Amato anche da Dalì

Storia di Congo, lo scimpanzé artista: alcune sue opere valgono fino a 25mila dollari

Alfiere della cosiddetta "pittura instantanea", quest'animale dipinse nella sua breve vita più di 400 quadri apprezzati da Picasso e Dalì

di Manuel Santangelo
03 Lug 2025 - 19:31
 © Wikipedia

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Qualche anno fa fecero molto discutere le "Bored Apes", disegni di scimmie che arrivarono a valere centinaia di migliaia di dollari senza una apparente ragione, almeno per chi non aveva famigliarità con il mondo degli NFT. Le "scimmie annoiate" divennero presto uno status symbol, e tanti vip come Neymar o Paris Hilton decisero di investire in questi speciali fumetti cui venivano allegati certificati di autenticità digitale, perfetti per garantire la proprietà di determinati oggetti e renderli unici (gli NFT, appunto). Dopo il grande entusiasmo iniziale, tuttavia, la bolla finì per sgonfiarsi presto senza portare a chi ci aveva scommesso i dividendi sperati. Le celebrities avrebbero fatto bene a investire su altre opere d'arte più "tradizionali" in cui apparivano gli scimpanzé o magari impiegare i loro soldi per acquistare i quadri di Congo, il primate pittore. Un'artista sempre più amato e quotato tra gli appassionati, pronti a pagare fino a 25mila dollari per una sua singola opera.

Una supernova nel panorama artistico novecentesco

 La carriera artistica di Congo fu breve ma intensa, come quella di un animalesco Caravaggio. La sua apparizione, negli anni Cinquanta, fu una supernova in grado di catturare un pubblico già conquistato da echi surrealisti e dagli esperimenti ready-made suggeriti da Marcel Duchamp e dai suoi epigoni. L'arte aveva espanso i suoi confini fino a superare anche ciò che restava delle colonne d'Ercole del buonsenso: tutto poteva diventare arte e tutti potevano diventare artisti. In quel panorama già altri avevano provato a lanciare l'idea degli animali pittori: prima dell'esplosione di Congo, un animatore del cabaret parigino Le lapin agile di nome Frédéric Gérard attaccò un pennello intinto di colore alla coda di Lolo, l'asino che teneva in giardino, e poi provò a vendere il risultato dei movimenti inconsulti dell'animale immortalati sulla tela. Le tele "fauve" di Lolo ebbero tuttavia poca fortuna, visto che la comunità artistica decretò subito che non c'era del genio dietro il risultato di un comportamento istintivo forzato dall'uomo. Serviva un vero intento comunicativo dietro quelle pennellate per renderle affascinanti o quantomeno era necessario che l'atto dell'animale fosse cosciente.

Fan come Dalì e Mirò

 A capirlo fu anche Desmond Morris, vero deus ex machina dell'esperimento Congo. Zoologo e a sua volta pittore, Morris mise un pennello in mano a Congo quando il piccolo scimpanzé aveva appena due anni per studiarne i comportamenti creativi ma i risultati andarono ben oltre le sue più rosee aspettative. Dal 1956 fino al 1959, l'animale completò fino a 400 opere tra tele vere e proprie e schizzi, colpendo la critica internazionale grazie alla sua incredibile sensibilità per l’equilibrio, il colore e la simmetria.

L'eco del suo talento fu immediato, richiamando l'attenzione anche di "colleghi" come Dalì, Picasso e Mirò che arrivarono ad acquistarne le opere. L'eccentrico autore de La persistenza della memoria arrivò addirittura a mettere a paragone Congo con il padre dell'action-painting, proclamando: "La mano dello scimpanzé è quasi umana; quella di Jackson Pollock è totalmente animale!". Persino aristocratici come il principe Filippo d’Edimburgo scommisero sul talento dell'animale, seguiti da alcuni dei più grandi musei in giro per il mondo. Ancora oggi Il Natural History Museum di Londra ha in mostra un suo lavoro, mentre in Italia anche il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino può vantare una sua opera in collezione. Il successo di Congo non fu tuttavia una moda passeggera, raccogliendo consensi anche a decenni dalla sua prematura scomparsa ad appena dieci anni per tubercolosi.

Da muse ad artiste

  Nel 2019 la Mayor Gallery di Londra ospitò addirittura una sua personale, che replicò il successo di quella realizzata sempre nello stesso luogo appena quattordici anni prima. D'altra parte la capitale inglese ha sempre portato fortuna a Congo, che lì espose per la prima volta nel 1957. Le 55 opere mostrate alla Major nell’ultima occasione erano comunque già salite molto di prezzo negli anni, arrivando a valere collettivamente una cifra che si aggirava ai tempi intorno ai 220mila dollari, con un range che andava dai 1800 ai 7400 dollari per pezzo.

Nel 2005 da Bonhams, una sua tela fu battuta a 14mila sterline, riuscendo persino a riscuotere più interesse delle opere di Renoir e Wahrol, che rimasero invendute alla medesima asta. Galvanizzata dal successo dell'operazione la stessa Major Gallery provò addirittura a rilanciare l'esperimento, esponendo persino i dipinti dello scimpanzé femmina Betsy. La risposta "rosa" a Congo riscosse tuttavia assai meno consensi, visto anche il minor talento dell'animale. Betsy non aveva infatti nulla della grazia del "fratello", battezzato come uno dei maggiori esponenti della cosiddetta "pittura instantanea". Per descrivere il suo stile si parlò addirittura di suo stile “astrattismo lirico”, un genio spontaneo, ma tutt’altro che casuale. Ogni tratto, ogni sfumatura sembrava guidata da una consapevolezza. Se un lato del foglio conteneva del rosso, Congo capiva che doveva bilanciarlo dall'altra parte e reagiva con impeti di ira se gli veniva sottratta la tela prima che la ritenesse conclusa.

A raccontare tutto il suo processo creativo  fu ovviamente il suo stesso mentore Desmond Morris che ai suoi esperimenti con gli scimpanzé dedicò ben tre volumi: The Naked Ape nel 1967 (bestseller da oltre 15 milioni di copie), Ape Artists of the 50s del 2005 e The Artistic Ape del 2013. Pagine su pagine in cui si testimoniava il talento di un artista cui, al netto della curiosità, va il merito di aver dimostrato come le scimmie potessero non solo essere muse (come per secoli sono state, da Michelangelo a Banksy) ma anche artefici della loro arte.

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