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Proiettili all'uranio impoverito, ecco che cosa sono e dove sono stati usati

La Gran Bretagna ha annunciato che fornirà all'Ucraina proiettili all'uranio impoverito, suscitando la reazione russa con minacce di ritorsioni

<address>proiettili anticarro all'uranio impoverito</address>
Afp

I proiettili all'uranio impoverito sono l'ultimo terreno di scontro tra la Russia e l'Occidente nello scenario della guerra in Ucraina.

L'annuncio di Londra, che intende fornire a Kiev questo tipo di munizioni da utilizzare nelle armi anticarro, ha suscitato l'ira di Mosca, che ha parlato di "un'altra provocazione britannica", accusando i britannici di voler spingere la guerra nella direzione dell'uso del nucleare. Ma che cosa sono davvero i proiettili all'uranio impoverito? Ecco tutto ciò che sappiamo su questo tipo di munizioni, perché si usano, come funzionano, quali sono le possibili conseguenze e in quali altri scenari sono stati usati.

Che cos'è l'uranio impoverito e il processo di arricchimento dell'uranio

L'uranio impoverito è un sottoprodotto, e quindi un "materiale di scarto", del procedimento di arricchimento dell'uranio per produrre materiale da utilizzare nelle centrali nucleari e nelle armi atomiche. Nel processo di arricchimento, da 12 chili di uranio naturale si ottengono mediamente 1 chilo di uranio arricchito (una miscela in cui l'uranio 235 è presente in concentrazione maggiore di quella naturale) e 11 chili di uranio impoverito (costituito principalmente da uranio 238).

 

Perché vengono utilizzati i proiettili all'uranio impoverito?

 I proiettili convenzionali sono realizzati con il piombo, che è un materiale particolarmente denso e che quindi, a parità di volume, è più pesante di altri materiali: il proiettile, al momento dell'impatto, ha così un'energia cinetica maggiore, e una maggiore capacità di penetrare all'interno del bersaglio. Se però il piombo è denso, l'uranio impoverito lo è ancora di più: 1,67 volte la densità del piombo (e poco meno denso dell'oro e del tungsteno). Ed è anche più efficace del tungsteno monocristallino, altro materiale (ben più costoso) con il quale si realizzano munizioni anticarro. Ecco allora che un proiettile con l'anima in uranio impoverito, una volta sparato, colpisce il bersaglio con un'energia cinetica ancora maggiore, ed è in grado di penetrare più in profondità (e quindi di provocare un danno maggiore) di un proiettile tradizionale.

 

Come funziona un proiettile all'uranio impoverito?

 Proprio per le sue caratteristiche, l'uranio impoverito viene utilizzato in particolare per le munizioni delle armi anticarro: i proiettili costruiti con questo materiale hanno infatti una maggiore capacità di penetrare le corazze dei carri armati nemici (dove si incendia) e quindi di distruggere i veicoli corazzati.

 

Chi ha usato proiettili all'uranio impoverito?

 Le munizioni a uranio impoverito sono state utilizzate in diversi scenari negli ultimi trent'anni. Impiegate la prima volta dagli Stati Uniti durante la prima Guerra del Golfo, sono state poi utilizzate anche nella guerra in Bosnia ed Erzegovina, nella guerra del Kosovo e poi ancora nella seconda Guerra del Golfo. La liceità sull'utilizzo di questo tipo di munizionamento è stata sollevata più volte: benché, a causa degli effetti radioattivi, non rientri nella definizione di armi convenzionali, non ci sono trattati o leggi internazionali che lo vietino espressamente. E quindi i proiettili all'uranio impoverito non sono mai stati messi al bando.

 

Gli effetti dei proiettili all'uranio impoverito

 Il problema dell'utilizzo di munizioni all'uranio impoverito sta nel fatto che, quando colpisce la corazza del veicolo nemico, il proiettile si disintegra e l'uranio viene vaporizzato, dando origine a una nuvola di materiale radioattivo che in parte viene spinta all'interno del mezzo corazzato perforato nell'impatto, ma in parte si deposita anche nell'ambiente circostante, soprattutto se il carro armato colpito prende fuoco ed esplode. Questo effetto di ricaduta radioattiva risulta essere maggiore di quello legato alla radioattività del munizionamento in sé, la cui radioattività viene considerata di basso livello, cioè paragonabile alla radiazione naturale di fondo.

 

I proiettili all'uranio impoverito in Kosovo, le malattie dei militari italiani e la "Sindrome dei Balcani"

 Proprio l'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito è stata associata a una serie di malattie che hanno colpito i soldati italiani dopo le missioni in Kosovo (una delle aree in cui le forze Nato hanno utilizzato la maggior quantità di proiettili all'uranio impoverito) e in Bosnia ed Erzegovina. Nel 1999 in Italia sono stati segnalati i primi casi di malattie letali (leucemie, linfomi di Hodgkin e altri tipi di cancro) nei militari italiani: negli anni i casi totali sono stati circa 500, con 45 militari morti (ma le vittime secondo l'Associazione Vittime Uranio sarebbero almeno 216) tra cui Marco Diana, maresciallo simbolo della lotta all'uranio impoverito. Nonostante diversi studi, le risposte restano ancor oggi controverse: non è mai stato dimostrato un rapporto di causa-effetto tra l'esposizione dei nostri militari all'uranio impoverito e l'insorgenza delle malattie, ma vi sono stati molti casi di risarcimento, mentre per altri casi (come in quello del colonnello Carlo Calcagni), il risarcimento non è mai stato riconosciuto . La commissione d'inchiesta parlamentare sul caso ha parlato di "sconvolgenti criticità", ma ha concluso che, tra le varie ipotesi per spiegare l'insorgenza della malattia, vi sia quella di esposizione a "nanopolveri inorganiche", ma non necessariamente contenenti uranio.

 

Chi usa proiettili all'uranio impoverito?

 L'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito viene ammesso dagli Stati Uniti, che li impiegano soprattutto in munizioni da 30mm per i cannoncini dell'A-10 Thunderbolt, ma anche - nella versione da 25mm - per il cannoncino dell'AV-8B Harrier. Munizioni da 20mm sono utilizzate anche dalla marina per i cannoni Vulcan e da aeronautica ed esercito per i cannoni degli elicotteri AH-1 Cobra. L'utilizzo come munizione anticarro è invece diffusa nei carri armati britannici Challenger 1 e Challenger 2 e negli Abrams M1A1 e M1A2 americani. Nonostante la Russia non abbia mai ammesso di farne uso (e anzi, nelle ultime ore sia insorta contro Londra per l'invio di queste munizioni a Kiev), secondo diversi rapporti anche l'Armata Rossa è dotata di munizioni all'uranio impoverito (chiamate Svinets-2), in particolare per i suoi carri armati T-80BV.

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