Una occasione per l'Italia e la Ue di diventare il nuovo polo di riferimento in questa tecnologia salvavita. Ma sono necessari maggiori investimenti
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Sono oltre 230 le sperimentazioni in corso nel mondo su vaccini a mRna contro 20 tipi di tumore, dal melanoma al polmone. Una strada promettente contro varie neoplasie, ma che sta trovando un ostacolo concreto nel taglio ai finanziamenti alla ricerca da parte dell'amministrazione Trump, che solo nei primi 3 mesi del 2025 ha ridotto del 31% i finanziamenti del National Cancer Institute e ha annunciato l'interruzione di 22 progetti mirati allo sviluppo di vaccini a mRna per un valore di 500 milioni di dollari, non nascondendo un certo scetticismo verso questa tecnologia.
In questo quadro, tuttavia, l'Italia e l'Europa potrebbero guadagnare una posizione leader, candidandosi a diventare un nuovo polo di riferimento. Ma sono necessari maggiori investimenti. E' il messaggio di oncologi ed esperti internazionali riuniti a Napoli per la XVI edizione del Melanoma Bridge e la XI edizione dell'Immunotherapy Bridge, due eventi internazionali dedicati all'immunoterapia. "Di fronte a un potenziale rallentamento dei finanziamenti americani, l'Europa e l'Italia hanno l'opportunità di valorizzare le loro eccellenze con maggiori investimenti", afferma Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma Onlus e direttore dell'Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell'Istituto Pascale di Napoli.
I vaccini a mRna sono conosciuti soprattutto per il loro utilizzo durante la pandemia di Covid-19. Nel caso del Covid si è trattato di vaccini preventivi: veniva iniettato l'mRna utile a far produrre la proteina spike del Covid-19 e generare così anticorpi contro di essa. Nel caso del cancro si tratta, invece, di vaccini terapeutici, il cui obiettivo è innescare una risposta contro una proteina specifica (antigene tumorale) della cellula cancerosa assente invece nelle cellule sane. In questo modo il sistema immunitario combatte il tumore risparmiando le altre cellule, riconoscendo e distruggendo le cellule tumorali. Tali vaccini funzionano come terapie complementari o adiuvanti dopo l'intervento chirurgico, riducendo drasticamente il rischio di recidiva.
La buona notizia è che vari di questi vaccini stanno affrontando le fasi finali dei test. È, ad esempio, in dirittura d'arrivo il vaccino a mRna per il melanoma. "Siamo alle battute finali dello studio clinico di fase III - sottolinea Ascierto, il primo a dare il via a questa sperimentazione in Italia -. I risultati finali sono attesi per l'anno prossimo, ma i dati preliminari sono molto promettenti: sembra infatti che il vaccino, in combinazione con l'inibitore dei checkpoint immunitari pembrolizumab, sia in grado di migliorare la sopravvivenza nei pazienti dopo la resezione chirurgica del tumore".
Alte le aspettative anche per uno studio di fase III contro il cancro al polmone: anche in questo caso il vaccino a mRna viene somministrato insieme al pembrolizumab. È invece in fase II il trial del vaccino a mRna per la prevenzione delle recidive del cancro al pancreas: uno studio pubblicato su Nature ha dimostrato che il vaccino personalizzato ha ridotto il rischio di ritorno della malattia dopo l'intervento chirurgico in 16 pazienti, con 3 anni di follow-up. Altri vaccini a mRna sono ancora in fase iniziale di sviluppo. Ad esempio, nel maggio 2024, il Servizio Sanitario Nazionale del Regno Unito ha reclutato partecipanti per uno studio clinico personalizzato su un vaccino a mRna contro il cancro del colon-retto.
I tagli ai finanziamenti negli Stati Uniti, tuttavia, "minacciano di rallentare quella che è stata definita una delle vie terapeutiche più promettenti del secolo", evidenzia Ascierto. In questo contesto potrebbe però aprirsi una finestra di opportunità strategica per l'Europa, e in particolare per l'Italia: "Di fronte a un potenziale rallentamento della ricerca americana, i Paesi Ue possono cogliere l'occasione per rafforzare il loro ruolo ed entrare a pieno titolo come nuovo polo di riferimento in questa tecnologia salvavita. L'Italia vanta una straordinaria qualità della ricerca: aumentando i fondi pubblici e privati - conclude Ascierto - potrebbe attrarre investimenti e startup biotecnologiche che vedono incertezza oltreoceano".