© Foto Laila Pozzo
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Lo spettacolo racconta 20 anni di vita dell'artista: esiliato dal governo italiano nel 1952 ma salvato dai suoi amici artisti, due decenni dopo viene minacciato dai militari del regime di Pinochet. In scena Elio De Capitani e Cristina Crippa
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La giovinezza, l'età dell'amore e delle promesse, e la vecchiaia, il tempo del buio e della violenza. Nello spettacolo "La prima luce di Neruda", in scena al teatro Elfo Puccini di Milano fino al 5 giugno, Elio De Capitani e Cristina Crippa presentano le luci e le ombre della vita del poeta cileno raccontando due momenti esemplari della sua travagliata esistenza. Nell'adattamento dall'omonimo romanzo di Ruggero Cappuccio, per la regia dell'argentino Cèsar Brie, si dipana il ritratto del poeta tra i suoi anni in Italia e la sua triste fine nel Cile di Pinochet. Tra un decreto di espulsione che, a Napoli, gli viene notificato ma subito sospeso e il secondo incontro, molto più minaccioso e cupo, vent'anni dopo, con i militari in Cile, poco prima di morire.
Nei due episodi narrati nel suo allestimento, Elio De Capitani racconta con i suoi attori un personaggio che ha lasciato il segno nel mondo intero, e in Italia in particolare, con la sua arte, le sue poesie, la sua voce. In una vita vissuta tra l'amore di Matilde Urrutia, cantante cilena che diventa la sua terza moglie e che lo accompagna per oltre due decenni, e la persecuzione di una voce libera che non si rassegna a piegarsi alla dittatura. E' proprio al tempo del decreto di esilio dall'Italia, notificato durante il suo soggiorno a Napoli, che ha inizio la storia d'amore tra Pablo e Matilde. Un esilio che viene subito sospeso per l'affettuoso clamore di artisti e intellettuali che non vogliono lasciar andar via il poeta sudamericano: in tanti si presentano alla stazione di Napoli, da dove è prevista la partenza di Neruda, che dovrebbe essere estradato verso la Svizzera, impedendone di fatto l'allontanamento.
De Capitani è Neruda ormai anziano, accanto a Cristina Crippa, che interpreta Matilde, mentre i due amanti giovani sono Umberto Terruso e Silvia Ferretti. La leggerezza dell'amore e della poesia si affianca alla cruda violenza della dittatura, alla persecuzione del potere che vide sempre in Neruda una voce scomoda, da bandire o da mettere a tacere. Il palcoscenico diventa la cornice del racconto di una vita poetica tra amore e morte, con l'accompagnamento delle splendide canzoni di Francesca Breschi, autrice e cantante che reinterpreta le accorate musiche di Violeta Parra, anche lei cilena. Solo una canzone tra quelle proposte non è sua, ed è quella che fa da cornice alla scena di Capri, il nido d'amore di Paolo e Matilde.
"Dietro la storia che raccontiamo se ne celano altre - scrive Brie nelle sue note di regia -. Una lunga storia di amicizia tra artisti di teatro; una storia di passaggio di consegne tra generazioni. E infine la storia dei due attori (Elio e Cristina), uniti nella vita da cinquant'anni, che in questo lavoro affrontano il tema che tutti noi anziani dobbiamo affrontare: il commiato. 'Perché mi guardi così, Pablo?'. 'Ti sentirai sola?'. 'No, quando non ti vedrò più parlerò con te come se tu fossi davanti a me'. Come diceva un poeta: nascere e morire insieme, come dovrebbero fare tutti gli amanti".
Perché anche nella seconda parte della vicenda, quella della malattia e della vecchiaia, quella della violenza e della dittatura, il filo rosso dell'amore resta intatto. Come nelle più belle storie.
La prima luce di Neruda di Ruggero Cappuccio
Regia e adattamento César Brie
con Elio De Capitani, Cristina Crippa e con Francesca Breschi, Silvia Ferretti, Umberto Terruso
musiche e canti eseguiti dal vivo da Francesca Breschi
suono Emanuele Martina
luci e scena Nando Frigerio
costumi Alessia Lattanzio
video Umberto Terruso
assistente alla regia Alessandro Frigerio
produzione Teatro dell'Elfo, fondazione Campania del Festival
in collaborazione con l'Instituto Cervantes