I lavoratori irregolari sono oltre 3 milioni: il sommerso vale 198 miliardi, pari al 9,2% del Pil. Il fenomeno è limitato nel settore industriale mentre l'incidenza maggiore è nei servizi alle persone
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Nel 2023 il valore dell'economia sommersa e illegale cresce di 15,1 miliardi di euro, cioè del 7,5% rispetto al 2022, toccando i 217 miliardi. Aumenta leggermente anche l'incidenza sul Pil, cresciuto ai prezzi correnti del 7,2%: passa infatti dal 10,1% del 2022 al 10,2% dell'anno successivo. I dati sono dell'Istat, secondo cui l'economia sommersa, ovvero al netto delle attività illegali, si attesta a poco meno di 198 miliardi di euro, in crescita di 14,9 rispetto all'anno precedente, mentre le attività illegali sfiorano i 20 miliardi. In parallelo aumentano anche le unità di lavoro irregolari: sono 3 milioni e 132mila, cioè 145mila in più (+4,9%).
Tra questi lavoratori, la maggioranza è occupata in prevalenza in qualità di dipendenti: circa 2 milioni e 274mila. Sia i dipendenti sia gli indipendenti sono cresciuti in maniera simile, i primi del 4,9% e i secondi del 4,8%.
Il tasso di irregolarità, calcolato come incidenza percentuale delle Ula (unità lavorative l'anno) non regolari sul totale, risulta lievemente in aumento nell'ultimo anno, dopo cinque anni di calo consecutivo, attestandosi al 12,7% (eravamo al 12,5% nel 2022). Un aumento legato alla forte crescita del lavoro non regolare, la cui dinamica (+4,9%) è doppia rispetto a quella dell'input di lavoro regolare. Quest'ultimo segna nel 2023 un aumento del 2,4% (circa 5.035.000 in più, soprattutto sul fronte dipendenti (+3,1% regolari, per 464mila).
Il tasso di irregolarità si conferma più elevato tra i dipendenti in confronto agli indipendenti (rispettivamente il 12,9% e il 12,2%). Continua tuttavia la tendenza all'attenuazione della differente incidenza del lavoro irregolare tra le due componenti, in atto dal 2018. Nell'ultimo anno si è riscontrato un aumento di 0,2 punti percentuali del tasso di irregolarità per i dipendenti e dello 0,4% per gli indipendenti.
I settori nei quali il peso del sommerso economico è maggiore sono gli Altri servizi alle persone, dove costituisce il 32,4% del valore aggiunto del settore, il Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (18,8%) e le Costruzioni (16,5%). L'incidenza è minore negli Altri servizi alle imprese (5,5%), nella Produzione di beni d'investimento (4,3%) e nella Produzione di beni intermedi. Quanto al valore aggiunto generato dall'impiego di lavoro irregolare, c'è una maggiore incidenza negli Altri servizi alle persone (19,7% del valore aggiunto), mentre il fenomeno risulta limitato nei comparti industriali, con un impatto tra lo 0,9 e il 2,8%.
E proprio sul tema lavoro è intervenuto anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella: "L'Organizzazione Internazionale del Lavoro certifica che la quota di reddito da lavoro - ovvero la quota del PIL destinata ai lavoratori - è scesa a livello mondiale in misura significativa dal 2014 al 2024. E' un tema che la Banca Centrale Europea segnala anche per l'Italia: alla robusta crescita dell'economia che ha fatto seguito al Covid, non è corrisposta la difesa e l'incremento dei salari reali, mentre risultati positivi sono stati conseguiti dagli azionisti e robusti premi hanno riguardato taluni fra i dirigenti".
Per il Capo dello Stato, inoltre, le "dinamiche di mercato concorrono ad ampliare squilibri nelle retribuzioni. Ne nasce un aspetto a cui non si può sfuggire quando tante famiglie sono sospinte sotto la soglia di povertà nonostante il lavoro di almeno uno dei componenti, mentre invece super manager godono di remunerazioni centinaia, o persino migliaia di volte superiori a quelle di dipendenti delle imprese".