Secondo le testimonianze di alcuni dipendenti della colonia penale in Siberia, nel suo ultimo giorno di vita il dissidente ebbe forti dolori al petto e allo stomaco, con convulsioni e crampi. La moglie: "Nessun filmato di quelle ore"
La vedova di Alexei Navalny, il principale oppositore di Putin morto in una colonia penale in Siberia nel 2024, denuncia sui social che il marito "è stato avvelenato". Yulia Navalnaya racconta che nel febbraio 2024 "siamo riusciti a ottenere campioni biologici di Alexei, a trasferirli all'estero e a consegnarli a un laboratorio in uno dei Paesi occidentali". Due laboratori in due Paesi diversi, accusa la vedova, hanno concluso che Alexei è stato "avvelenato". Il Cremlino: "No comment".
Navalny era morto nella colonia penale di Kharp il 16 febbraio 2024. Yulia Navalnaya non ha specificato in quali Paesi i campioni del marito sono stati analizzati. Secondo quanto si legge su Meduza, il team del dissidente russo ha anche ottenuto le testimonianze di cinque dipendenti della struttura siberiana, che raccontano cosa gli sia successo negli ultimi giorni di vita. E' ancora Navalnaya a ripercorrere tali dichiarazioni.
Secondo quello che hanno detto questi testimoni, dopo essere stato trasferito a Kharp, Navalny si lamentava di dolori alla gamba destra. I dipendenti hanno detto che il 3 febbraio venne portato nell'ambulatorio, dove gli furono misurate temperatura e pressione, e poi ricondotto in cella. Il 14 febbraio venne trasferito in isolamento. Secondo tre testimonianze Navalny si lamentò di nuovo per il dolore alla gamba. Tuttavia, il capo del dipartimento medico della colonia, Aleksej Lisjuk, dice che non erano state presentate ufficialmente lamentele per la salute da parte dell'oppositore.
Il giorno in cui Navalny morì, alle 11:30 furono distribuiti i pasti nelle celle e alle 12 il pranzo era terminato. Alle 12:10 era stato portato fuori dalla cella nel cortile, con una grata al posto del tetto. Durante la passeggiata, secondo un ispettore del gruppo di sicurezza della colonia, bussò alla porta per dire che si sentiva male. Fu trovato accovacciato e riportato nella sua cella, dove si sdraiò sul pavimento tirando le ginocchia al petto e cominciando a gemere dal dolore, dicendo che sentiva bruciare il petto e lo stomaco. Poi aveva cominciato a vomitare. I dipendenti continuano dicendo che Navalny venne quindi colpito da forti crampi, respirava affannosamente e tossiva. Tuttavia venne lasciato solo in cella con grata e porta esterna chiuse.
Alle 13:10 il capo del dipartimento medico della colonia, Lisjuk, rientrò dal pranzo: anche secondo la sua testimonianza, il dissidente aveva convulsioni al volto e alle mani. Fu quindi portato fuori dalla sua cella e, mentre veniva trasportato lungo il corridoio, si lamentava. Quando venne adagiato sul lettino dell'ambulatorio era già incosciente.
Alle 13:25 venne chiamata un'ambulanza, che arrivò dopo dieci minuti: si cercò senza successo di rianimare Navalny. Alle 14:17 l'elettrocardiogramma registrò l'assenza di attività cardiaca e alle 14:23 vennero interrotte le manovre di rianimazione. L'equipe medica emise questa diagnosi preliminare: sindrome convulsiva, sindrome della morte improvvisa.
Navalnaya sottolinea che le convulsioni di cui parlano i dipendenti della colonia potrebbero essere un sintomo dell'avvelenamento del marito. Nella perizia medico-legale non si menzionano le convulsioni, ma si parla di lividi a gomiti e ginocchia, che Alexei si sarebbe procurato 30-40 minuti prima della morte, e di un'emorragia al cranio, alla sommità del capo. Yulia sostiene che "Alexei si contorceva in preda alle convulsioni sbattendo contro il pavimento ed è probabilmente a questo che sono legati quei segni".
Un altro dettaglio sottolineato dal team di Navalny è che sembra che non ci siano filmati delle telecamere di sorveglianza dell'ultimo giorno di vita del dissidente, nonostante per tutto il periodo della sua detenzione venisse costantemente ripreso. Nella piantina della colonia penale, mostrata dalla vedova, nel blocco dove si trovava il marito sono installate 63 telecamere. "E non esiste un solo filmato", dice Yulia, ipotizzando che in quelle registrazioni "ci sia qualcosa che contraddice completamente la versione ufficiale".
Navalnaya conclude quindi dicendo: "Io non starò in silenzio. Dichiaro che Vladimir Putin è colpevole dell'omicidio di mio marito, Alexei Navalny. Accuso i servizi segreti russi di sviluppare armi chimiche e biologiche proibite. Chiedo che i laboratori che hanno condotto le analisi pubblichino i risultati. Smettete di cercare compromessi con Putin per qualche altro motivo. Non potete placarlo. Finché rimanete in silenzio, lui non si fermerà".
Sulle ultime rivelazioni sul caso Navalny, il Cremlino replica con un no comment. E il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, a chi gli chiede di commentare le parole della vedova risponde: "Non so nulla di queste dichiarazioni e non posso dire nulla al riguardo", secondo quanto riporta la Tass.