Seconda una nuova ricerca, i pannelli solari in orbita sarebbero capaci di coprire fino all’80% del fabbisogno di energia rinnovabile dell’Europa entro il 2050, ridurre i costi del sistema elettrico del 15 % e tagliare di oltre due terzi il bisogno di batterie di rete
di Dario Donato© Getty
Pannelli nello spazio. Fosse un romanzo, non sarebbe poi così tanto fantascienza.
Secondo un recente studio guidato dal King’s College di Londra infatti la prospettiva è proprio quella: pannelli solari in orbita capaci di coprire fino all’80% del fabbisogno di energia rinnovabile dell’Europa entro il 2050, ridurre i costi del sistema elettrico del 15% (circa 36 miliardi l’anno) e tagliare di oltre due terzi il bisogno di batterie di rete. La differenza rispetto a quanto accade a terra è semplice: sopra le nuvole il sole c’è 24 ore su 24, senza notte né ostacoli meteo.
© Unsplash
I satelliti raccolgono luce continua, la trasformano in energia e la trasmettono a Terra come microonde verso grandi antenne che la riconvertono in elettricità e la immettono in rete. In alcuni concept uno “sciame” di specchi aiuta a concentrare la luce sui pannelli in orbita, rendendo il flusso più stabile.
Non è fantascienza come dicevamo: l’ESA ha avviato il programma SOLARIS e ha già mostrato un esempio di trasmissione wireless su scala ridotta; la sfida vera restano costi iniziali altissimi, congestione in orbita e l’efficienza del “beaming” su lunghe distanze ovvero la trasmissione dell’energia. Gli autori avvertono: la convenienza piena potrebbe scattare solo intorno al 2050, a meno di salti tecnologici.
© Unsplash
La morale è semplice: se i conti reggono alle prove, il solare spaziale può diventare un vero game changer: meno batterie, meno costi, più continuità. Ma prima di cambiare il cielo d’Europa, servono test convincenti e un piano industriale che faccia atterrare davvero — e in sicurezza — l’energia dallo spazio.