La Generazione Z sembra percepire gli sbagli più come una risorsa per migliorare che come un problema. Ne è convinta ben la metà dei partecipanti a una ricerca svolta da Skuola.net insieme a Tipp-Ex. Uno studio che, tuttavia, evidenzia una certa inerzia di scuole e famiglie nel sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda
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Un tempo in Italia - e forse ancora oggi - l’errore era sinonimo di fallimento, da evitare a tutti i costi. Un modo di pensare che ha condannato il nostro Paese a una scarsa innovazione, mentre altrove si diffondeva la cultura del ‘fail fast’, che ha fatto la fortuna delle startup a stelle e strisce.
Ma qualcosa, oggi, sta cambiando, soprattutto fra le nuove generazioni: circa la metà (42%) dei giovani studenti che attualmente popolano le nostre aule, infatti, riconosce che sbagliare, per quanto doloroso, possa avere un valore positivo.
A segnalarlo è una ricerca condotta da Skuola.net - portale di riferimento per il mondo dell’istruzione - in collaborazione con Tipp-Ex - storico marchio del gruppo BIC specializzato in prodotti per la correzione - interpellando 2.500 alunni di scuole superiori e università.
Lo sbaglio dispiace ma stimola a fare meglio
In particolare, il 32% degli intervistati descrive l’errore come “frustrante ma utile”, mentre un altro 10% lo interpreta come uno stimolo concreto a fare meglio. Solo il 22% lo vede ancora come un fallimento senza alcun aspetto positivo, mentre appena il 9% lo percepisce come un’esperienza da evitare a tutti i costi. Il restante 26% del campione, infine, ha un atteggiamento variabile, che può mutare in funzione del tipo di sbaglio o del contesto in cui viene commesso.
Questo, in parte, accade perché le ragazze e i ragazzi si trovano a interagire con adulti che sono perlopiù ancora ancorati alla vecchia mentalità dell’errore da stigmatizzare, cosicché la Generazione Z non riesce a trovare una sponda altrettanto ampia in ambito scolastico o familiare, specialmente quando si affrontano questioni didattiche.
La scuola alimenta l'ansia da prestazione
Di conseguenza, sempre una metà degli studenti (45%) racconta che quando sbaglia a scuola o all’università si sente agitato e sotto pressione. E a loro si affianca un ulteriore 22% che, di fronte a un “passaggio a vuoto”, tende addirittura a demotivarsi, faticando a riprendere slancio. Più in generale, quasi 8 ragazzi su 10 dichiarano di aver provato più di una volta ansia o disagio in seguito a un errore accademico.
Anche qui, peraltro, i vecchi retaggi tendono a farsi ancora sentire. Come quello legato al genere: le ragazze si sentono quasi “obbligate” a far meglio dei ragazzi, per cui questi fenomeni sono molto più diffusi tra loro (82%) che non nella componente maschile (63%).
Ma non è comunque da sottovalutare che la scuola e la famiglia stanno cercando di tenere il passo di questa rivoluzione gentile - con la g minuscola - invocata dalla Gen Z, che si contrappone a quella rigorosa riforma Gentile - con la G maiuscola, dal nome dell’allora Ministro dell’Istruzione - che ancora fa sentire la sua influenza sul nostro sistema didattico, nonostante sia passato un secolo.
Anche le cose fatte bene andrebbero sottolineate
Ma, va detto, c’è ancora molto da fare: solo il 34% degli studenti intervistati si sente spesso e volentieri sostenuto dai propri docenti a migliorarsi, accettando anche le cadute; mentre solo il 29% può godere del supporto incondizionato dei propri genitori anche in caso di errori.
Molti di più - ben il 76% degli intervistati - vorrebbero invece che, così come vengono evidenziati gli sbagli, gli venissero sottolineati pure i successi, se non sempre almeno ogni tanto.
L'errore non si nasconde
Ecco perché, in attesa che gli adulti incoraggino gli errori senza stigmatizzare, accompagnando gli studenti a imparare da essi, gli “zedders” hanno avviato in autonomia questo cambio di mentalità, partendo proprio dai banchi di scuole e università.
In tanti, infatti, quando si accorgono di aver commesso un errore (su carta), per aggiustare il tiro utilizzano prevalentemente strumenti che permettono di trasformare lo sbaglio in una nuova ripartenza, prendendo solo il meglio dell’esperienza precedente ma senza cancellarne gli aspetti negativi (anche nel percepito del docente).
Così, quando si chiede agli studenti di indicare quali sono i metodi più diffusi in caso di “inciampo”, se il 65% si limita a barrare il testo, il 42% usa un moderno correttore a nastro, il 38% una gomma da cancellare, il 32% il vecchio bianchetto in vernice (a penna o in flacone).
La mentalità è cambiata
“Le nuove generazioni sono molto più esposte rispetto al passato all’ansia da prestazione a scuola, come del resto avviene nello sport e sui social: 9 su 10 la percepiscono in maniera tangibile nel loro quotidiano. Ma la loro reazione è rivoluzionaria, specie se raffrontata alla mentalità tipica italiana: invece di flagellarsi per l’errore o viverlo come uno stigma da evitare a tutti i costi, preferiscono usarlo come lezione per ripartire”, così Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net.
“Con Tipp-Ex vogliamo aiutare i ragazzi a vivere l’errore con serenità e leggerezza, trasformandolo in un’occasione di crescita. L’errore non è un fallimento, ma un passaggio naturale del percorso di apprendimento: correggerlo con semplicità, e magari con un pizzico di ironia, significa imparare a guardarlo con occhi nuovi e a ritrovare fiducia in sé stessi”, così Giada Canestrelli, Marketing Manager BIC Italia.