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Monica Fantoni: "Nei nostri locali diffondiamo gioia, allegria e un pizzico di felicità"

Monica Fantoni, Founder di Löwengrube, racconta la sua storia ai lettori di Tgcom24

Monica Fantoni, Founder di Löwengrube

 

Monica, determinata e volitiva fin da piccola.
Ho avuto un’infanzia piuttosto movimentata e credo sia stato proprio questo che mi ha fatto crescere con una grande sete di indipendenza, che si è sempre manifestata in un grande bisogno di libertà. Avere ricevuto una educazione rigida mi ha aiutato a realizzare i miei obiettivi fin da giovanissima: è stata proprio la rigidità ad avermi fornito gli strumenti per fare poi sempre scelte consapevoli delle conseguenze rispetto a ogni decisione presa, e ad accettarle come parte di un piano ben preciso.

 

Indipendenza e autonomia sono state fin da subito le parole d’ordine.
L’indipendenza è stata uno dei miei primi obiettivi. Il forte spirito di indipendenza che mi ha sempre contraddistinto, sin da ragazzina, mi ha portata ad andare a vivere da sola a soli 19 anni. Tuttavia, questa decisione mi ha costretto a rinunciare al sogno di diventare fisioterapista, perché dovevo lavorare per mantenermi e non potevo frequentare con regolarità le lezioni.

 


Una donna giovane che diventa imprenditrice: come è andata?
A 23 anni ho incontrato Pietro Nicastro nel suo pub di Lastra a Signa per un colloquio di lavoro. Lavorando insieme abbiamo scoperto di avere molti aspetti in comune che ci hanno spinto a creare un progetto nostro. Questo ci ha spinto a decidere di aprire il primo punto vendita Löwengrube a Limite Sull’Arno, una birreria bavarese in Toscana: che sfida! Ma a vent’anni hai tanta energia, volontà e ottimismo da mettere in gioco, si è avventurosi, si vive tutto come una sfida con la voglia di vincerla. L’idea del locale grande in un paese piccolo, il mio paese per giunta!, stimolava ancora di più la voglia di riuscirci. A questo aggiungo che vi era la soddisfazione di aver creato qualcosa che in Italia, con un concept così, non c’era: un locale pensato per tutti, famiglie incluse, con la sala bimbi.

 

Lowengrube è una case history di successo: locali bavaresi nella culla della dieta Mediterranea.
Il successo del primo locale è stato pazzesco, proprio in quel territorio, noto in tutto il mondo per la grande tradizione enogastronomica: offrire birra, stinco e wurstel a chi per tradizione da sempre beve vino rosso e mangia carne chianina è stato un azzardo. Abbiamo puntato sull’autenticità dell’esperienza. Quando un cliente entra nei nostri locali è travolto dall’atmosfera e dalle sensazioni tipiche dell’Oktoberfest: diffondiamo gioia, allegria e ci piace pensare anche felicità. Dato il successo inaspettato abbiamo deciso di replicare e ci siamo lanciati in un’altra grande sfida: il franchising. Oggi siamo arrivati a una trentina di locali in tutta Italia e più di 500 persone impiegate, senza contare che abbiamo in serbo altri progetti per crescere ancora.

 

Quali sono stati secondo te le chiavi per entrare nel cuore dei consumatori?
Ho tre regole fondamentali nella mia idea di accoglienza: cortesia, attenzione al cliente e cura del locale fin nei minimi dettagli. Il cliente deve sentirsi a casa propria e a suo agio. Per me l’obiettivo non è che le persone passino una volta e via, ma che vengano regolarmente diventando clienti abituali, proprio come accade nel locale di Limite. Oggi tra i nostri clienti ci sono ventenni che venivano fin da piccoli con i loro genitori: posso dire di averli visti crescere.


Lavoro e famiglia: non è sempre facile…
Il mio è uno di quei lavori che ti porti sempre dentro, in quanto includono una forte interazione con le persone, comprendono dinamiche complesse che poi si portano inevitabilmente a casa, e inoltre ci si trova a vivere una vita assai dedicata al lavoro. È quasi inevitabile, quindi, che altri aspetti rischino di essere sacrificati, come la vita di coppia, soprattutto se si lavora insieme.

 

Il tuo piatto preferito?
Grigliata di wurstel e stinco.

 

Qualcosa su di te da condividere con i nostri lettori.
Ho prestato per la prima volta una testimonianza della mia storia per un libro. “L’impronta delle donne”, scritto dal giornalista Adriano Moraglio, fa parte di una collana di libri dal titolo “La bellezza dell’impresa”. Bella, e a tratti anche commovente, è una raccolta di sette racconti di altrettante donne che hanno prestato il loro contributo in azienda rendendolo fondamentale. E' stata una bella esperienza, non solo perché ho potuto condividere aneddoti di vita in cui credo molte donne potrebbero riconoscersi, ma perché anche io mi sono ritrovata in alcuni tratti nelle storie delle altre sei protagoniste. Sono storie al contempo semplici e straordinarie, perciò invito tutti coloro che ci leggono a leggerle.

 

Un tuo suggerimento alle ragazze che vogliono diventare imprenditrici?
Bisogna essere aperte alle opportunità, ai treni che passano e dei quali a volte non ci accorgiamo. Occorre essere determinate e non farsi frenare dalle difficoltà, perché le difficoltà fanno parte di un percorso che porta alla realizzazione e alla felicità. 

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