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Tavares il darwiniano e lʼauto italiana che invecchia

I timori del manager Stellantis di una lotta fra costruttori per accaparrarsi le batterie che servono allʼauto elettrica

di Antonio Angione

Tavares il darwiniano ‒ In un’intervista al Financial Times, il Ceo di Stellantis Carlos Tavares ha palesato senza remore tutti i suoi timori sulla transizione energetica in atto.

Va fatta certo, il gruppo che lui stesso guida vuol passare da 400 mila auto elettriche vendute nel 2021 a 5 milioni nel 2030, ma anche gli altri competitor nutrono le stesse ambizioni. Per lʼindustria automotive, dice Tavares, cʼè il rischio di una “fase darwiniana” per accaparrarsi le batterie necessarie alle auto elettriche.

Ufficio stampa

Il timore è dʼinfilarsi in una lotta senza esclusione di colpi per conquistare minerali e terre rare, chip e gigabyte. E come cantava Dalla, “senza grandi disturbi qualcuno sparirà. Le Case auto che non sono tra loro alleate già si guardano in cagnesco per scoprire chi non ce la farà, e anche tra alleati è bene non fidarsi del tutto… Dʼaltronde lʼevoluzionismo darwiniano parla proprio di questo: selezione naturale che favorisce i più forti nel procacciarsi il cibo, a scapito dei fragili. Altrimenti non sarebbe “darwiniana” la transizione in atto, che presuppone anche un altro principio dellʼevoluzione: lʼadattamento allʼambiente. Riuscirà Stellantis ad adattarsi e in fretta alla nuova era?

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Il punto è che le Case auto sono partite di slancio per costruire le loro gigafactory in Europa, ma i tempi di realizzazione e messa a regime sono lunghi e, si sa, la lentezza si paga in clienti perduti. Chi prima arriva, nellʼoffrire veicoli elettrici sul mercato, meglio alloggia nei desiderata dei clienti e Tesla ne è la dimostrazione. “Tutti riverseranno veicoli elettrici sul mercato ‒ afferma Tavares ‒ ma dovʼè lʼinfrastruttura di ricarica? Quali i rischi geopolitici di approvvigionamento di materie prime?”. Domande attuali, come pure la risposta a “chi sparirà?”. “Saranno forse i troppo furbi e i cretini di ogni età”. Lʼauto che verrà.

 

Il tempo è come un gambero ‒ Nel 2000 i Suv rappresentavano il 4% del mercato italiano, nel 2021 erano al 51%. Chiaro che un ventennio è un periodo lungo e le trasformazioni da un capo allʼaltro del lasso di tempo sono nette, basti guardare a cosʼerano i telefonini dellʼanno 2000 o ai dispositivi audio per ascoltare la musica. Il mercato dellʼauto è cambiato tantissimo, eppure pare che la transizione oggi sia appena iniziata. Un altro dato sorprende: nel 2000 lʼetà media del parco circolante in Italia era di 8,8 anni, nel 2021 siamo a 11,5 anni! Se il futuro è dei giovani, per le auto pare di no, il tempo si è fermato.

 

Le ragioni di questʼinvecchiamento sono note: la pandemia innanzitutto, il mercato è stato fermo e chi voleva cambiare lʼauto ha atteso tempi migliori (anche per tornare a usarla); poi la transizione elettrica, sulla quale molti automobilisti sono sospettosi e restii. Tralasciando la guerra e i prezzi alle stelle dei carburanti ‒ eventi troppo recenti per incidere su tendenze di lungo periodo ‒ la conseguenza di tutto ciò è il crollo delle vendite di auto. Peraltro non più viste dai giovani come affermazione della loro indipendenza, né oggetto del desiderio. Come uscirne? Una risposta ha provato a darla lʼAniasa ‒ lʼassociazione nazionale delle imprese di autonoleggio ‒ con uno studio commissionato a Bain & Company: il noleggio a lungo termine. Abbrevierebbe lʼetà media del parco circolante e favorirebbe la transizione verso la mobilità elettrica. Ne siamo convinti, ma la risposta è implicita nel committente. Come dire: il mezzo è messaggio.

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