La maternità non sempre coincide con felicità. Sbalzi ormonali, il corpo che cambia, la nuova "routine" sono tutti fattori che possono determinare tristezza e non solo. Ecco perché crisi di pianto, ansia, e malinconia sono spesso campanelli d'allarme che non vanno sottovalutati
Ha avuto crisi di pianto serali spontanee, senza apparente motivo, che la spiazzavano. Poi ha scoperto che si trattava di baby blues: così Federica Pellegrini ha deciso di parlare senza filtri della maternità e di quanto sia stato complicato. Una confessione che apre una riflessione su un malessere silenzioso, ancora poco conosciuto: quella fase critica e delicatissima che rischia di sfociare in depressione post-partum.
Che cos’è il baby blues e come si distingue dalla depressione - Il baby blues (detto anche “maternity blues”) è un disturbo transitorio dell’umore che può colpire la donna nei giorni immediatamente successivi al parto. A differenza della depressione post-partum non è considerato una vera e propria patologia psichiatrica, ma una reazione emotiva legata a rapidi cambiamenti ormonali, fisici e psicologici. Lo stato di malinconia tipico di questa fase è dovuto al crollo degli estrogeni e del progesterone ed è associato lacrime frequenti o improvvise senza motivo apparente, irritabilità o sbalzi d’umore, affaticamento, ansia, preoccupazioni per il neonato difficoltà nel sonno o apparenza di perdita dell’appetito. Generalmente si manifesta nei primi giorni dopo il parto (spesso nei 3-7 giorni) e tende a risolversi spontaneamente entro circa 10-14 giorni. Ma se i disturbi persistono oltre 2-3 settimane, allora può essere necessario valutare la comparsa di una vera depressione post‑partum. E' stato il pediatra e psicoanalista inglese Donald Winnicott a denominare questo stato “Baby blues”. Le soglie e definizioni variano, ma in generale: baby blues = frequente, lieve, breve; depressione post-partum = meno frequente, più grave, più duratura.
I dati preoccupano - In Italia, stime indicano che dal 50% fino all’80% delle neomamme può sperimentare i sintomi del baby blues nei giorni immediatamente successivi al parto. Sempre Winnicott ha studiato come l’atteggiamento della madre e il suo benessere psicologico sia di fondamentale importanza per lo sviluppo del sé del bambino. Non richiede particolari cure se non la vicinanza, la pazienza e l’assistenza di coloro che circondano le donne dopo il parto: marito, madre, suocera, sorelle, amiche. Non necessariamente tale stato di tristezza e instabilità emotiva si trasforma in vera e propria depressione. Tuttavia se trascurato e in associazione con altre variabili il baby blues può consolidarsi e divenire un vero e proprio disturbo che incide sulla vita futura della madre, sulla sua relazione con il bambino e sulla relazione di coppia. In particolari condizioni di rischio e se trascurato può trasformarsi in vera e propria depressione post-partum. E i dati nazionali citati dal ministero della Salute, indicano che a soffrirne sono circa il 7-12% delle puerpere.
Perché è importante riconoscerlo - Nella maggior parte dei casi il disturbo si risolve entro sette/dieci giorni ma non va sottovalutato perché per il 20% delle donne evolve in una forma di depressione più grave. Per le mamme che hanno sofferto di baby blues il rischio di sviluppare depressione post partum è, infatti, maggiore di quasi 4 volte. La depressione post-partum può avere diversi livelli di gravità e colpisce soprattutto durante il primo anno di vita del bambino. La malattia compare in genere nelle tre-quattro settimane che seguono i parto e i sintomi si riconoscono più chiaramente intorno al quarto-quinto mese. Tra il 20 e 40% delle donne che ne soffrono hanno un’alta possibilità di ricaduta in una successiva gravidanza.La storia di Federica Pellegrini, dunque, si intreccia con un tema fondamentale per la salute delle donne: il baby blues, che non è un semplice “mood post-parto”, ma un campanello d’allarme che chiede ascolto e comprensione.