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Libia, ordine di comparizione per Osama Almasri: deve rispondere delle accuse di tortura

La Procura generale libica ha avviato un procedimento nazionale contro l’ex capo penitenziario. È accusato anche dalla Corte penale internazionale di crimini contro l’umanità

09 Lug 2025 - 18:53
 © Ansa

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La Procura generale della Libia ha emesso un ordine di comparizione per Osama Najim Almasri, ex alto ufficiale del sistema penitenziario libico. Almasri è accusato di crimini gravissimi, tra cui tortura, stupro, omicidio e detenzione arbitraria. Le stesse imputazioni sono alla base di un mandato d'arresto internazionale emesso nei suoi confronti dalla Corte penale internazionale (Cpi), che lo accusa di aver commesso crimini contro l'umanità nella prigione di Mitiga. Il caso ha anche coinvolto l'Italia, dove Almasri è stato arrestato e successivamente rilasciato in circostanze controverse.

Le accuse della Corte penale internazionale

 Il mandato d'arresto della Cpi, pubblicato il 18 gennaio 2025, definisce Almasri - anche noto come Osama Elmasry Njeem - come responsabile di torture, violenze sessuali, omicidi e persecuzioni sistematiche contro detenuti, a partire dal 15 febbraio 2015. Le vittime, secondo l'accusa, sarebbero state colpite per motivi di fede religiosa, origine etnica o condizione di migranti. I fatti si sarebbero verificati nella prigione di Mitiga, struttura tristemente nota per trattamenti inumani.

Il procedimento avviato in Libia

 L'Ufficio del Procuratore generale della Libia ha reso noto su Facebook di aver formalmente aperto un procedimento a carico di Almasri, applicando le norme della giurisdizione nazionale. Un primo interrogatorio è avvenuto il 28 aprile 2025, nel corso del quale l'ex ufficiale è stato informato delle accuse. La Procura ha raccolto le sue dichiarazioni, ora verbalizzate, e ha avviato la raccolta delle prove con il supporto di una richiesta di assistenza legale inviata alla Corte penale internazionale.

L'arresto e il rilascio in Italia: un caso controverso

 Osama Almasri era stato arrestato in Italia, a Torino, il 19 gennaio 2025, grazie a un avviso rosso dell'Interpol. Tuttavia, pochi giorni dopo, la Corte d'appello di Roma ne ha disposto il rilascio, ritenendo l'arresto irregolare per mancanza di coinvolgimento del Ministero della Giustizia. Almasri è stato quindi espulso e rimpatriato con un volo governativo libico il 21 gennaio. Il caso ha suscitato proteste da parte di organizzazioni internazionali come Amnesty International, che hanno parlato di "un duro colpo per la giustizia internazionale".

Il coinvolgimento della politica italiana

 La gestione del caso ha avuto ripercussioni anche sul piano politico. Il primo ministro Giorgia Meloni e i ministri Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla procura di Roma. Le accuse includono favoreggiamento e peculato per aver agevolato la partenza di Almasri senza ottemperare al mandato della Cpi. Critiche sono arrivate anche da esponenti della comunità internazionale, preoccupati per le implicazioni sul rispetto degli obblighi verso la Corte.

Cosa succede ora: giustizia in due paesi

 In Libia, il procedimento nazionale proseguirà con l'analisi delle prove e la collaborazione della Corte penale internazionale. Intanto, in Italia, proseguono le indagini penali per chiarire la gestione del caso e le eventuali responsabilità politiche. La Cpi resta in attesa di risposte ufficiali dalle autorità italiane per determinare i prossimi passi del procedimento internazionale.

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