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Maurizio Costanzo, nell'ultimo articolo scritto per Chi il ricordo dei "mostri" sacri della tv

Sul settimanale diretto da Alfonso Signorini un editoriale del giornalista scomparso che sembra un "testamento" professionale

Nell'ultimo numero in edicola del settimanale Chi è stato pubblicato l'ultimo articolo di Maurizio Costanzo.

Il giornalista morto a Roma all'età di 84 anni ha scritto un editoriale in cui analizza lo stato della televisione italiana. Nella sua rubrica "Visti da me", Maurizio Costanzo parla dei talk show e del fatto siano ancora legati a uno stile del passato. A cambiare sono stati i conduttori e il loro linguaggio. Uno scritto che, letto adesso, può assumere la forma di un testamento ma anche di una previsione di quello che sarà la tv del futuro.

Maurizio Costanzo, nell'ultimo articolo scritto per Chi il ricordo dei "mostri" sacri della tv - foto 1
Chi

 

Riguardo ai generi televisivi mi è capitato spesso di scrivere che esistono i quiz, i varietà, l’informazione, il talk show e lo sport. Poi basta. Qualche idea nuova (e questo mi dispiace) dura lo spazio di un mattino. Dobbiamo ammettere che diversi programmi che attualmente vanno in onda, a volte non si discostano molto, nella loro struttura, da quelli che venivano trasmessi anni fa.

 

La televisione insomma, e questa non è una buona cosa, con gli anni si è andata uniformando e qualche programma, in alcune parti, può assomigliare a un altro. Tuttavia, è altrettanto innegabile che mese dopo mese, anno dopo anno, i programmi televisivi, anche quelli di più lunga durata, abbiano subìto inevitabili cambiamenti.

 

 

Certamente è cambiata la conduzione, quindi la qualità dei programmi è stata determinata oltre che dalla bravura dei conduttori anche da quella degli autori. Ma non dimentichiamo che spesso è stato il pubblico, dimostrando di gradire una cosa, di amare un conduttore o di avere antipatia per un altro, a indicarne il destino.

 

Ma se, con il passare degli anni, i prototipi dei programmi sono rimasti più o meno gli stessi, un discorso diverso va fatto per ciò che riguarda il linguaggio. Il linguaggio del conduttore, nelle prime trasmissioni televisive, era formale: era lo specchio della televisione italiana di allora che aveva il compito di "istruire" e il modo di comunicare del conduttore era "controllato" e per certi versi molto rigoroso.

 

 

Qualcuno ricorderà di come fossero vietate determinate espressioni verbali o l’uso di specifiche parole con il rischio che una piccola violazione di tali regole avrebbe portato, addirittura, alla cancellazione di un programma: è vero che ogni conduttore portava in scena la propria personalità, ma il modo di condurre non poteva che essere condizionato dai costumi del tempo.

 

I primi maestri a fare televisione, da Mike Bongiorno a Corrado, da Tognazzi a Vianello, sono stati, in qualche modo, coloro che hanno indicato i percorsi da seguire e hanno fatto capire ciò che al pubblico piaceva. È grazie a loro che, man mano, si è arrivati a un tipo di conduzione più sciolta e meno formale, adeguandosi di volta in volta al gusto del telespettatore.

 

Lo stile di conduzione, nella televisione moderna, diventa più colloquiale e confidenziale e si riduce sempre più la barriera tra il conduttore e il telespettatore: il linguaggio è meno impostato, il modo di parlare del conduttore è più dinamico e spedito. Sebbene, negli anni, la conduzione abbia avuto caratteristiche comuni per tutti i conduttori, è certo che, al di là delle mode e delle esigenze del momento, ciò che più ha contato è stato ed è ancora oggi il carisma.

 

Con ciò voglio dire che alcuni conduttori televisivi posseggono un tale carisma che riescono a personalizzare così fortemente il programma da rendere difficile concepire qualcun altro alla sua conduzione. Sono, infatti, sempre più numerosi i programmi che non si identificano tanto per il genere a cui appartengono, ma per la presenza di quel particolare conduttore che costituisce, a quel punto, una garanzia per la riuscita della trasmissione stessa. Nel panorama della conduzione è importante sottolineare anche un altro cambiamento: il passaggio dalla figura del presentatore a quella del conduttore.

 

Mike Bongiorno e Corrado presentatori, Michele Santoro o Giovanni Floris conduttori, nel caso specifico, di programmi politici. Questa, a mio parere, è la più netta differenza all’interno di un ulteriore cambiamento che è ancora in corso. C’è da tener presente che, al di là di tutto, non esistono regole e un genere non ha mai escluso l’altro, così come una certa modalità di conduzione non ha messo mai da parte l’altra.
Maurizio Costanzo

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