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Salario minimo, il Parlamento Ue approva la nuova legge

Il testo passa ora al vaglio del Consiglio: una volta avuto il via libera, i Paesi europei avrano due anni di tempo per applicare la direttiva

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Il Parlamento europeo ha approvato mercoledì in via definitiva la nuova legislazione sul salario minimo: il testo della legge (concordato a giugno con il Consiglio) è stato approvato con 505 voti favorevoli, 92 contrari e 44 astensioni.

La nuova direttiva si applicherà a tutti i lavoratori dell'Ue con un contratto o un rapporto di lavoro; i Paesi nei quali cui il salario minimo gode già di protezione grazie ai contratti collettivi (come l'Italia) non saranno però tenuti a introdurre queste norme o a rendere gli accordi già previsti universalmente applicabili.

 

 

Il Consiglio dovrebbe approvare formalmente l'accordo a settembre, dopodiché il testo sarà legge. A quel punto i Paesi Ue avranno due anni di tempo per conformarsi alla direttiva. A oggi, secondo i dati europei, i salari minimi più alti sono accordati in Lussemburgo, Irlanda e Germania; quelli più bassi in Bulgaria, Lettonia ed Estonia. Attualmente sono 21 su 27 i Paesi garantiscono un salario minimo, mentre gli altri sei (Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Italia e Svezia) determinano i livelli salariali sulla base della contrattazione collettiva delle retribuzioni.

 

Il salario minimo nei Paesi europei

 

Secondo i dati dell'Organizzazione internazionale del lavoro, nell'Unione europea il 15% dei lavoratori (26,5 milioni di persone, oltre la metà delle quali è donna) percepisce una paga oraria inferiore al minimo salariale. L'individuazione del salario minimo rimarrà di competenza dei singoli Stati membri, i quali dovranno però garantire che i loro salari minimi consentano ai lavoratori una vita dignitosa, tenendo conto del costo della vita e dei più ampi livelli di retribuzione. Per quanto riguarda la valutazione dell'adeguatezza dei salari minimi garantiti esistenti, i Paesi Ue potranno determinare un paniere di beni e servizi a prezzi reali, o fissarlo al 60% del salario mediano lordo e al 50% del salario medio lordo.

 

Le norme approvate a Bruxelles definiscono criteri di convergenza verso l'alto, e prevedono un monitoraggio e una verifica dei dati per la protezione di un salario minimo efficace. Per l'Italia, che per via della contrattazione collettiva non ha l'obbligo di recepire la direttiva, andrà comunque verificato l'effettivo raggiungimento della soglia dell'80% di contrattazione collettiva, ricordando che si chiede ai Paesi di promuoverla, includendo misure che facilitino l'accesso dei rappresentanti sindacali ai lavoratori. Contratti collettivi "pirata", non applicati a livello nazionale o con esenzioni, o anche semplicemente scaduti da anni come ormai spesso accade, potrebbero dunque non passare il vaglio dell'atteso sistema di monitoraggio obbligatorio, che si affiancherà a controlli e ispezioni sul campo, anche per contrastare subappalti abusivi, lavoro autonomo fittizio o straordinari non registrati.

 

La Ue intanto ha anche messo in campo una mossa "rivoluzionaria" contro il lavoro forzato, annunciando la prossima messa al bando sul territorio dell'Unione dei prodotti così realizzati, anche se di importazione. "Questa proposta farà la differenza nell'affrontare la schiavitù moderna, che colpisce milioni di persone in tutto il mondo", ha commentato il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis. La nuova regolamentazione dovrebbe richiedere 24 mesi per entrare in vigore, dopo il confronto con Parlamento e Consiglio Ue. Verrà implementata dotando le autorità nazionali del potere di ritirare i prodotti messi al bando. Spetterà alle autorità doganali degli Stati membri fare i controlli ai confini della Ue. Ci sarà una piattaforma per il coordinamento e la cooperazione tra le autorità competenti e la Commissione. I controlli scatteranno in base anche a un database sui rischi del lavoro forzato, focalizzato su prodotti e aree geografiche specifiche. In mancanza di prove, magari per mancata collaborazione, il ritiro verrà disposto sulla base dei fatti disponibili.

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