Usciva il 31 ottobre 1975 il singolo che anticipava l'album "A Night At the Opera", sovvertendo tutte le regole discografiche
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Usciva 50 anni fa "Bohemian Rhapsody", brano simbolo dei Queen (al punto da diventare il titolo del fortunato biopic dedicato alla band) e soprattutto della visione artistica sfaccettata di Freddie Mercury. Una canzone assolutamente fuori dagli schemi e anti-radiofonica che i discografici tentarono di boicottare e che la band riuscì a imporre grazie alla complicità di un amico dj radiofonico che la trasmise conquistando il pubblico. Sei minuti capaci di condensare un universo musicale variegato, dall'intro a cappella alla ballad pianistica fino alla cavalcata hard rock finale con un intermezzo operistico a fare da raccordo, così complesso vocalmente che richiese oltre 200 tracce sovraincise.
La pietra più preziosa incastonata in quel gioiello che è "A Night At The Opera", album che sarebbe uscito qualche settimana dopo (il 21 novembre del 1975) e che oltre a "Bohemian Rhapsody" contiene altri pezzi da 90 come "Death on Two Legs", "I'm In Love With My Car", "You're My Best Friend", "'39" e "Love of My Life".
Al di là della struttura musicale ardita, buona parte del fascino di "Bohemian Rhapsody" è legata al suo testo criptico, ricco di riferimenti immaginifici ma difficilmente interpretabili. Nel polifonico pastiche centrale trovano spazio Galileo, probabilmente un omaggio agli studi di astronomia di Brian May, il Figaro del "Barbiere di Siviglia", Scaramouche, la maschera del buffone nella commedia dell'arte, l'invocazione Bismillah, che in arabo vuol dire "in nome di Dio" e che viene usata nel Corano ma anche dagli esorcisti nei talismani. Nel complesso invece il significato della canzone, con quella confessione sull'uccisione di un uomo appena avvenuta, si presta a diverse intepretazioni anche se quella più accreditata è quella della biografa di Freddie Mercury, Lesley-Ann Jones, secondo la quale il cantante e autore avrebbe usato la confessione dell'omicidio contenuta nel testo come coming out.
Tecnicamente la realizzazione fu improba: in tempi in cui il digitale era ancora ben lontano dall'apparire all'orizzonte tutte le parti vennero cantate singolarmente e poi il montaggio fu fatto a mano, tagliando e incollando le varie parti del nastro montato su un supporto sperimentato per l'occasione. Per "Bohemian Rhapsody" i Queen si dimostrarono all'avanguardia anche dal punto di vista visivo. Infatti l'uscita del singolo fu accompagnata da un video musicale ancora oggi ritenuto tra i più famosi e importanti tra quelli realizzati nel suo genere, nonché pionieristico nella concezione. Non si era ancora in epoca di Mtv e i video musicali erano l'eccezione e non certo la regola. Il successo di "Bohemian Rhapsody" contribuì a creare quello che da lì a pochi anni sarebbe diventato il nuovo linguaggio visivo nel mondo della musica.
Nonostante le riserve dei discografici di allora "Bohemian Rhapsody" fu da subito un successo: rimanendo al vertice della classifica dei singoli più venduti in Gran Bretagna per nove settimane e arrivando a vendere più di un milione di copie nel gennaio del 1976. Il numero uno poi lo avrebbe raggiunto nuovamente a fine 1991, qualche settimana dopo la morte di Freddie Mercury, quando venne ripubblicato come doppio singolo insieme a "These Are the Days of Our Lives", restandovi stavolta per cinque settimane. Sino al 2005 è risultato essere il terzo singolo più venduto di sempre nel Regno Unito.