Gaza, le fregate che "scortano" la Global Sumud Flotilla
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Le 42 barche sono a quattro giorni di navigazione dalla Striscia: i possibili attacchi di Israele, la preoccupazione di Crosetto, le richieste degli attivisti e il ruolo di Zuppi e Pizzaballa
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Si naviga, si tratta, si teme. Scatta l'allerta massima per la missione della Global Sumud Flotilla. Le 42 imbarcazioni, cariche di aiuti umanitari per la popolazione palestinese in rotta verso la Striscia per rompere l'assedio israeliano, sono a quattro giorni di navigazione da Gaza: nei prossimi due si teme che possano esserci attacchi da parte di Israele. Di certo le prossime 48 ore sono decisive anche sul fronte politico e diplomatico, con diversi attori impegnati e allarmati.
L'incontro di domenica tra il ministro della Difesa Guido Crosetto e una delegazione in rappresentanza della missione umanitaria, con Maria Elena Delia come portavoce, ha portato il ministro a esprimere tutta la sua preoccupazione e a ribadire che "i rischi sono elevatissimi" e i possibili effetti "drammatici". La Flotilla, lato suo, ha confermato di voler proseguire la navigazione, essendo in "acque internazionali" in cui l'intervento di Israele non sarebbe legale.
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Le trattative procedono serrate e si tenta ogni possibile mediazione per mettere al sicuro l'equipaggio ed evitare che Israele usi la forza. Al lavoro ci sono anche i parlamentari a bordo, che non abbandonano ancora la missione (nel tentativo di garantire una protezione agli attivisti) ma che non dovrebbero prendere parte al tentativo di rompere l'assedio. Lavora anche la Cei di Matteo Zuppi e il patriarcato Latino di Gerusalemme guidato dal cardinale Pizzaballa. Anche il Quirinale segue la vicenda come parte attiva delle trattative.
Sul fronte del governo, oltre alla mediazione di Crosetto, che ha espresso anche alle opposizioni tutta la sua preoccupazione, c'è stato, su richiesta del ministro degli Esteri Antonio Tajani, un incontro tra il presidente israeliano Herzog e l'ambasciatore italiano in Israele, Luca Ferrari, che ha espresso la preoccupazione del governo italiano per la Flotilla.
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La nave Alpino, che è stata chiamata per scortare le barche e fornire assistenza, ha regole d'ingaggio molto precise che non prevedono in alcun modo interventi armati per non creare un incidente con Tel Aviv. Proprio dalla fregata arriverà alle barche della Flotilla l'ultimo "avviso", a cento miglia nautiche da Gaza, con la possibilità di essere scortate al porto più sicuro.
Israele dal canto suo sembrerebbe intenzionato a non mettere in pericolo la vita degli attivisti (questo avrebbe espresso Herzog all'ambasciatore italiano) anche se le forze armate di Tel Aviv hanno l'ordine di impedire alla flotta di rompere l'assedio navale. "Senza forza letale", sembrerebbe, anche se ovviamente non si tratta di garanzie.
Gli attivisti chiedono, nelle loro trattative, che il corridoio umanitario per gli aiuti ai palestinesi diventi permanente e che il programma della Farnesina, "Food for Gaza" sia escluso: i beni di prima necessità devono passare dalla chiesa e non dal governo, dunque.
Dal punto di vista della Flotilla nulla è cambiato dal giorno in cui le barche hanno preso la via del mare con due obiettivi: consegnare gli aiuti umanitari raccolti alla popolazione di Gaza stremata e rompere il blocco navale che Israele ha imposto da anni davanti alla Striscia. Gli attivisti ribadiscono che per arrivare al porto di Gaza debbano navigare in acque palestinesi, e non israeliane, e che un eventuale attacco da parte dello Stato ebraico sarebbe illegale: il senso, rischiosissimo, della missione è anche quello di portare le autorità internazionali a non rimanere ferme mentre Israele agisce con la forza in acque su cui non ha mai avuto un riconoscimento internazionale.
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