I Pupi di Tony Lo Coco: la nuova reggia del gusto di Bagheria
© Ufficio stampa | Acciuga
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Una stella Michelin trasloca nel cuore della “villa dei mostri”: tra barocco, design e piatti che raccontano la Sicilia con poesia e coraggio
A Bagheria, dove l’immaginazione barocca si fa pietra e visione, lo chef stellato Tony Lo Coco riscrive la sua storia gastronomica con il ristorante I Pupi, nei corpi bassi di Villa Palagonia, splendido gioiello simbolo del barocco siciliano. Un trasferimento che non è semplice cambio di sede, ma dichiarazione d’intenti: I Pupi si fa grande, cresce, si espande. In eleganza, in spazio, in ambizione.
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La nuova casa del ristorante I Pupi, il cui nome deriva dalle suggestive statue di mostri deformi che ornano il perimetro murario dell’adiacente Villa Palagonia, si trova a pochi metri dalla vecchia sede, che ora si trasforma in trattoria. Un passaggio di consegne che racconta l’evoluzione di un progetto familiare e visionario. All’interno dei corpi bassi di Villa Palagonia, scrigno di enigmi, mascheroni grotteschi e meraviglia settecentesca, si apre un mondo curato nei minimi dettagli.
Il progetto porta la firma dello studio Luigi Smecca Architetti, già autore di alcune delle più belle ristrutturazioni siciliane nel campo dell’ospitalità, segnando l’avvio di un nuovo capitolo per chef Lo Coco, Presidente in carica dell’Associazione La Sicilia di Ulisse e per la socia e moglie Laura Codogno.
Il nuovo ristorante si estende su circa 190 mq articolati in quattro ambienti principali, per un totale di 45 coperti: al piano terra una sala ampia e luminosa, dominata da un lampadario Flos e tavoli realizzati su disegno, ospita la maggior parte dei coperti.
Ma la punta di diamante è senza dubbio lo Chef Table, un tavolo in ottone e legno situato di fronte alla cucina a vista. Solo da 2 a 4 posti, 16 passaggi a mano libera e un rapporto diretto con lo chef e la sua brigata. Un viaggio intimo tra i pensieri di Tony Lo Coco, dove la Sicilia si declina in mille sfumature.
Varcando la soglia laterale ci si ritrova all’esterno, su un piccolo terrazzino-salotto privato. Un angolo sospeso nel tempo, dove l’ospite si accomoda con davanti a sé lo spettacolo teatrale di Villa Palagonia: i suoi mostri di pietra, le simmetrie spezzate, la meraviglia barocca che sembra sussurrare storie a chi sa ascoltare.
Ma il vero tesoro è poco più in là: una spettacolare cantina vini con tavolo conviviale fino a sei persone, pensata per chi il vino lo ama davvero, lo conosce o vuole scoprirlo. Qui, il sommelier Andrea Prizzi ha curato una carta vini enciclopedica ma ragionata. Oltre 1300 etichette riposano silenziose tra le pareti in pietra, pronte a raccontare storie da ogni angolo del pianeta. Champagne e spumanti rigorosamente metodo classico aprono il ballo, seguiti da una selezione colossale di bianchi provenienti da più di venti nazioni.
Il capitolo dolce è un’ode alla lentezza e alla memoria: passiti siciliani, Sauternes di Bordeaux, Tokaji ungheresi, fino ai grandi liquorosi come Marsala, Madeira e Porto. E per concludere in bellezza, grappe, distillati rari, eau de vie, liquori locali e gemme nascoste da sorseggiare piano, nel silenzio complice della pietra e del legno. Inoltre, in cantina si organizzano degustazioni private e abbinamenti con tapas create dallo chef.
Classe 1974, palermitano, autodidatta. Tony Lo Coco non è uno chef da passerella, ma un uomo che ha costruito con ostinazione e passione un sogno, pezzo dopo pezzo. Ha cominciato tra i fornelli per necessità, ha scoperto l’amore per la cucina per istinto. Dal 2009, con la socia e moglie Laura Codogno (e i figli Turi ed Emma in sala), porta avanti I Pupi come una creatura viva. Nel 2014 arriva la stella Michelin, confermata ogni anno. Oggi, con questo nuovo ristorante, si rimette in gioco: con la stessa umiltà, con un po’ più di consapevolezza, ma sempre con quel fuoco dentro che rende la sua cucina inconfondibile.
In cucina, accanto a Tony Lo Coco, c’è il giovane sous chef Giorgio Giammarresi, 23 anni, nipote del patron. A lui Lo Coco ha trasmesso non solo tecnica, ma anche i tre capisaldi della sua idea di cucina: gusto, fantasia, sicilianità.
La proposta gastronomica di Tony Lo Coco è un racconto che parte da lontano. Dai profumi della cucina di casa, dai piatti saporiti della nonna, dalle squisitezze della mamma e delle zie. È memoria familiare, ma anche sedimentazione di viaggi, incontri, suggestioni improvvise, perfino innamoramenti. È il riflesso vivido dell’infanzia a Palermo, città dalla profonda cultura gastronomica, popolare e aristocratica, e della maturità vissuta a Bagheria, scrigno di tradizioni contadine e marinare.
Col tempo, lo chef è diventato maestro nell’equilibrare una cucina proiettata verso il futuro ma saldamente ancorata alla tradizione, capace di esprimere forza, identità e personalità. I suoi piatti sono curati nella forma, nella presentazione, nel gusto.
La sua mano è guidata da una passione viscerale per il territorio e l’ingrediente, come l’acciuga, l’estratto, gli scampi, i ricci. Non mancano riletture brillanti dello street food siciliano, come la Stigghiola, reinterpretata con tonno, seppia, cipollotto e prezzemolo, oppure i classici Anelletti al forno siciliani trasformati in un inedito piatto di alta cucina con ragù di calamari in salsa di uova di pesce San Pietro e maionese al lime e zenzero.
Tutti gli arredi, dal bancone alla cucina, dai tavoli ai divani, sono stati realizzati su disegno con un incredibile contributo di maestranze locali. L’estetica mescola linee pulite e materiali caldi: ottone brunito, legno, pietra, tessuti naturali. L’illuminazione è curata per esaltare i colori dei piatti e creare un’atmosfera intima ma non ingessata. Sulle pareti, opere di Croce Taravella e Michele Cossyro dialogano con i “pupi” in chiave pop: omaggio al nome del ristorante e all’identità siciliana.
La collezione di tovaglioli in lino artistici de I Pupi è un progetto corale che negli anni ha coinvolto alcuni tra i più importanti artisti italiani e internazionali, tra cui il giapponese Hidetoshi Nagasawa, transitati da Bagheria grazie al Museo cittadino di Guttuso. Un piccolo museo diffuso tra i tavoli, che unisce l’arte visiva all’arte del gusto.
Di Indira Fassioni