Nella nuova puntata di Pulp Podcast, mette in discussione la coerenza del collega: "Dov’eri 11 anni fa? Non puoi accusare gli altri di silenzio quando tu stesso non ti eri interessato"
© Tgcom24
Tutto è partito dal post di Ghali durante lo sciopero nazionale per la Flotilla, in cui il cantante aveva accusato i colleghi di non aver preso posizione sulla crisi umanitaria a Gaza. Fedez ha deciso di dire la sua senza mezzi termini durante una puntata di Pulp Podcast, criticando la sua morale e ricordando la propria storia: "Io Ghali lo conosco da tanti anni, l'ho conosciuto in strada e l'ho portato in tour con me. Era proprio nel periodo 2010-2011, in cui ho sempre affrontato tematiche politiche. Ho fatto varie canzoni in cui parlavo del conflitto israelo-palestinese".
“Questo tipo di retorica del ‘sono il più puro’ è una retorica che non funziona perché se io volessi applicare lo stesso tipo di ragionamento su di lui mi verrebbe da dirti ‘Ghali tu undici anni fa quando io parlavo di Palestina dov’eri?'. Oggi stiamo assistendo alla fase finale di una pulizia etnica”, inizia Fedez nel lungo discorso contro il post di Ghali.
Il rapper di Rozzano ha continuato: "Mi sono emozionato a vedere le persone scese in piazza, perché ho visto finalmente qualcosa di reale. Le persone nel mondo reale, non più nei commenti. Quando vedo queste cose qui invece, mi cadono le palle perché vedere un rapper che direttamente dalla Fashion Week di Parigi viene a fare la morale ad altri quando secondo me non può arrogarsi il diritto di fare la morale agli altri”. Poi l'attacco diretto "perché tu così come me, così come tanti altri rapper, hai collaborato con i brand che sostengono Israele", spiegando: "Mentre dicevi stop al genocidio facevi una collaborazione a Sanremo con Ikea. Hai fatto gli spot per McDonald's. Quindi è una retorica che non funziona. Perché la stessa retorica che tu stai facendo agli altri, lo stesso moralismo che tu stai facendo agli altri lo possono fare gli altri su di te, Ghali. Dov'eri undici anni fa? E non è una colpa, sai perché - chiede -? Semplicemente non ti eri interessato al tema e non mi viene da fartene una colpa, così come io non te ne faccio una colpa tu non puoi farne una colpa agli altri. Sai perché? Perché a oggi si può dire tutto del conflitto israelo-palestinese, ma non si può dire che non se ne parli”.
E poi ha concluso: “Io spero vivamente che questo post non sia l'annuncio di un nuovo singolo. Perché se fosse realmente l'annuncio di un nuovo singolo tu passeresti dallo stop al genocidio allo spot al genocidio”.
Nei giorni scorsi Ghali ha pubblicato sui social un post in cui criticava il mondo del rap per il silenzio sulla crisi umanitaria a Gaza: “Il genocidio in Palestina ricadrà anche sulla vostra arte, sulla vostra penna, sulla vostra salute mentale e sulla vita delle future generazioni, quindi anche su quella dei vostri figli. Il rap è ufficialmente morto. Il silenzio dei rapper ha ucciso il genere. Ne è rimasto solo lo stile, il suono, la forma”. Nel giorno dello sciopero nazionale in Italia per Gaza e la Flotilla, Ghali aveva fatto una specie di identikit dei rapper silenziosi, dividendoli in tre categorie: "Uno: non vi interessa, non è nel vostro algoritmo, non sapete “come sono andate le cose”, avete un’idea confusa su chi siano i cattivi e i buoni ormai da decenni o pensate che sia una questione che appartiene solo a una specifica etnia, lontana dalla vostra. Due: sostenete il genocidio e sì, sostenerlo vuol dire anche semplicemente non schierarsi. Qui c’entriamo tutti. Ma, come ogni volta, sarà troppo tardi quando lo capiremo. Tre: avete paura di perdere soldi, posizione e lavoro".