La prima indagine nazionale sul tema conferma che la Gen Z padroneggia con successo le risorse digitali. Ma non ovunque: secondo gli esiti delle Prove Invalsi 2025, un ragazzo che frequenta la scuola in Trentino o Friuli ha, in media, un vantaggio di circa 15 punti percentuali nelle competenze digitali rispetto a un coetaneo del Sud
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Altro che doomscrolling. Forse non eccellono in italiano e matematica, ma, in compenso, i nostri studenti dimostrano di avere una buona familiarità con gli strumenti digitali e di saperli utilizzare con cognizione di causa. Più di 8 su 10, infatti, sanno orientarsi con sicurezza tra motori di ricerca e social network, usando le piattaforme non solo per comunicare o divertirsi, ma anche per creare contenuti, proteggere i propri dati personali e gestire con consapevolezza la propria identità digitale.
Segno distintivo di una generazione “smanettona” - nel senso migliore del termine -, sempre più a proprio agio nel mondo virtuale e capace di trasformare la dimestichezza con i device in vera e propria digital literacy.
Il primo monitoraggio sul tema restituisce dati incoraggianti
Un debutto incoraggiante, dunque, per la nuova prova Invalsi (sperimentale) ispirata al framework europeo DigComp 2.2, che misura le abilità digitali considerate ormai fondamentali per la cittadinanza attiva e l’inclusione sociale. A segnalarlo è il portale Skuola.net, che ha esaminato i risultati della prova, per la prima volta in assoluto somministrata nel 2025 agli studenti di seconda superiore (Grado 10).
La vera buona notizia è che, nel complesso, ragazze e ragazzi mostrano un livello almeno intermedio di competenze digitali in tutte e cinque le aree della digital literacy: gestione delle informazioni, comunicazione, creazione di contenuti, sicurezza e problem solving (quest’ultima, essendo trasversale, è stata analizzata attraverso le altre competenze digitali).
Le performance migliori si registrano nell’alfabetizzazione su informazioni e dati (89,1%) e nella comunicazione e collaborazione online (90,7%), seguite dalla creazione di contenuti digitali (84%) e dalla sicurezza in rete (85%). E più della metà degli studenti, inoltre, si colloca già a un livello avanzato nelle prime due aree, segno di una generazione sempre più capace di orientarsi e interagire nel mondo digitale.
L'indirizzo scolastico può fare tanta differenza
Non tutte le scuole, però, viaggiano alla stessa velocità nella corsa alle competenze digitali. Il gap non nasce soltanto dal diverso accesso alla tecnologia, ma affonda le sue radici anche nel contesto formativo, nella qualità degli strumenti didattici e nel modo in cui la scuola riesce a integrare il digitale nelle proprie pratiche quotidiane.
Disaggregando il dato medio, emergono infatti differenze nette tra i vari indirizzi scolastici. I risultati migliori si registrano nei licei classici, scientifici e linguistici, dove quasi sei studenti su dieci raggiungono addirittura il livello avanzato in alfabetizzazione digitale e comunicazione online. Mentre nell’area creazione di contenuti e sicurezza si registra un buon 50% di studenti che ne sanno di più della media.
Negli altri licei e negli istituti tecnici, invece, le percentuali calano leggermente, ma restano vicine alla media nazionale: almeno 1 studente su 3 raggiunge la soglia intermedia in tutte le aree, con un exploit nelle aree di creazione dei contenuti digitali e sicurezza, in cui la maggior parte degli studenti raggiunge almeno la soglia intermedia.
Ben diversa, invece, la situazione negli istituti professionali. Qui oltre un quarto degli studenti si ferma al livello base in tutte le aree di competenza, con punte del 31% nella sicurezza e del 30,7% nella creazione di contenuti digitali.
Al Nord si viaggia su performance ancora più elevate
Un’altra buona notizia è che, in generale, in nessuna regione italiana si scende al di sotto di un livello intermedio di conoscenze. Inevitabilmente, però, come già accade per le prove di Italiano e Matematica, anche su questo fronte lo Stivale si presenta spaccato in tre.
Nel Nord Ovest e nel Nord Est le percentuali di studenti che raggiungono almeno il livello intermedio nelle quattro aree della competenza digitale superano la media nazionale. Nell’alfabetizzazione su informazioni e dati, oltre il 90% degli studenti del Nord Est e circa l’88-89% di quelli del Nord Ovest raggiunge il livello intermedio.
Le regioni più performanti sono il Trentino-Alto Adige - in particolare la provincia di Trento - e il Friuli-Venezia Giulia, le uniche a registrare mediamente livelli avanzati anche nelle aree più complesse, come la creazione di contenuti digitali e la sicurezza. Ottimi risultati anche per Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte, tutte costantemente sopra la media nazionale in ciascuna area di competenza.
Nel Centro Italia i valori risultano sostanzialmente in linea con il quadro generale del Paese: in Toscana, Lazio, Umbria e Marche tra l’84% e l’86% degli studenti raggiunge almeno il livello intermedio in tutte le aree. Si potrebbe dire che le regioni centrali presentino quindi un profilo “medio-alto”: solide nell’alfabetizzazione digitale e nella comunicazione, ma con risultati leggermente inferiori (intorno all’80-82%) nella creazione di contenuti e nella sicurezza.
Decisamente più in affanno il Mezzogiorno, dove la quota di studenti che raggiunge almeno il livello intermedio si riduce sensibilmente. In Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna la percentuale oscilla tra il 77% e l’80% per alfabetizzazione e comunicazione, e scende fino al 70-73% nelle aree di creazione di contenuti e sicurezza digitale.
Tradotto: un ragazzo che frequenta la scuola in Trentino o Friuli ha, in media, un vantaggio di circa 15 punti percentuali nelle competenze digitali rispetto a un coetaneo del Sud.
Lo status socio-economico si conferma una variabile importante
A pesare su questo divario non è solo il diverso livello di accesso alle infrastrutture tecnologiche delle scuole, ma sono anche e soprattutto le differenze culturali, economiche e formative.
Perché dove la scuola investe in didattica digitale integrata, i risultati migliorano; ma gli apprendimenti non sempre dipendono da ciò che si fa in classe. Secondo le Invalsi, qui entrano in gioco molti fattori esterni, a partire dal background socio-economico e culturale delle famiglie.
Ecco perché il rapporto, nell’analisi di tutte le competenze maturate dagli studenti, dalla quinta primaria in poi, si concentra anche sullo status socio-economico della famiglia di origine. E lo fa misurando l’indice ESCS (Economic, Social and Cultural Status): più questo è elevato e più si ottengono risultati migliori, in particolare nelle aree di comunicazione e sicurezza. Nel gruppo con livello ESCS più basso, invece, solo poco più di un terzo arriva al livello avanzato, mentre nel gruppo più avvantaggiato si sale fino al 50-60%.
Gli altri fattori che mischiano le carte
C’è, poi, anche una questione di genere. I ragazzi, tradizionalmente più inclini all’utilizzo della tecnologia (pensiamo solo ai videogiochi), risultano mediamente più competenti, tranne nell’area di comunicazione e collaborazione, dove le ragazze vantano un piccolo vantaggio di circa tre punti.
E, ancora, incide anche il fattore migratorio: sorprendentemente, gli studenti di prima generazione immigrata mostrano punteggi superiori nella creazione di contenuti digitali (+3,9 punti) rispetto ai coetanei di origine italiana, mentre quelli di seconda generazione primeggiano in alfabetizzazione e sicurezza.
Infine, i risultati sono correlati, in minima parte, anche agli esiti delle altre prove: in media, chi va bene in Italiano va bene anche nel digitale. Per ogni punto in più ottenuto nella prova di Italiano, il punteggio nelle competenze digitali cresce di 0,3 punti; in matematica, di 0,2.