La polemica

"Sì, adesso parlateci di Bibbiano", Bonaccini attacca Meloni e Salvini dopo le assoluzioni

L’europarlamentare Pd rilancia la frase-slogan del centrodestra e chiede scuse pubbliche. Schlein accusa la premier di silenzio. Fratelli d’Italia contrattacca: “Sistema indegno”.

10 Lug 2025 - 18:25
 © IPA

© IPA

Dopo anni di accuse e clamore mediatico, la sentenza di primo grado sul caso Bibbiano smonta l'impianto accusatorio principale. E Stefano Bonaccini, ex governatore dell'Emilia-Romagna oggi europarlamentare Pd, rilancia con forza una delle frasi simbolo usate dal centrodestra nel pieno della bufera: "Sì, adesso parlateci di Bibbiano". Un attacco diretto a Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, che in passato avevano puntato il dito contro il Partito Democratico. Bonaccini chiede scuse pubbliche per le "accuse indicibili" rivolte alla comunità di Bibbiano e al sindaco Andrea Carletti, completamente prosciolto. A fargli eco è la segretaria dem Elly Schlein, che denuncia il silenzio della premier: "Allora era la prima ad accusare, ora dovrebbe essere la prima a chiedere scusa". Ma la replica di Fratelli d'Italia è netta: "La sentenza non cancella un sistema indegno. Continueremo a chiedere conto alla sinistra". Il caso Bibbiano torna così al centro dello scontro politico.

Bonaccini: "Adesso scusatevi, avete colpito una comunità intera"

 "Vale per Meloni, per Salvini, per Di Maio. E per tutti quelli che specularono con accuse indicibili contro una intera comunità, quella di Bibbiano, e contro un sindaco per bene e capace come Andrea Carletti", scrive Bonaccini sui social, commentando la sentenza di primo grado del caso "Angeli e Demoni". "Ricordo bene quel periodo – aggiunge – eravamo in piena campagna elettorale. Vennero qui più volte Meloni e Salvini a sostenere la mia avversaria. Quella sceneggiata non ebbe alcun effetto: vincemmo le elezioni e tornarono a casa con le pive nel sacco". Secondo Bonaccini, "i danni fatti agli amministratori e alla comunità di Bibbiano sono stati pesanti e ingiustificabili. Adesso sì, parlateci di Bibbiano".

Schlein: "Meloni fu la prima ad accusare, ora deve chiedere scusa"

 Anche la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, chiede un'assunzione di responsabilità da parte della premier. "Passano le ore ma continua il silenzio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dopo che la sentenza ha fatto cadere quasi tutte le accuse", afferma in una nota. Schlein ricorda che all'epoca Meloni "stazionava con un cartello fra le mani minacciando ‘Siamo stati i primi ad arrivare e gli ultimi ad andarcene'". E conclude: "Speriamo che adesso che se n'è andata, non sia l'ultima a chiedere scusa".

Fratelli d'Italia: "Sistema affidi indegno, continueremo a chiedere conto"

 La risposta di Fratelli d'Italia non si fa attendere. "La sinistra esulta per la sentenza di primo grado, ma non ha capito nulla. Quelle condotte hanno gettato discredito sullo Stato e sugli operatori sociali seri", dichiara il senatore Marco Lisei. Secondo FdI, "le sentenze non cambiano il giudizio sul metodo e sulle scelte indegne adottate in quel contesto. Siamo orgogliosi di averle denunciate allora come oggi". E conclude: "Continueremo a chiedere alla sinistra di ‘parlarci di Bibbiano'".

Il Pd alla ministra Roccella: "Subito un'informativa su infanzia e minori"

 Dalla polemica politica alla richiesta istituzionale. Il deputato Pd Andrea Rossi ha chiesto un'informativa urgente della ministra Roccella sullo stato delle politiche per l'infanzia e i minori. "Dopo anni di macchina del fango, serve ricostruire fiducia nei servizi sociali. Il 58% in più di violenze su adolescenti tra il 2018 e il 2023 è un dato allarmante. Non si può più usare il dolore dei bambini come slogan politico", ha dichiarato.

Cosa dice la sentenza di primo grado sul caso "Angeli e Demoni"

 Il 9 luglio 2025 il Tribunale di Reggio Emilia ha pronunciato la sentenza di primo grado sul caso giudiziario noto come "Angeli e Demoni", che aveva scosso l'opinione pubblica sin dal 2019. L'inchiesta aveva ipotizzato un sistema illecito di affidi nella Val d'Enza, con l'accusa a carico di diversi operatori sociali, tra cui psicologi, assistenti e amministratori locali. La sentenza ha portato a 11 assoluzioni su 14 imputati, smontando di fatto l'impianto accusatorio principale. Le accuse più gravi, come frode processuale, abuso d'ufficio, maltrattamenti e falsificazione sistematica di perizie psicologiche, sono state rigettate dal tribunale. Solo tre imputati sono stati condannati per reati minori, prevalentemente falsi in atti. Il procedimento ha visto coinvolte anche figure pubbliche come l'ex sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, prosciolto dopo la modifica del reato di abuso d'ufficio, e l'ex responsabile dei servizi sociali Federica Anghinolfi. La decisione del tribunale ha quindi rappresentato un punto di svolta nel processo, riaprendo il dibattito politico sulle responsabilità di chi aveva lanciato accuse senza attendere l'esito giudiziario.

Quali erano le accuse principali dell'inchiesta

 L'indagine giudiziaria è nata nel 2018 da una segnalazione interna sui servizi sociali della Val d'Enza. Secondo la ricostruzione iniziale della procura, alcuni operatori e funzionari pubblici avrebbero falsificato relazioni psicologiche, manipolato i minori e ostacolato il ricongiungimento con le famiglie d'origine, al fine di favorire affidi retribuiti presso famiglie compiacenti. Le ipotesi d'accusa includevano frodi, depistaggi, falsi ideologici, abuso d'ufficio e maltrattamenti, con la prospettiva di pene molto elevate: in alcuni casi si parlava di richieste fino a 15 anni. Secondo l'impostazione accusatoria, vi sarebbe stato un vero e proprio "mercato degli affidi", con benefici economici per i soggetti coinvolti. Nel corso del processo, tuttavia, numerosi elementi sono stati ridimensionati o non confermati dai fatti. L'accusa non è riuscita a dimostrare l'esistenza di un sistema organizzato a scopo di lucro. Le testimonianze acquisite hanno evidenziato situazioni gravi, ma non strutturate come un piano criminale, portando all'assoluzione della maggior parte degli imputati.

Perché il caso ha avuto rilevanza politica così alta

 Sin dall'inizio, il caso Bibbiano ha assunto una forte connotazione politica, diventando uno dei principali argomenti di scontro tra centrodestra e centrosinistra. Era il 2019 e la vicenda esplose in piena campagna elettorale per le elezioni regionali in Emilia-Romagna. Giorgia Meloni e Matteo Salvini si recarono più volte sul posto per sostenere la candidata leghista Lucia Borgonzoni, avversaria di Stefano Bonaccini. Lo slogan "Parlateci di Bibbiano" fu usato in manifesti, comizi, social network, e persino in Parlamento, dove furono esibite magliette e cartelli durante le sedute. L'intento era quello di colpire il Partito Democratico, all'epoca al governo della Regione, accusandolo di complicità o inerzia nei confronti di un sistema ritenuto illegittimo. Negli anni, quella campagna divenne simbolo di propaganda aggressiva e mediatizzazione della giustizia. Oggi, alla luce della sentenza, il Partito Democratico chiede un atto di responsabilità da parte di chi, secondo loro, ha speculato politicamente su una vicenda giudiziaria ancora in corso. Il centrodestra, però, non arretra: Fratelli d'Italia ha ribadito che "quelle condotte erano indegne" e che "il Pd le ha sempre difese".

Ti potrebbe interessare

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri