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L'Europa vuole fermare la schiavitù energetica

L’obiettivo tra i Paesi dell’Unione è comune: rendersi liberi dalla dipendenza da gas e petrolio russo

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Un punto di arrivo è chiaro e condiviso da molti Paesi europei: liberarsi il prima possibile dalla dipendenza da gas e petrolio russo. Quella che è stata definita schiavitù energetica e che porta Bruxelles a versare ogni giorno nelle casse di Mosca circa 1 miliardo di euro. Anche l’Italia gioca la sua partita in questa direzione per rimpiazzare in vista dei prossimi inverni quasi il 40% di gas importato nel 2020 dal Cremlino, poco meno di 30 miliardi di metri cubi. Nelle ultime ore il governo ha stretto un accordo di aumento delle forniture con l’Algeria, che è già il secondo venditore per l’Italia. Il piano dovrebbe spingere fino ad altri 9 miliardi di metri cubi nel 2023/2024 attraverso il Transmed, gasdotto che sbuca a Mazara del Vallo. Gli altri arrivano a Melendugno in Puglia (il TAP), a Gela in Sicilia (il Greenstream), a Passo Gries in Piemonte (il Transitgas) e a Tarvisio in Friuli (il TAG), da cui arriva il gas russo attraverso l’Ucraina.

Ma il viaggio itinerante di Palazzo Chigi alla ricerca del gas perduto passa anche per l’Azerbaigian, meta della precedente missione diplomatica e che spedisce il suo gas attraverso il TAP. Baku si sarebbe impegnata a fornire altri 2 miliardi e mezzo di metri cubi di gas naturale, fino a 9 miliardi e mezzo. È inoltre in corso un’analisi di mercato per il raddoppio di gas trasportato, fino a 20 miliardi di mq, che in caso di esito positivo richiederebbe circa 4 anni per la realizzazione, senza bisogno di nuove infrastrutture.

C’è poi uno storico rapporto con la Libia, Paese da anni alle prese con conflitti interni, che attraverso Greenstream esporta 3,2 miliardi di metri cubi, ma ad oggi non sembra vedere grossi margini di aumento delle forniture.

Gli Stati Uniti hanno poi promesso all’Europa 50 miliardi di metri cubi di gas GNL entro il 2030, con un incremento di 15 miliardi già quest’anno. Ulteriore gas liquefatto è atteso dal Qatar, che è giù il primo fornitore del nostro Paese per questa tipologia di prodotto, ed Egitto. Insieme si prevede possano arrivare a 3 miliardi di metri cubi aggiuntivi nel 2022 e 5 miliardi nel 2030. Altri 5 giungerebbero dal Congo nel 2023/2024.

Ma per sfruttare nuovi approvvigionamenti servono rigassificatori. In Italia ce ne sono 3 e altri potrebbero essere temporaneamente parcheggiati nei porti italiani sotto forma di navi, con un dibattito aperto tra comunità locali ed esecutivo.

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Tutto in attesa di una transizione ecologica strutturale tenendo presente che 8 gigawatt di nuovi impianti rinnovabili ogni anno porterebbero a 3 miliardi di metri cubi di gas in meno da trovare sul mercato. Meno sforzo, meno dipendenza e più green.

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