un atto di coraggio

Andrea Delogu, il lutto e il valore della condivisione di un dolore

Raccontare agli altri un dramma, che ci sia o meno una telecamera, è un atto di grande coraggio: significa chiedere aiuto rompendo il silenzio. Solo così il lungo processo di guarigione può iniziare

12 Nov 2025 - 16:41
 © Tgcom24

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Andrea Delogu è tornata in tv a dieci giorni alla morte del fratello Evan e ha rotto il silenzio. Ha scelto di parlare al pubblico con coraggio, prima andare in onda: "Ci sono momenti nella vita in cui tutto si ferma, qualcosa con cui dovrò imparare a convivere e riuscire a trasformarlo in amore per la vita". Una lezione che ci ricorda che condividere, parlare del lutto, non è segno di debolezza, ma è un atto di estrema forza e umanità.  Che ci sia o meno una telecamera, il gesto di riconoscere il dolore e aprirsi a qualcuno può essere un primo passo verso la guarigione.

Perché parlare del lutto è importante - Il dolore di una perdita tende a chiudere la persona in sé, con timore che gli altri non capiscano o che parlarne possa far riaprire la ferita. Tuttavia, condividere anche solo un pensiero, un ricordo, una timida frase, aiuta a non sentirsi soli. Sapere che non si è gli unici al mondo a sentirsi in questo modo evita isolamento, solitudine e depressione. Il lutto comporta emozioni complesse: dolore intenso, rabbia, colpa, sensi di vuoto. Non parlare significa spesso rimanere bloccati in un groviglio emotivo. Al contrario, dare voce al vissuto aiuta a “mettere ordine” nella sofferenza e a trovare un senso. Andrea Delogu ha scelto di raccontare il dolore prima di riprendere un impegno pubblico: un piccolo atto di passaggio dal silenzio alla condivisione.

Integrazione della perdita nella propria storia - Nel percorso di elaborazione del lutto si parla spesso non di “superare” la perdita, ma di integrarla: trasformare un’assenza in presenza di memoria, continuare a vivere mantenendo vivo il legame con chi non c’è più. Nella dichiarazione di Delogu  (dobbiamo riuscire a trasformarlo in amore per la vita) si intravede proprio questo intento: dare un nuovo significato al vivere, pur nella ferita. Parlare vuol dire anche far sapere agli altri che si ha bisogno di sostegno.  Le parole non sono solo espressione, ma sono un segnale, e molti studi mostrano che il sostegno sociale è un fattore protettivo nel lutto.

Non parlarne non aiuta a dimenticare - Spesso chi teme di parlare lo fa per evitare di “riaprire” la ferita. In realtà, le parole possono aiutare quel processo di “incorporare” la perdita nella propria vita in modo nuovo. Raccontare il legame che si aveva con la persona scomparsa, ricordare quali sogni aveva, cosa significava per noi: questo aiuta a mantenere viva la memoria. Condividere non solo il dolore, ma anche la vita che si reinventa, i piccoli passi, il modo in cui impegni e relazioni continuino è comunque una via per dare senso al dopo.

Ognuno ha i suoi tempi - E' importante però ricordare che ogni lutto è unico: non esistono tempi prestabiliti né “modi giusti” di reagire. Il fatto che una persona parli poco o diversamente non significa che non stia elaborando: restare in silenzio può essere necessario, ma il fatto di scegliere poi di aprirsi (anche solo una volta) può segnare l’inizio di un percorso.