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Khardiata Ndoye: "Le donne debbono imparare a darsi il valore che hanno e che meritano"

Khardiata Ndoye, Chief Marketing Officer di Kiabi, racconta la sua storia ai lettori di Tgcom24

Autentica cittadina del mondo, Khardiata Ndoye, dopo aver lasciato da bambina il Senegal, è cresciuta in Francia.

Arrivata in Italia per uno stage, ha iniziato un percorso di carriera che l'ha portata a rivestire ruoli apicali in Kiabi, azienda leader nel settore dell'abbigliamento "a piccoli prezzi".

Khardiata Ndoye, Chief Marketing Officer di Kiabi

Khardiata, so che non sei italiana, ma vivi e lavori qui da molti anni ormai. Mi racconti com’è andata?
Sono nata in Senegal, ma mi sono trasferita in Francia quando avevo solo cinque anni e ho vissuto a Digione e poi Nancy fino a quando ho terminato gli studi universitari. Sono arrivata in Italia quattordici anni fa quasi per caso: volevo fare uno stage all’estero, ma non pensavo in realtà al vostro Bel Paese. Una mia amica,  Hélène, aveva accettato di fare uno stage qui e mi invitò a seguirla, cosa che feci accettando la proposta di Kiabi, azienda francese di distribuzione di abbigliamento pronto moda, all’epoca presente in Italia con pochissimi punti vendita.

 

Al tuo arrivo in Italia conoscevi la nostra lingua?
Assolutamente no! Tuttavia, non mi sono lasciata spaventare e mi sono lanciata. Del resto, io sono cresciuta bilingue, perché in famiglia ho sempre parlato in wolof, la lingua madre senegalese, e poi naturalmente in francese: questo mi ha aiutato nell’imparare in fretta anche altre lingue, come l’italiano o il portoghese. 

 

La tua è una carriera iniziata dal basso.
E’ così. Quando iniziai lo stage fui inserita in negozio a Corsico, in provincia di Milano, come assistente al capo reparto. Abitavo lontano, mi ci voleva un’ora e mezza per raggiungere il punto vendita, e le tre ore al giorno che passavo sui mezzi pubblici le sfruttavo per seguire corsi di italiano online. Non parlavo ancora benissimo la vostra lingua, ma abbastanza per iniziare a crescere nel settore delle vendite, ambito nel quale sono rimasta per quattro anni con responsabilità crescenti. 

 

Una donna giovane e straniera: è stato difficile farsi accettare?
Devo dire che in Kiabi sono quasi il simbolo dell’inclusione e dell’accettazione della diversità: donna, straniera e pure nera! Ci si scherza su ovviamente... In realtà, non è stato poi così difficile farsi accettare, anche se naturalmente, soprattutto all’inizio, un po’ di diffidenza c’era, sia per la giovane età, che per il fatto di essere donna. Credo che per fare carriera occorra perseverare, sapersi mettere in gioco e sopportare perfino un po’ di invidia, che non manca mai. E poi naturalmente servono grande determinazione, spirito di sacrificio ed anche un pizzico di fortuna. Aggiungo che Kiabi è un’azienda assolutamente meritocratica, per cui la possibilità di crescita c’è se si è disposti a mettercela tutta.

 

Sei partita dalle vendite, ma adesso rivesti un ruolo apicale nel marketing.
E’ quello di cui mi sono sempre voluta occupare e quando si è presentata l’occasione, l’ho colta al volo. Ho lasciato le vendite nel 2012 per cominciare poi questa avventura nel Corporate lavorando dapprima sulle campagne e sugli investimenti in comunicazione, sempre con l’obiettivo di mantenere i clienti che già abbiamo a cui aggiungerne però di nuovi, avendo anche la possibilità di aprire altri punti vendita. Pian piano ho cominciato a costruire la mia squadra, dando fiducia ai miei collaboratori e riuscendo ad ottenere ottimi risultati: è stato bellissimo.

 

Non ti sei fermata qui, però.
Ho dato la mia disponibilità ad occuparmi in parallelo anche di progetti internazionali. Sono quindi stata inserita in un team che si è occupato del progetto relativo all’ingresso nel mercato brasiliano. Ho studiato il portoghese e ad agosto 2017 sono partita per il Brasile per seguire l’apertura dei negozi. Alla fine, la decisione è stata quella di abbandonare un mercato che col senno di poi avrebbe richiesto troppo tempo e investimenti per entrare negli standard attesi da Kiabi e sono tornata in Italia nel marzo nel 2020, proprio a ridosso del lockdown, mentre ero già al sesto mese di gravidanza.

 

Parliamo di maternità e lavoro.
Per quanto mi riguarda, non è stato un problema conciliare famiglia e carriera. Diciamo che è stato sfidante ma ho sempre saputo di volere sia una carriera che una famiglia. Il mio compagno, Lorenzo, ha sempre rispettato e condiviso le mie scelte, appoggiandomi nel mio percorso professionale al punto da seguirmi in Brasile e poi tornare in Italia con me: devo dire che è un uomo straordinario! Quanto a Letizia, la mia bambina che ora ha due anni, nel primo periodo è stato facilissimo gestirla, tenuto conto che eravamo in piena fase pandemica e quindi si facevano i conti con le restrizioni, ovvero niente viaggi, né riunioni, ecc., cosa che mi ha facilitato moltissimo. Adesso che l’attività è ripresa a pieno regime, il mio segreto è nell’organizzazione: asilo nido, supporto e condivisione dei compiti con il papà e poi l’aiuto dei miei suoceri, che sono nonni davvero molto preziosi. Ritengo comunque importante poter dedicare alla mia bambina del tempo di qualità.

 

A proposito di famiglia: ti pesa la lontananza da casa?
Premetto che la cultura africana è molto diversa dalla nostra. I miei genitori scelsero di darmi un’opportunità di vita migliore affidandomi ad una loro cugina che viveva a Digione quando avevo solo cinque anni. Sono cresciuta con lei, che ho sempre chiamato zia. Sono qui in Italia da molti anni ormai, ma sono stata anche diverso tempo in Brasile: direi che per me “casa” è dove sono le persone che mi vogliono bene, anche se della Francia mi mancano sicuramente gli amici e gli affetti.

 

Torniamo a Kiabi: qual è il vostro tratto distintivo?
Direi certamente il prezzo, siamo molto competitivi in rapporto alla qualità dei prodotti. Attualmente abbiamo 33 punti vendita, ma contiamo ad aprirne altri (in particolare in franchising), e stiamo puntando molto sulla linea bambino e bebè, che ci sta regalando molta soddisfazione. Naturalmente, il nostro obiettivo è far conoscere meglio il brand, per cui abbiamo pianificato campagne pubblicitarie sui media anche di tipo tradizionale, come la TV lineare, oltre naturalmente al web. Sono piuttosto orgogliosa di dire che nel mese di maggio abbiamo battuto il record di fatturato. Infine, stiamo studiando una collaborazione con la grande distribuzione: insieme a Coop stiamo allestendo dei corner all’interno dei loro punti vendita in maniera da avvicinare i potenziali clienti e fare in modo che vi sia la possibilità di fare la conoscenza fisica dei nostri capi.

 

Qualcosa su di te?
Non ho il pollice verde, ma adesso che mi sono dedicata con amore ed entusiasmo al mio terrazzo, devo dire con stupore e con una certa dose di compiacimento che non è morta ancora nessuna pianta! Sono invece piuttosto brava tra i fornelli: il mio piatto forte è la pasta col ragù di pesce: pomodori datterini con code di gamberi, polipetti e anelli di totano, davvero squisita.

 

Un suggerimento alle ragazze che vogliono fare carriera?
Le ragazze di oggi saranno le donne di domani e delle future generazioni. E’ importante liberarsi da quello che viene definito “la sindrome dell’impostore” che si riscontra maggiormente nelle donne: per esempio, se un uomo ha il 50% delle competenze richieste per un determinato ruolo, tenderà a candidarsi comunque, mentre se una donna ne ha l’80% pensa di non essere all’altezza per quel 20% che le manca e non si candida affatto. Ecco, dobbiamo superare questo modo di pensare e darci il valore che abbiamo e che meritiamo.
 

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