Dopo l'annuncio di Trump, che ha deciso di applicare un dazio del 30% alle importazioni europee, ecco quali sono gli scenari
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Dal 1° agosto 2025, i nuovi dazi Usa del 30% sui prodotti europei, annunciati dal presidente Donald Trump per bilanciare lo "squilibrio commerciale", potrebbero colpire duramente l’economia dell’Unione Europea. Con scambi commerciali tra Ue e Stati Uniti pari a 1.680 miliardi di euro nel 2024, i settori strategici e i Paesi più esposti temono ripercussioni pesanti. La Commissione europea, in un comunicato, ha dichiarato: “Rimaniamo pronti a continuare a lavorare per raggiungere un accordo entro il 1 agosto. Allo stesso tempo, adotteremo tutte le misure necessarie per tutelare gli interessi dell’Ue”. Ma quali sono i settori e i Paesi più vulnerabili?
L’Irlanda, con un surplus commerciale verso gli USA di 86,7 miliardi di dollari, è il Paese Ue più esposto. Grazie a un regime fiscale vantaggioso (tasse al 15% contro il 21% degli Usa), il Paese ospita colossi farmaceutici come Pfizer e Johnson & Johnson, oltre a giganti tech come Apple e Google. Questi settori, che generano gran parte del surplus, sono ora a rischio.
La Germania, con un surplus di 84,8 miliardi di dollari, dipende fortemente dalle esportazioni di automobili, macchinari e acciaio. Un dato che evidenzia la vulnerabilità della prima economia europea. Il cancelliere Friedrich Merz ha sottolineato l’importanza di proteggere questi comparti nei negoziati con gli Usa.
La farmaceutica, che rappresenta il 22,5% dell’export Ue verso gli Usa nel 2024, è per ora esentata dai dazi. Tuttavia, il settore resta cauto: molte aziende stanno potenziando la produzione negli Stati Uniti per ridurre i rischi, chiedendo all’Ue regole più flessibili per competere globalmente.
L’industria automobilistica europea, con 750.000 veicoli esportati negli USA per 38,5 miliardi di euro nel 2024, è tra le più colpite. In particolare per i brand tedeschi: Mercedes, ad esempio, realizzano un quarto del suo fatturato negli Usa, mentre Volkswagen ha già subito cali nelle consegne dopo i precedenti dazi.
L’industria aeronautica europea è già gravata da dazi del 25% su acciaio e alluminio e del 10% sugli aerei. E ora rischia ulteriori rincari. Airbus, che compete con Boeing, teme un aumento dei costi di produzione e una frenata degli ordini transatlantici.
Il settore dei cosmetici, guidato da colossi come L’Oréal, è a rischio: gli USA rappresentano il 38% del fatturato 2024 del gruppo. E l’importazione di profumi e cosmetici di brand europei potrebbe subire rincari, spingendo verso una produzione locale o aumenti dei prezzi al consumo.
Il settore del lusso è vulnerabile. Ad esempio, LVMH che genera un quarto del suo fatturato negli Usa (e il 34% dei ricavi proviene da vini e liquori del gruppo). Hermès, che ha già assorbito dazi precedenti alzando i prezzi, con un aumento del 30% potrebbe perdere clientela.
L’agroalimentare, specialmente italiano e francese, potrebbe subire i danni maggiori. Coldiretti avverte: i dazi porterebbero rincari del 45% sui formaggi, 35% sui vini e 42% su conserve. E anche la viticoltura francese, che ha un export da 3,8 miliardi di euro, lancia l’allarme.