L'attivista iraniana a Tgcom24: "Non sono solo le donne a sperare nella caduta della Repubblica Islamica. Solo il 20% del popolo è schierato con il governo"
di Micaela Nasca© Blog ufficiale
"Io sono scappata dal mio Paese e non posso più tornare a casa: se solo mi avvicino all'aeroporto di Teheran vengo arrestata e impiccata, immediatamente. Per quale colpa? Per essere un'attivista che dice la verità e che denuncia la dittatura e i soprusi che da 47 anni continuano nel Paese? La guerra è uno choc ma forse così cambierà qualcosa, in tanti oggi lo sperano anche se non tutti hanno il coraggio di parlare". Hana Namdari è nata nella capitale, è di origine curda e dal 2010 vive in Italia. Da quattro anni lavora a Verona come giornalista per Independent Persian, media indipendente con cui denuncia quella che definisce la "sistematica azione di repressione" della Repubblica Islamica
Dall’attacco a sorpresa del 13 giugno contro i principali siti nucleari e militari dell’Iran, il conflitto tra Israele e Teheran è entrato in una fase nuova, forse più scoperta e pericolosa. Ci sono oltre 650 morti, molti di loro sono civili, si continua a colpire da entrambe le parti senza tregua. Vi aspettavate questa escalation e quale è la situazione che stanno vivendo gli iraniani nel Paese?
“Anche solo nominare la parola guerra ci spaventa. La guerra fa paura, fa paura a tutti. Ma sì, ci aspettavamo che da un momento all’altro succedesse qualcosa di brutto nel Paese dopo tanta tirannia. Israele e l’Iran un tempo erano paesi amici. Poi tutto è cambiato nelle relazioni internazionali e all’interno del Paese. Dalla rivoluzione del 1979 che ha trasformato la monarchia del Paese in una repubblica islamica si vive nella dittatura e senza diritti. E oggi per molti la guerra rappresenta anche una speranza di cambiamento. Israele sta eliminando la maggioranza dei funzionari del governo: forse è arrivata davvero il momento della fine”.
Lei dice che per molti questa guerra, nata come sostiene Israele per bloccare i progetti nucleari di Teheran, è vissuta come un’occasione dagli stessi iraniani che sperano nella caduta del regime degli Ayatollah. E’ così per le donne o per tutto il popolo?
“Circa 20% del popolo è con il governo perché lavora per lo Stato, fa parte dello Stato, sono i seguaci dello Stato. Rimane 80% della gente, molti sono sotto choc, molti sono spaventati però la maggior parte di loro vorrebbero, cambiare le cose, anche a costo della propria vita. Molti però anche tra le donne non hanno mai parlato: noi lo chiamiamo popolo grigio, non parlano, non si espongono perché sono terrorizzate”.
Cosa dicono i suoi familiari che sono nel Paese?
“Mia mamma è chiaramente spaventata ma mi dice: comunque io vivo da anni una vita privata dei miei figli, dei diritti, che vita è questa? Che Stato è quello che vieta a una madre di vedere i propri figli”
Perché non puoi rientrare nel Paese, chiaramente, rischia la vita. Ha paura?
“Non ho paura perché io ho scelto questa strada, ho scelto di parlare, di denunciare. Arrivano minacce quotidianamente a me e alla mia famiglia ma quando scegli una strada non si può avere paura delle intimidazioni”
Quali sono invece le paure di chi vive in Iran in questo momento, è difficile trovare testimonianze: le comunicazioni con l’esterno sono ridotte al minimo
“Internet non c’è ma da sempre usano questo metodo per bloccare tutte le notizie e per reprimere. Il nostro timore adesso è che loro stessi inizino a colpire il nostro popolo, per poi dare la colpa a Israele. La paura dei miei amici che vivono in Iran è che sia lo stesso governo ad attaccare il popolo, provocando Israele e attribuendo a Israele le responsabilità".
Il premier israeliano ha lanciato agli iraniani anche un incoraggiamento alla ribellione: sarà accolto secondo lei?
“Il popolo iraniano è imprevedibile ma sono talmente poveri e terrorizzati che non possiamo sapere se e come ci sarà una reazione. Nel Paese le autorità hanno già iniziato ad arrestare i giovani con accuse di essere spie di Israele: in poche ore arrestano e fanno i processi”
Pensa che da questa guerra possa davvero arrivare la spallata al regime dell’Ayatollah?
“Per il momento la spallata è già stata fortissima adesso dobbiamo aspettare di capire come entreranno in scena gli Usa e spero che lo facciano al più presto e in modo determinato”
Cosa succederà secondo lei?
“Abbiamo tre scenari davanti: Khamenei tratta e accetta un negoziato e magari al potere potrebbe andare suo figlio, oppure un cambiamento nel regime islamico in senso più moderato e sotto il controllo americano, e la terza ipotesi è quella di cancellare completamente il governo islamico e far ritornare il figlio dello scià, come vorrebbe Israele e la maggior parte del popolo iraniano"
Quindi più che un vero e proprio cambio di regime potrebbe verificarsi un cambio nel regime?
“Se decideranno di accettare tutto e fare gli accordi c’è questa possibilità, magari con al potere il figlio di Khamenei. Per rimanere al potere però non hanno altra via che fare gli accordi. Solo così anche se in altre forme, potranno rimanere. Ma non abbiamo considerato un ultimo scenario”
Quale?
“Che vadano avanti con la guerra senza fermarsi, senza negoziare, fino alla fine. In questo caso arriveremo alla guerra anche mondiale”
Qual è il suo messaggio per chi vuole capire meglio come si sente un iraniano in questo momento?
“Immaginate che da un momento all’altro vi dicano che non potete più tornare a casa, vendere i vostri cari, mangiare i vostri cibi, sentire i profumi della vostra terra. Questa è la situazione che stanno vivendo le generazioni iraniane da 50 anni. Io farei di tutto per poter riavere il mio Paese”