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Chef Stelios Sakalis: libero dagli stereotipi

Combinazioni del meglio della cucina toscana con la freschezza e l’audacia del tocco ellenico

L'eleganza delle cucina italiana e la sperimentazione

Basta sedersi una volta alla tavola di Il Pievano per capire che Stelios Sakalis è in piena fase creativa, mosso da una passione viscerale per la propria professione: le sue mani scorrono tra i fornelli con stessa voglia di sconvolgere che aveva Franz Joseph Haydn sul pentagramma, e le sue combinazioni gustative hanno la personalità della pittura di Diego Rivera. Ma soprattutto appare chiaro che la sua massima ambizione è quella di liberarsi da tutti gli stereotipi che gli si possono attribuire: perché Stelios è greco ed è toscano, è lo chef del ristorante di un grande hotel ed è la mano di un ristorante capace di far sperimentazione.

 

Alla sua tavola il turista si sente a proprio agio grazie alla proposta incentrata sull’eleganza della cucina italiana, e al contempo i curiosi e gli amanti del fine dining vengono a sedercisi per divertirsi con percorsi da quindici portate dai toni spiccatamente internazionali. Ed è capace di far tutto questo in modo perfettamente armonico, con la stessa serenità del paesaggio che si vede fuori dalle finestre del suo ristorante, dove la vite addomesticata si schianta come un’onda sullo scoglio selvatico del bosco retrostante, rendendo l’insieme perfettamente funzionante in un ecosistema dove nessuna delle parti vuole primeggiare per il benessere del tutto.

 

Nato ad Atene da padre di Corfù e madre di Salonicco, lo chef classe 1988 è arrivato in Italia undici anni fa, dopo essersi formato da Gordon Ramsay a Londra: proprio per conto dello chef britannico ha seguito il ristorante di Castel Monastero per nove anni, e conclusa quell’esperienza, al momento di rimettersi in gioco, Stelios decise di ripartire dalle certezze: la Toscana come terra d’elezione e all’interno di essa il Castello di Spaltenna per la serietà e la continuità del progetto.

 

Nel suo Pievano si può scegliere tra tre menù chiamati “Mrs Jekyll”, “Dr Jekyll” e ovvimente “Mr Hyde”. I primi due sono delle meravigliose combinazioni del meglio della cucina toscana con la freschezza e l’audacia del tocco ellenico. Ne è esempio per il primo menù “La panzanella Toscana che parla Greco” (Insalata di pomodorini, zuppa fredda di cetriolo, polpette di pane Toscano arrostito, formaggio feta, oliva 'Kalamata') o nella seconda proposta il riuscitissimo dolce “Tzatziki” (Mousse di yogurt Greco fatto in casa, granita al cetriolo, aglio nero, aneto). Piatti di forte personalità e di combinazione riuscita, come lo sono anche le portate principali quali il  “Piccione Viaggiatore, 1496km” (Piccione selezione Laura Peri cotto sulla brace d'ulivo, acciuga di piccione, patzarosalata, petimezi) o il “Morone” (Pescato di Morone di fondale, trahana all'ouzo e anice, variazione di zucchine).

 

Se l’insolita cucina fusion tra le due sponde del mediterraneo sarebbe da sola motivo valido per venire fino al Pievano, esiste un altro motivo più nascosto (Hyde, appunto) per provare la cucina di Stelios Sakalis, ovvero il terzo menù. Si tratta di un percorso che i commensali fanno senza saper prima le portate (quindici in tutto) che assaggeranno, e che osa spingere molto di più sulle note della sperimentazione, con piatti che strizzano l’occhio all’attualità culinaria come nel primo piatto “Pac Man” (raviolo di ricotta fermentata in burro nocciola e salvia al limone) o nell’ottimo “Spaghetto Sbagliato” (spaghettone Gerardo di Nola, burro al vermouth del Chianti, arancia, aceto di prosecco, polvere di Campari).

 

L’altro elemento notevole è la volontà di rimanere giovani e dissacranti non solo nei gusti, ma anche nelle presentazioni dei piatti stessi. Il sopracitato raviolo viene infatti presentato con la forma del protagonista del celebre videogioco in un piatto che ne ricalca l’azione, mentre la lingua è letteralmente sovrapposta a quella dipinta sul piatto nel celebre logo dei Rolling Stones.

 

Perché in fin dei conti Stelios Sakalis è il Doppelgänger di se stesso, e il nome del suo menù non potrebbe essere più azzeccato per raccontare l’evoluzione di una delle cucine più felici del Chianti, sufficiente da valere da sola il viaggio al Castello di Spaltenna…anzi, di valerne almeno due.

 

Di Indira Fassioni 

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