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Ghali: "Ecco I love you, la mia lettera d'amore dal carcere"

Il rapper italo-tunisino presenta il suo nuovo singolo dalla Casa Circondariale di San Vittore di Milano

Si intitola "I love you" il nuovo singolo di Ghali, che esce ad un anno di distanza da "Cara Italia", triplo Platino con un video da oltre 100 milioni di visualizzazioni: "E' una lettera d'amore ad un carcerato, che può essere un fratello, un amico, un padre...", così il rapper italo-tunisino presenta il suo ultimo brano all'interno del Carcere di San Vittore a Milano, davanti ad una sessantina di detenuti e detenute under 25: "Ho ricordi molto forti di questo posto, quando da piccolo venivo a trovare mio padre che era recluso qui..."

Una canzone che è anche e soprattutto un progetto sociale: "un nuovo modo di fare musica, come quando per completare l'opera si abbina la moda, il merchandising, la comunicazione, il video clip ad una canzone. Ecco per me il next step è sfruttare i miei canali e tutta l'attenzione che ho per dare voce a qualcun altro...”, così Ghali racconta "I love you" presentandolo nella sala decagonale del carcere di San Vittore, dove convergono i raggi  con le celle dei detenuti.

"I Love You" nasce dalla consapevolezza che per iniziare a cambiare le cose occorre partire dall'individuo e dalla sua realtà. Partendo dal presupposto che “ci sia un essere umano sia sotto la divisa che sotto il passamontagna” Ghali racconta, attingendo dalla sua storia personale, che si può e si deve imparare ad amare non solo famigliari e amici, ma anche coloro che ci appaiono come estranei. L'amore e la speranza conferiscono autentiche occasioni per cambiare e migliore indipendentemente dai luoghi e dalle circostanze.

Un sound arabeggiante, i fiati à la Stromae e un ritornello. che non esce più dalla testa sin dal primo ascolto. E quando parte il brano a San Vittore si compie un piccolo miracolo, di quelli che spesso solo la musica può realizzare. I detenuti in sala si alzano in piedi, battono le mani, tengono il ritmo e cantano all'unisono. Per pochi minuti ragazzi come gli altri, in mezzo agli altri. Con una speranza e una gioia comuni. Ed è a loro che Ghali ha voluto dare voce: "E' una lettera d'amore che entra e che esce allo stesso tempo e connette il dentro con il fuori...". Sullo schermo appare la copertina del disco "alla Michael Jackson", di cui il rapper dice di essere sempre stato un fan sfegatato e che mostra l'immagine del moonwalk, il noto passo di danza della popstar, con una palla stroboscopica legata a una caviglia e una fitta vegetazione dietro le sbarre "a rappresentano la voglia di vivere, di prosperare e di ballare che c'è in cella".

Poi partono alcuni video, toccanti ed intensi. Scorrono le immagini del laboratorio che Ghali ha fatto con alcuni ragazzi del carcere per realizzare un murales con la scritta "La musica libera tutti" di cui una parte verrà messa all'asta per raccogliere fondi per l'associazione delle donne di San Vittore. E poi le immagini di alcune interviste realizzate dal rapper con alcuni detenuti all'interno del carcere stesso nei giorni che ha passato con loro per la realizzazione del suo progetto. Ci sono Karim, Elisa, Verushka e altri ancora. Giovani che hanno sbagliato, che stanno pagando, che sperano in un domani, in un futuro dopo il carcere. Vogliono sperare.

"Ormai mi sono adattato, sono qui da un paio di giorni ho conosciuto molte belle persone", racconta il rapper: "E' stato un anno di grandi soddisfazioni", dice, "per questo ho pensato di sfruttare questa attenzione. Volevo prendere le facce di questi ragazzi, le loro storie, e portarle fuori da qui" e poi aggiunge: "Cara Italia è stata una lettera d'amore al mio paese. L'intento era quello di scuotere qualcosa nell'animo di chi spesso decide le nostre sorti, di fare arrivare a loro il nostro messaggio tramite una canzone d'amore, l'inno italiano della nuova generazione. A un anno dall'uscita nulla è cambiato e ho deciso di dedicare un'altra canzone d'amore a chi mi sta affianco, alla prima persona che potrebbe cambiare le cose, al primo futuro quindi a un amico, un fratello o una sorella. Perché forse bisogna guardarsi a fianco prima di cercare di cambiare la testa di chi tra di noi non vuole mai scendere a giocare. Non ho ancora perso le speranze".