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Ciclo mestruale: ancora troppi tabù duri a morire

Una donna su tre continua a provare imbarazzo a parlarne pubblicamente e un uomo su quattro non è a suo agio sull’argomento

Ciclo mestruale: ancora troppi tabù duri a morire - foto 1
Istockphoto

Per parlare di ciclo mestruale si continuano a usare molti eufemismi e giri di parole, anche molto coloriti: in Italia si ricorre a espressioni come “periodo”, o “quei giorni” o “ho le mie cose”, ma all'estero ci si sbizzarrisce di più, con frasi come "la settimana delle fragole", diffuso in Germania, o in francese "sono sbarcati gli Inglesi".

Segnale chiaro e forte per indicare che di mestruazioni si parla ancora con imbarazzo o, per lo meno, con difficoltà. Uno studio dedicato all’argomento fa il punto sulla percezione che donne e uomini hanno del ciclo mestruale, sottolineando che, nel Terzo Millennio, ancora una donna su tre prova imbarazzo ad affrontare l’argomento con altre persone e un uomo su quattro non si trova a suo agio se è costretto a confrontarsi in proposito. Insomma, è dura liberarsi dei vecchi tabù legati alla visione negativa e patriarcale di un fenomeno fisiologico del corpo femminile, anche se da questo dipendono le capacità riproduttive del genere umano.

GLI ITALIANI E IL CICLO MESTRUALE

  L’indagine, di Initial Italia e mUp Research, è stata realizzata su un campione di individui (uomini e donne) in età compresa fra 16 e 60 anni, rappresentativo della popolazione italiana residente sull’intero territorio nazionale. Dall’indagine emerge che, le donne non hanno un rapporto sempre facile con il proprio ciclo mestruale. Nelle grandi città e tra i soggetti più adulti le cose sembrano andare meglio: in media, il 72% delle italiane dichiara di sentirsi libera di parlarne, anche se tra le ragazze più giovani (16-18 anni) solo il 61% affronta l’argomento e nei centri più piccoli (sotto i 250mila abitanti è più diffusa la propensione a vivere il periodo come un tabù. Resta comunque una certa difficoltà generale nell’ammettere con disinvoltura il proprio ciclo mestruale, dato che circa una donna su tre dichiara di provare imbarazzo nell’ammettere di avere il ciclo in presenza di altri. L’età dell'adolescenza è spesso la più difficile: sono anche piuttosto comuni episodi di vero e proprio bullismo legati al ciclo mestruale, chiamati “Period Shaming”, che prendono di mira soprattutto la manifestazione di possibili disagi derivanti dal ciclo. Tra le intervistate più giovani, ben il 27% è stata presa in giro per questo motivo. È da sottolineare il fatto che nella maggior parte dei casi (65%), il bullismo è stato opera di maschi, ma che esiste anche un cospicuo 38% di casi in cui la presa in giro è stata opera di altre donne. 

 

CHE COSA PENSANO GLI UOMINI DEL CICLO MESTRUALE

 Analizzando il punto di vista maschile, l’indagine ha evidenziato che il 26% degli italiani maschi intervistati ammette di non sentirsi a proprio agio con il ciclo femminile; il 17% dichiara di non avere mai trattato l’argomento, mentre il 9% ha addirittura sempre evitato di discuterne. La situazione è accentuata tra i più giovani: ben il 54% del totale degli intervistati si dichiara in imbarazzo a parlare di mestruazioni, oppure non l’ha mai fatto. 


IL DIBATTITO SULLA TAMPON TAX

 All’inizio del 2024 il tema del ciclo mestruale è diventato di attualità a causa della cosiddetta Tampon Tax, ovvero con l’aliquota IVA applicata agli assorbenti passata dal 5% al 10%. Le polemiche che ne sono seguite hanno riportato in primo piano anche il problema della Pediod Poverty, ovvero sulle spese che le donne devono sostenere per acquistare assorbenti e altri prodotti per l’igiene legati al periodo mestruale. Gli italiani intervistati, sia maschi che femmine, ritengono ingiusta questa misura (donne 82% e uomini 71%). Calcolando la spesa media mensile per l’acquisto degli assorbenti, si raggiunge il costo di circa 10 euro al mese a persona, un esborso considerato molto ingente soprattutto per le giovanissime (30%). L’aumento della Tampon Tax, inoltre, pesa considerevolmente sul paniere della spesa soprattutto delle donne che risiedono nel Sud Italia e nelle Isole (76%).

Tra le novità tecnologiche che si propongono di dare una mano alle donne nel periodo del ciclo mestruale arriva ora anche la possibilità di installare all'interno dei bagni femminili di scuole e aziende distributori per l’erogazione di assorbenti e la fornitura periodica degli stessi. “Negli ultimi anni abbiamo parlato e intervistato sempre più dipendenti e lavoratori, per conoscere le loro abitudini nell’utilizzo dei bagni presenti nei luoghi di lavoro o nei luoghi pubblici. Abbiamo quindi pensato a un servizio per le donne, in grado di rispondere a un bisogno di cui spesso non si parla o per vergogna o a causa di un disagio. Dignity è il servizio che accompagna le aziende, i plessi scolastici e gli uffici pubblici nel dare un concreto segno di attenzione al benessere delle utenti, proprio in 'quei giorni'. Dalla nostra ricerca è infatti emerso come questo sia un tema su cui c’è ancora molto da lavorare” commenta Elena Ossanna, Amministratore Delegato di Rentokil Initial Italia.

GLI EUFEMISMI PER DEFINIRE IL CICLO MESTRUALE

 In giro per il mondo esistono addirittura 5mila modi differenti per riferirsi al ciclo femminile senza pronunciarne il nome. Oltre ai classici “i giorni no”, o “quei giorni”, o “le mie cose”, diffusi in Italia, esistono espressioni molto colorite e fantasiose, diverse da Paese a Paese. Le francesi, ad esempio, dicono: “Gli Inglesi sono sbarcati”, facendo riferimento alla battaglia di Waterloo e al colore delle uniformi militari britanniche. In Germania si parla invece della “settimana delle fragole”, chiaro riferimento al colore del frutto; la stessa allusione è ricorrente in Svezia, dove però il frutto prescelto sono i mirtilli rossi. Nel mondo anglo-sassone, invece, il riferimento va all’idea una visita in arrivo: nel Regno Unito si dice: “Sono arrivati i pittori”, muniti ovviamente di vernice rossa, mentre Stati Uniti la frase magica è “È arrivata zia Flo”, per assonanza con “flow” che significa flusso. Gli esperti però sono concordi: l’uso di questi eufemismi non è positivo. Da un lato rafforza l’idea che il ciclo mestruale sia un fatto vergognoso da tenere il più possibile nascosto e dall’altro aumenta l’imbarazzo delle ragazze più giovani e inesperte che non sanno come chiedere aiuto in caso di difficoltà. All’estremo opposto, resta emblematico il caso dell’atleta Kiran Gandhi, la quale nel 2015 affrontò i 42 chilometri della maratona di Londra in pieno ciclo mestruale, senza utilizzare alcun presidio, ma lasciando il sangue libero di fluire. Ai compagni di corsa che avevano l’indelicatezza di avvicinarla, dicendole, tra l’imbarazzo e il disgusto, “Ehi, guarda che ti è venuto il ciclo!”, lei ha risposto, alzando le spalle: “Ma pensa! Non ne avevo idea!”, dimostrando che, in fondo, il problema non era suo, ma degli altri. 

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