati alla sostenibilità ambientale.
Manca ancora la "cultura" della transizione
Questo approccio, però, rischia di non tradursi poi in un reale vantaggio competitivo dal punto di vista professionale. Oltre la metà di loro (57%) ammette, infatti, di non saper spiegare con precisione cosa significhi lavorare nell’ambito della cosiddetta “doppia transizione”, ossia quella che fa perno, appunto, sullo sviluppo sia delle nuove tecnologie che dell’introduzione della filosofia “green” nei processi produttivi.
Un vero peccato, perché l’84% degli studenti raggiunti dall’indagine sarebbe pure consapevole che la digitalizzazione e la sostenibilità, messi assieme, saranno i pilastri sui quali si costruiranno gli scenari economici – e quindi occupazionali – del futuro. Con il 77% che si dimostra addirittura interessato a una carriera nei settori che compongono i cosiddetti megatrend.
I settori più lanciati
I preferiti, nell’ordine, attualmente risultano: Intelligenza Artificiale e Cybersecurity (19%), Space Economy (18%), Green Economy (16,2%), Blue Economy (13,5%), Agritech e Agrifood (9%).
Solo il restante 23% del campione non prenderebbe mai e poi mai in considerazione uno di questi comparti. Il che lancia un segnale chiaro: i giovani sono interessati ai grandi cambiamenti in corso, ma hanno ancora bisogno di strumenti per comprenderli e tradurli in scelte concrete.
Senza girarci troppo intorno, c’è bisogno soprattutto di maggiore accompagnamento in ambito scolastico: è paradossale che mentre il mondo “fuori” discute sulla cosiddetta twin transition, “dentro” questi argomenti siano latitanti.
La scuola potrebbe e dovrebbe fare di più
Le ragazze e i ragazzi raggiunti dall’Osservatorio lo confermano: il 54% degli studenti delle superiori non è mai stato stimolato da parte dei docenti a imparare a usare l’Intelligenza Artificiale in classe. Mentre la maggior parte di coloro che l’hanno utilizzata per compiti ed esercizi, laddove in teoria non era consentito, l’hanno fatta franca perché i prof non si sono minimamente accorti dell’imbroglio, forse proprio per carenza di preparazione di questi ultimi.
Di conseguenza, solo una piccola parte degli insegnanti sembra aver deciso di non ignorare la rivoluzione in atto: appena l’11% degli studenti delle superiori viene spronato spesso e volentieri dai docenti a usare in maniera critica ed efficace l’IA.
E, forse proprio perché manca una vera conoscenza dello strumento, ecco che l’IA viene vista dai più come una lama a doppio taglio: il 60% degli studenti teme che possa ridurre le opportunità lavorative per gli esseri umani. Allo stesso tempo, però, l’80% di loro vorrebbe che a scuola si insegnasse a utilizzarla, in maniera obbligatoria o facoltativa.
Le competenze trasversali restano fondamentali
L’attenzione al digitale non distoglie, peraltro, lo sguardo delle nuove generazioni su altre abilità giudicate fondamentali per ogni ambito. Su tutte, le competenze trasversali – le ormai note soft skills: adattabilità, problem solving, predisposizione al lavoro di squadra, ecc – che per ben il 70% dei partecipanti all’Osservatorio risulteranno la chiave del successo nel trovare lavoro.
Da non sottovalutare, infine, le skills pratiche, che si possono sviluppare “sporcandosi le mani”, facendo materialmente un lavoro. Le mette nel paniere delle competenze da curare il 38% degli intervistati. Fortunatamente, e a dispetto di una narrazione (degli adulti) che guarda con poca fiducia la generazione Zeta, il pragmatismo delle ragazze e dei ragazzi è dunque un fattore che pervade spesso e volentieri la loro marcia di avvicinamento al futuro.
I "lavoretti" tornano di moda, ma spesso con un volto nuovo
Un dato, su tutti, lo evidenzia: oltre uno su due (52%) ha già fatto “prove tecniche di lavoro” durante gli studi, dandosi da fare per guadagnarsi i primi soldi in autonomia, attraverso lo svolgimento di attività professionali, anche durante l’anno scolastico (23%) o nei periodi di sospensione della didattica (29%). Anche in questo caso, con una certa dose di innovazione: il 9% dei “baby lavoratori” si è già cimentato con settori che ruotano attorno al digitale: e-commerce, creator economy, trading e così via.