Femminicidi e non solo

Violenza domestica, ecco perché la paura di rimanere senza casa frena sempre più le denunce delle donne

Secondo dati Women's Aid, il 68% delle donne abusate non lascia l'aggressore per la mancanza di un luogo in cui rifugiarsi

22 Ott 2025 - 05:00
 © Ansa

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La maggior parte dei casi di violenza contro le donne si svolge in ambiente domestico. Purtroppo, quando la casa si trasforma in teatro di aggressioni e vessazioni, molte donne restano intrappolate in un circolo vizioso che le costringe al silenzio: se denunciare è già difficile, lo è ancora di più farlo sapendo di non avere un luogo in cui rifugiarsi. La maggior parte delle vittime di violenza di genere resta così legata al proprio aguzzino perché non ha un luogo sicuro in cui rifugiarsi: secondo Women's Aid, il 68% delle donne abusate non lascia l'aggressore proprio per questo motivo. Esiste quindi un legame pericoloso tra povertà abitativa, violenza economica e violenza di genere: la povertà abitativa, infatti, non inizia quando si perde la propria casa, ma quando si perde la libertà di viverla come un luogo sicuro.

RESTARE SENZA CASA FA PAURA - È nel 1948 che, con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, si riconosce per la prima volta il diritto alla casa come elemento fondamentale della dignità umana. Spiega Sofia Leda Salati, direttrice del Centro Antiviolenza Ersilia Bronzini: “Il fatto che quasi 7 donne su 10 non riescano a lasciare il proprio abuser, quando si tratta del marito o del convivente, ci ricorda una verità scomoda: la violenza domestica è anche una questione abitativa". La povertà abitativa e la violenza economica sono fenomeni profondamente connessi: in molti casi è proprio la mancanza di risorse economiche a rendere difficile trovare e mantenere una casa sicura, esponendo molte donne al rischio di dipendenza e ricatto. Allo stesso tempo, la violenza economica, attraverso il controllo del reddito, la privazione dei mezzi di sostentamento o l’impossibilità di gestire le proprie risorse, ostacola ogni possibilità di autonomia abitativa. Questa fragilità materiale costringe perciò le vittime a non troncare relazioni pericolose, mettendo a rischio la propria incolumità e quella dei figli. La povertà abitativa finisce quindi per diventare al tempo stesso causa e conseguenza della violenza: causa, perché la mancanza di una casa o di un reddito stabile favorisce la reiterazione degli abusi; conseguenza, perché la perdita di indipendenza economica impedisce di allontanarsi. In questo intreccio, la violenza si radica e si amplifica, compromettendo libertà, sicurezza e dignità personale. Per questo, spiega ancora Salati, "garantire il diritto a una casa significa garantire il diritto alla libertà. È quindi fondamentale intervenire non solo sull’accoglienza, ma anche sulla ricostruzione dell’autonomia, attraverso percorsi di protezione, inclusione e indipendenza economica. Non a caso ogni percorso di uscita dalla violenza è un lavoro di rete. Una casa sicura, un sostegno economico, un impiego su cui poter contare: è in questo intreccio che la libertà torna a essere possibile”.

UNA RETE DI AIUTI - Gli autori di violenza domestica tendono a esercitare un controllo sistematico sulla loro vittima, generando contesti di paura, isolamento e dipendenza. Per questo, intervenire in modo efficace a sostegno delle donne significa costruire una rete sociale basata su fiducia, autonomia e riconoscimento che sia alternativa a quella della violenza per mezzo di un percorso di ricostruzione dell’autonomia, di inclusione e indipendenza. In quest’ottica, la Fondazione Asilo Mariuccia, onlus attiva dal 1902 nel sostegno a donne e minori vittime di violenza, e il Centro Antiviolenza Ersilia Bronzini ribadiscono l’urgenza di rafforzare i percorsi di accoglienza e autonomia per le donne vittime di violenza, con particolare attenzione al diritto alla casa come condizione imprescindibile di libertà individuale, di sicurezza e di rinascita personale.

È stata perciò avanzata alla Regione Lombardia la richiesta di convocare con urgenza un tavolo di lavoro che coinvolga Regione, Prefetture, Forze dell’Ordine, Tribunale di Milano, Centri Antiviolenza e Case rifugio accreditate, con l’obiettivo di definire un Protocollo Operativo dedicato ai reati di genere, anche quando legati al web. Esistono alcuni interventi di supporto già attivi, come il progetto di Housing sociale avviato quest’anno con il Comune di Corbetta, che offre cinque appartamenti in comodato d’uso gratuito a donne e figli in uscita da situazioni di violenza. La Fondazione richiama però l’attenzione delle istituzioni sulla necessità di affrontare con strumenti aggiornati e condivisi le nuove forme di violenza.