Betty Pagnin, founder di BuddyJob
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Betty Pagnin, fondatrice di BuddyJob, racconta la sua storia ai lettori di Tgcom24
di Carlotta Tenneriello© Ufficio stampa
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Betty, partiamo da te. Qual è stata la formazione o l’esperienza che ti ha portata a diventare founder di una startup come BuddyJob?
Ho studiato economia, pensando che avrei fatto un lavoro "con i numeri". Poi, come spesso succede, la vita mi ha spostata su una strada completamente diversa portandomi a fondare ScuolaZoo Viaggi: per me è stato il primo, vero progetto da far crescere. In seguito, all’interno di OneDay Group, ho portato avanti un’idea che per me è sempre stata centrale: l’azienda funziona se le persone stanno bene, se sono valorizzate, se la cultura è chiara. È da lì che ho dato vita alla Unit People & Culture. BuddyJob è stato semplicemente il passo successivo: dopo anni passati ad ascoltare i ragazzi, a capire i loro sogni, dubbi, difficoltà nel fare scelte di carriera, mi è stato chiarissimo che serviva uno strumento nuovo per accompagnarli nell’intricato mondo del lavoro.
Com’è nata l’idea di BuddyJob e da dove arriva questo tuo interesse nell’aiutare i giovani a orientarsi nel mondo del lavoro?
L’idea di BuddyJob nasce da un ascolto molto lungo. Negli anni ho parlato con tantissimi ragazzi e ragazze, e la sensazione era sempre la stessa: non è che manchi la voglia, manca la bussola. E non lo dico solo per percezione: con BuddyJob e ScuolaZoo abbiamo realizzato un Osservatorio sull’Orientamento, coinvolgendo più di 1.600 studenti, soprattutto maturandi e solo il 3% definisce “ottimo” l’orientamento scolastico che ha ricevuto. Sette ragazzi su dieci guardano al futuro con ansia e uno su cinque non ha proprio idea di cosa fare dopo la scuola. Quindi, il punto è questo: i giovani non sono pigri, né disinteressati. Sono semplicemente soli davanti a un mondo che si muove velocissimo. BuddyJob vuole essere quel “compagno di strada” che ti aiuta a capire da dove partire, facendo leva sulla cosa più semplice, ma più preziosa che abbiamo: le persone che ci sono già passate. Dei mentor che noi chiamiamo Buddy, i quali mettono a disposizione la loro esperienza in videocall gratuite di orientamento.
Essere un’imprenditrice oggi, soprattutto nel campo delle nuove tecnologie, cosa significa davvero?
Essere imprenditrice oggi significa giocare in un contesto che cambia in continuazione. Con l’AI che corre, le competenze di ieri non bastano più e i ruoli si trasformano. Ecco, per me essere imprenditrice in questo preciso momento storico significa lavorare proprio sul creare prodotti e servizi che non valorizzano solo le skill tecniche, ma anche l’umanità delle persone. Perché nel mercato che sta arrivando non basterà saper fare: servirà sapere chi sei, cosa ti muove, cosa ti rende unico. Il futuro del lavoro sarà iper digitale, sì, ma chi farà la differenza sarà chi saprà restare profondamente umano.
BuddyJob è un progetto innovativo: qual è la chiave del suo successo e cosa lo rende diverso da altre piattaforme?
La chiave è la relazione umana. Non ci limitiamo a fornire contenuti o corsi, ma mettiamo le persone in connessione tra loro: chi cerca direzione e chi può offrirla. È un orientamento che arriva da chi ci è già passato, non dall’ennesimo manuale teorico. È semplice, accessibile e - soprattutto - reale.
Le nuove generazioni hanno un modo tutto loro di vivere il lavoro e la carriera: che messaggio cerchi di trasmettere loro attraverso la tua iniziativa?
Il mio messaggio è questo: “il lavoro non è il tuo intero valore, ma è uno spazio in cui puoi esprimere il tuo potenziale”. Non devi scegliere per sempre dove stare e cosa fare: devi scegliere da dove partire. Vivere in continua evoluzione non è un limite, è la tua forza. BuddyJob vuole normalizzare il fatto che non si nasce sapendo già quale sarà il proprio percorso lavorativo… e va benissimo così!
Trovare equilibrio tra il ruolo di imprenditrice e la vita personale a volte non è facile…
Non solo non è facile: è una sfida continua. La chiave credo sia costruire sistemi di supporto: in famiglia, nel lavoro, nella community. Nessuno ce la fa da solo. In OneDay Group ho introdotto misure di “flessibilità al 100%” per supportare i genitori lavoratori, dimostrando che è possibile gestire bene il proprio lavoro dando valore anche alla vita familiare.
Un tuo rituale per staccare?
Dico sempre che non stacco mai… ma non è vero. Quando voglio rilassarmi, mi rifugio nelle mie serie tv del cuore, quelle dove è tutto semplice e finisce tutto bene. Un po’ di happy ending therapy fa miracoli nelle giornate più dure.
Un tuo suggerimento alle giovani donne che sognano di costruire un proprio progetto?
Non aspettare di sentirti pronta: si impara facendo, si cresce sbagliando e si costruisce mettendo un mattone sopra un altro. Cerca alleati, chiedi aiuto se serve, circondati di persone che credono in te. E soprattutto: non scusarti mai per la tua ambizione e per la tua determinazione.