Nel giorno di una nuova protesta dei trasporti e con l'annuncio di un altro sciopero generale per il 12 dicembre, torna il dibattito: la scelta del venerdì non è una pausa anticipata, ma una strategia sindacale
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Oggi, venerdì 7 novembre 2025, il trasporto pubblico in diverse città italiane è fermo per una nuova giornata di sciopero che coinvolge treni, autobus e metro. Nelle stesse ore, la CGIL ha annunciato un altro sciopero generale per venerdì 12 dicembre, contro le misure previste nella legge di bilancio. Due date simboliche che confermano una tendenza ormai evidente: in Italia, le principali agitazioni sindacali si concentrano quasi sempre di venerdì. Una scelta che divide l'opinione pubblica. Da un lato, molti cittadini accusano i lavoratori di volersi "allungare il weekend"; dall'altro, i sindacati spiegano che la motivazione è organizzativa, non di comodo. Nel caso dei trasporti pubblici, dove si lavora regolarmente anche il sabato e la domenica, l'ipotesi del "riposo anticipato" non trova riscontro. Piuttosto, si tratta di una strategia che punta a massimizzare l'impatto sociale e mediatico della protesta, in un giorno in cui i disagi sono più visibili e la pressione negoziale più efficace.
Secondo i calendari ufficiali del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, gli scioperi nei servizi pubblici essenziali vengono proclamati con frequenza elevata di venerdì rispetto ad altri giorni della settimana. È il giorno che precede il weekend, caratterizzato da un alto numero di spostamenti per lavoro, scuola o turismo. Il venerdì diventa così un "moltiplicatore di visibilità": i cittadini percepiscono maggiormente l'interruzione del servizio, i media amplificano la notizia e la mobilitazione ottiene una risonanza superiore. Per le organizzazioni sindacali, questo significa rendere la protesta più incisiva e spingere le controparti istituzionali o aziendali a sedersi al tavolo del confronto.
Dietro la calendarizzazione di uno sciopero c'è una valutazione attenta di impatto e adesione. Le sigle considerano il venerdì un punto di equilibrio tra la fine della settimana lavorativa e l'inizio del weekend, quando il traffico e la domanda di trasporto raggiungono livelli elevati. Un ulteriore elemento è la partecipazione: uno sciopero fissato di venerdì tende a favorire una maggiore adesione, anche tra i lavoratori meno convinti. La compattezza della categoria rafforza il segnale di unità e aumenta il potere negoziale del fronte sindacale. È una scelta quindi più tecnica che simbolica, volta a ottenere il massimo effetto possibile con il minimo numero di giornate di mobilitazione.
L'idea che i lavoratori scioperino di venerdì per "farsi il weekend lungo" è una semplificazione che non trova riscontro nei fatti, almeno nel settore dei trasporti. Autisti, macchinisti e operatori delle reti urbane e ferroviarie garantiscono servizio anche nei giorni festivi, spesso con turnazioni che coprono sabato, domenica e notti. Nel caso delle agitazioni, le prestazioni minime devono comunque essere assicurate, come stabilito dalla legge sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali. Il venerdì, dunque, non è un giorno di vacanza anticipata, ma un momento tattico scelto per massimizzare la risonanza della protesta senza intaccare oltre misura i diritti degli utenti.
Il portale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti elenca gli scioperi programmati nel settore, mostrando come il venerdì ricorra con frequenza tra le date prescelte. Analisi giornalistiche recenti hanno evidenziato la stessa tendenza, segnalando inoltre che una quota significativa delle mobilitazioni è indetta da sigle autonome o minori. Il combinato disposto di questi elementi restituisce un quadro coerente: il venerdì è percepito come il momento più efficace per rendere visibili le rivendicazioni e per aggregare l'adesione dei lavoratori.
La concentrazione delle agitazioni a fine settimana favorisce una copertura giornalistica più ampia e una percezione pubblica immediata dei disagi: ritardi, corse soppresse, traffico e code. L'obiettivo dichiarato del sindacato non è creare disservizi, ma attirare attenzione su condizioni di lavoro, sicurezza, salari e contratti. In questo senso, il venerdì diventa una leva per spingere la controparte ad aprire tavoli negoziali, con ricadute più rapide rispetto a una protesta in giorni meno esposti mediaticamente.
La concentrazione degli scioperi di venerdì pone il tema del bilanciamento tra diritto di sciopero e tutela degli utenti. Procedure, preavvisi e fasce garantite – sotto la vigilanza della Commissione di Garanzia – mirano a contenere l'impatto sui servizi essenziali. Il dibattito resta aperto, ma un punto è ormai acquisito: nel settore dei trasporti la scelta del venerdì non è un espediente per allungare il fine settimana, bensì una decisione organizzativa che aumenta l'efficacia della mobilitazione.
Ogni sciopero nei servizi pubblici deve rispettare le norme fissate dalla Commissione di Garanzia per l'attuazione della legge n. 146 del 1990. L'organo stabilisce tempi di preavviso, modalità di comunicazione e obbligo di garantire servizi minimi, specialmente nelle fasce orarie di maggiore utenza. Lo scopo è tutelare i cittadini, bilanciando il diritto di sciopero con quello alla mobilità.
Tradizionalmente, tra novembre e dicembre aumenta il numero delle mobilitazioni. La scelta di questo periodo è legata al confronto su bilanci, contratti e leggi di stabilità. L'annuncio della CGIL di uno sciopero generale per il 12 dicembre conferma la tendenza: chiudere l'anno con una manifestazione ad alto impatto mediatico e simbolico.
Durante uno sciopero, ai lavoratori non viene corrisposta la retribuzione per le ore o giornate di assenza. Le trattenute in busta paga vengono calcolate in proporzione alla durata dell'adesione. Non si perdono però altri diritti, come ferie e anzianità di servizio. Questa regola vale anche per il settore pubblico e per i dipendenti delle aziende di trasporto, secondo quanto previsto dai contratti collettivi nazionali.